Prologo

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Revisione completata.

Le ali dei gabbiani si muovono seguendo sempre lo stesso ritmo: su e giù, su e giù.
Fluttuano nel cielo ormai dipinto di un rosa tenue, di un arancione aggressivo e di un celeste che sta scomparendo lasciando spazio ai colori più caldi. Il sole sta calando oltre l'orizzonte. Le nuvole lo circondano dandogli un'aria misteriosa e sono così leggere che sembrano proprio fatte di cotone, che vorrei toccare con le mie stesse mani.
Il mare si adagia, stanco, lungo la costa, con piccole onde che ormai si appiattiscono bagnando il suolo costeggiato da piccoli sassolini.
La brezza di fine agosto soffia sul mio viso, come una carezza materna, e fa ondeggiare i miei capelli che, selvaggi, seguono il venticello in una strana danza.

Stringo tra le mani una pietrolina, o meglio, un pezzetto di vetro del colore della menta, dello smeraldo, opaco e in alcuni punti liscio come il pelo dell'acqua. Lo tengo stretto, questo pezzo che è stato levigato per troppo tempo, è stato reso qualcosa che all'inizio non era. Una forza maggiore l'ha inglobato rendendolo tondeggiante, simile a tutti gli altri.
Lo osservo alla luce del tramonto, chiedendomi per quanto abbia viaggiato fino ad arrivare su questa spiaggia occidentale americana. Mi chiedo che cosa fosse stato prima, ma forse non era altro che una parte di bottiglia. Una di quelle che si bevono in riva al mare, in solitudine, guardando un'orizzonte che da l'illusione di essere sconfinato.
Eppure qualcosa lo era, un'identità l'aveva, e non si limitava ad essere anonimo, ad esistere come un semplice pezzo di vetro dagli spigoli smussati.

Cerco di apprezzare ogni istante, ogni breve attimo che sembra passare veloce come i secondi sull'orologio.
Tento di imprimere ciò che c'è di più bello di questo posto, ricordandomi che tra poco tornerò nella mia New York per finire l'ultimo anno di liceo.
E quasi mi sembra di essere un'altra, di essere cresciuta in questi pochi mesi, di aver apprezzato più cose e aver afferrato quei momenti, quegli strascichi di felicità in compagnia della mia famiglia, di quelle persone che spesso tendiamo a sottovalutare.

Continuo a rimanere con lo sguardo fisso dinnanzi a me, le sfumature che continuano a cambiare nonostante osservi sempre verso lo stesso punto.
«Hazel vieni a mangiare?» Una voce dolce e soave arriva alle mie spalle.
«Si Benny, arrivo,» mi limito a rispondere, per poi sorriderle. Guardo i capelli biondi che le contornano il viso come una cornice di un quadro, una di quelle vintage ma estremamente ricche di particolari, di valore. Passo agli occhi verdi, due pozze grandi che mostrano la somiglianza che c'è con nostra madre Marie.
Si siede accanto a me e insieme osserviamo ciò che ci attornia. E' come guardare un dipinto: basta voltare lo sguardo una volta e ritornare a guardare la tela, che ammiri sempre nuove cose, nuovi dettagli. Come nella Notte Stellata di Vincent, l'impressione che si muova, che ti assorba in quelle linee, in quelle pennellate date con forza, con coraggio, con una fragilità pazzesca.
Questo è il bello dell'arte e nessuno può negare che la natura non ne sia una prova.

«Forse mi stanno nascendo delle lentiggini!» Eccitata all'idea comincia a saltellare attorno a me. Ridacchio. Diciamo che ne so qualcosa. Avere una spruzzata di colore in più sulla pelle del mio viso pallido contribuisce a far si che non appaia costantemente un cadavere.
«È il sole.» Le sussurro, lasciandomi guidare nella schiuma bianca delle onde che si infrangono sulla battigia.
Chi non le ha di natura tende ad avercele quando i raggi del sole ti scaldano, e mi piace pensare che ti lasci un po' del suo colore.
«Allora sono fortunata.» Appoggia le mani sui fianchi, come se si stesse specchiando con l'immaginazione.
Certo. Sei bellissima.
«Chi arriva prima vince!» Esordisce, prendendo una ciocca di capelli tra le manine e incrociandole con l'intento di fare una treccia.
«D'accordo» Mi alzo in piedi, per sgranchirmi le gambe che sono state incrociate per un bel po', mentre mi perdevo di fronte a questo paesaggio che, un tipo come Monet, avrebbe senz'altro apprezzato.
«Pronti... via!» Grida, senza lasciami il tempo di prepararmi.
Le corro accanto, ma poi rallento per dargliela vinta, la voglia di vedere quel sorrisetto compiaciuto, disegnato con cura, sul viso paffutello e abbronzato.

Nella corsa sento i granelli tra le dita dei piedi. Li sento ruvidi sulla pelle, a tratti morbidi. Sensazioni contrastanti che si prendono gioco di me, una risata che scoppia a pieni polmoni con l'intento di svuotarmi, essere libera e leggera. Ripenso alle giornate trascorse all'ombra a leggere i molteplici libri, alla ricerca continua di parole che mi ispirassero, personaggi in cui ritrovare me stessa. La quiete, alternata dalla musica nelle orecchie che mi spogliava da tutto rendendomi nuda come un'albero a dicembre, esposta come le radici che tornano in superficie. Fragile come un fiocco di neve tra le dita... e fin troppo oltre. Oltre una realtà dalla quale, spesso, evado completamente.

Capitolo revisionato.

// spazio autrice //
Ciao ragazzi!
Questa è la presentazione della protagonista, Hazel.
Cosa ne dite?
Spero vi piaccia e che continuiate a leggere la mia storia.
Siamo solo al primo capitolo,ma spero ( grazie alla vostre visualizzazioni,voti e commenti ) di continuare.
Un bacio a tutti!💞

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