24 - Salva, o quasi.

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Atena
Ormai era da tre giorni che quel branco di pazzi mi teneva in ostaggio, ed ero sempre più stufa di quella situazione per la quale non sapevo nemmeno cosa centrassi e cosa volessero proprio da me.
Mi davano del cibo e l'acqua necessaria solamente a sopravvivere, l'unica compagnia che avevo era il piccolo Seth, che aveva qualche anno in più di me, ma era chiamato così.
Parlavamo molto spesso di Taylor e mi raccontava sempre nuovi aneddoti su quella città e sui suoi abitanti.
Anche lui era appassionato della saga di Twilight e, naturalmente, il suo personaggio preferito era il suo omonimo, Seth Clearwater.
Ogni ora che passava mi ricordava sempre di più il personaggio della serie, ma subito dopo averci pensato scacciavo l'idea, credendomi pazza.
Lì dentro l'aria era fetida, era sempre buio e il luogo in cui stavo era sempre sporco.
Non vedevo il sole da tre lunghi giorni, ma mi divertivo ad immaginare il profumo dei fiori, i raggi del sole che riscaldavano la pelle e i colori della natura, che ormai per me erano il grigio, il bianco e il nero.
In quella piccola cella c'erano un letto, un gabinetto e un lavandino, dove ogni giorno cercavo di lavarmi e di cambiarmi, con i vestiti da uomo che mi passavano attraverso la piccola finestra dell'enorme porta posta all'ingresso della cella.
Il terzo giorno però, fu diverso.
Seth non si presentò alla mia cella come era suo solito fare e nessuno dei ragazzi era rimasto lì con me.
Ero completamente sola, il che era terrorizzante dato che non sapevo dove mi trovassi.
Dopo aver passato l'intera mattinata da sola, disegnando sulle pareti della cella, apparve qualcuno, qualcuno che non era simile ai ragazzi che mi avevano portato in quel luogo.
Non lo vedevo bene da quel buchino che chiamavano la 'finestra della cella', era girato, in cerca di qualcosa, o di qualcuno.
Era biondo, abiti larghi, non molto alto e subito a quell'idea mi venne in mente Justin, mi scappò una risata.
Il ragazzo, sentendomi ridere, si voltò verso la cella. Ebbene sì, era lui.
Non mi vedeva da quel buco, ma iniziai a parlargli.
"Justin, sono io." Dissi, disperata, stavo piangendo. Non mi ero accorta di quanto mi fosse mancato e di quanto fossi esasperata in quel momento.
"A-Atena cosa ci fai qui?" Chiese lui, gli tremava la voce. Si avvicinò alla cella cercando un modo per aprirla.
Potevo sentire il suo respiro da quel buco, la sua voce, mi era mancato troppo.
"Mi hanno rapita a quanto ho capito." Tra le lacrime mi scappò una risata, sembrava tutto così surreale.
"Ti tirerò fuori di qui." rispose, sicuro di sé.
"Invece tu cosa ci fai queste parti?" Gli chiesi curiosa, mentre lui cercava in tutti i modi di aprire quella porta.
"Eravamo qua tra i boschi, in campeggio, ho visto una porta e ho voluto curiosare, sembrava abbandonato. Sono sceso da solo, ma ora chiamo gli altri e mi faccio aiutare. Aspetta qui. Non che tu abbia altra scelta." Disse, rendendosi conto di quello che aveva detto un momento prima.
Corse via per cercare aiuto, chiamando i suoi amici che erano venuti con lui in campeggio. Entrarono e cercarono di forzare la porta.
"Niente da fare. È durissima." Sentenziò, furioso.
"Sentite, ora volete lasciare a me il lavoro?" Chiese una sua amica.
"Prova." rispose Justin nervoso. Sentivo i suoi passi allontanarsi dal luogo dov'ero rinchiusa io, forse per la rabbia.
Dei rumori strani nella serratura erano gli unici suoni presenti nella stanza, ma dopo pochi minuti la porta si aprì.
Justin mi corse incontro, abbracciandomi, e scappammo via da quel luogo.
Mi diede dei vestiti puliti di una sua amica che era in campeggio con lui e mi cambiai, sistemandomi un po'.
"Comunque non è stato Taylor a rapirmi, io e lui ci siamo persi in aeroporto." Lo informai per non far ricadere la colpa su Taylor, dato che era l'ultima persona con cui mi aveva vista.
"Ah, sarà meglio però che lui non c'entri in questa storia e che stia lontano da te." Rispose, forse ancora spaventato per tutto ciò che gli aveva fatto, credendo che sarebbe successo qualcosa anche a me prima o poi.
Non risposi, non volevo che ci vietasse di vederci ancora, dopotutto era la cosa migliore che mi fosse capitata in quei mesi.

Salimmo in macchina per tornare in aeroporto e finalmente mi sentii al sicuro, lontana da quei ragazzi che volevano farmi del male.
Mi mancava Taylor, lui mi stringeva sempre tra le sue possenti braccia, facendomi sentire al sicuro.

Durante il tragitto verso l'aeroporto mi accovacciai accanto a Justin e riposai, come se non avessi dormito abbastanza in quei giorni, addormentandomi.
Quando mi svegliai, con gli occhi ancora chiusi, sentii Justin dirmi qualcosa all'orecchio.
"Veramente non eravamo qui per il campeggio, qualcuno mi aveva detto che eravate venuti verso questi luoghi e sono venuto qui a cercarti, mi mancavi." Disse, forse per confessarsi, e mi diede un bacio sulla fronte.
Io feci finta di dormire e beatamente, mi riaddormentai.
Dopo qualche ora di viaggio, la macchina andò a finire contro un'altra proprio dal mio lato. L'autista dell'altra auto, ubriaco, si era buttato contro la nostra, non potendo fare niente per impedirlo.
Sentii un dolore fortissimo alla testa e persi completamente i sensi.
Da quanto mi avevano raccontato, mi portarono in ospedale in codice rosso, perché ero davvero in gravi condizioni.
Gli altri stavano tutti bene, a parte qualche graffio, ed erano rimasti tutti accanto a me, aspettando che mi svegliassi.
Justin si era allarmato moltissimo, rimase tutto il tempo accanto a me e non si riposò nemmeno un istante, aspettava il mio risveglio.
Il mio coma durò circa una settimana e mezzo, ma poi riuscii a risvegliarmi, tutta intera o quasi.
Quando aprii gli occhi ricordo che vidi un ragazzo biondo, con vestiti larghi e non molto alto, di cui non ricordavo assolutamente niente.
Appena si accorse che mi ero svegliata, si fiondò su di me, abbracciandomi, e mi diede un bacio.
Mi staccai subito, confusa e spaesata, chiedendogli quale fosse il suo nome.
"Scusa, chi sei?" Chiesi.
"Atena cosa dici? Come chi sono? Sono Justin." rispose ridendo.
"Atena?" Domandai.
"Non dirmi che.. No."
Si sedette sulla sedia e si mise le mani tra i capelli, alquanto disperato.
Chiamò l'infermiera, che era stupita quanto lui, e lei a sua volta chiamò il dottore.
"Mi dispiace molto signorino Bieber, ma ha perso la memoria. È comunque un miracolo che sia ancora viva, quindi dovrebbe essere contento che sia solo questo e non sia successo niente di più grave. La memoria si riacquista, col tempo.." Gli comunicò il dottore, e Justin si rasserenò.
Il dottore e l'infermiera uscirono dalla mia stanza e Justin si sedette affianco a me iniziando a raccontarmi qualche aneddoto sul mio passato.
Parlammo per ore, ridendo e scherzando e mi sembrò di conoscerlo da una vita, anche se mi ero dimenticata ogni cosa.
Mi raccontò che era un cantante famoso, che dovevamo registrare un disco, che stavamo insieme, mettendomi in imbarazzo e molte altre cose che erano successe da quando arrivai in America.
Non ero proprio in forma, ma per miracolo, così diceva il dottore, non mi ero fratturata nulla, cosa alquanto strana date le gravi condizioni con cui mi avevano presentata all'ospedale.
L'infermiera entrò in stanza dicendo che avrei dovuto riposare e mi addormentai, mano nella mano con Justin.

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