CAPITOLO 58

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Arianna

Mi sveglio in una stanza dalle pareti bianche, in un letto scomodo e con nelle orecchie un fastidioso ronzio. Dove sono? Apro meglio gli occhi e scopro di essere in ospedale, e al mio braccio è attaccata una flebo, che mi pompa nel braccio uno strano liquido trasparente, preso da un sacchetto appeso accanto. Muovo la mano, e sento il punto dove l'ago mi buca la pelle bruciare. Devo essermi sentita male a causa della febbre, ma io e Rocco ce l'abbiamo fatta: abbiamo salvato il mondo dall'uragano.
I miei genitori entrano nella stanza e mi abbracciano, sono in lacrime.
"Ti abbiamo trovata nel letto, svenuta. Stavi ascoltando la musica...", spiega mia mamma. Cosa?
"Non è possibile... dov'è Rocco?", chiedo.
"Rocco?", mio padre mi guarda male.
"Rocco... Hunt" spiego.
"Cosa stai dicendo? Devi aver sognato tutto... sei in coma da cinque mesi, Arianna" dice sconsolata mia madre.
Il mio cuore si blocca. Ho sognato tutto? Rocco, Salerno, tutto... era tutto un sogno?
Inizio a piangere e a gridare che non è vero, che è tutto vero, ma poi un'infermiera mi blocca e mi inietta qualcosa, che mi fa addormentare.

Quando mi sveglio mi sento stordita. Non provo nulla, solo un grande vuoto. Il vuoto che lui ha lasciato in me. Mi manca, anche se, a quanto pare, è stata tutta un'illusione. Ma era reale, come può essere stato tutto un sogno? Ho sentito le sue labbra sulle mie, la sua mano sulla guancia, il dolore provocato da Andrea, l'amicizia con Francesca, i viaggi con Siria... l'uragano era vero, il freddo causato dal vento mi ha fatto provare veri brividi.
I giorni senza il suo sorriso passano lenti: il quinto giorno dopo il mio risveglio mi hanno tolto la flebo, e ho iniziato a mangiare qualcosa, ma la maggior parte delle volte perché costretta dai miei. Guardo la TV, leggo, guardo fuori dalla finestra. Cerco di distrarmi, insomma. Ma tutto mi ricorda lui, la sua espressione di paura quando l'uragano si avvicinava. Maledizione al suo sorriso, che mi ha fregata. Maledizione ai suoi occhi, non mi stancavo mai di perdermici. Maledizione a me, che mi sono svegliata da quel sogno.

L'ottavo giorno sono venuti a trovarmi alcuni dei miei compagni di classe. Siria sembra non ricordare nulla, come pure Andrea, o Marta. Allora era davvero un sogno...
Mi hanno portata in giardino - sempre che si possa definire tale - con la sedia a rotelle, e abbiamo parlato un po' della scuola. Andrea scherzava molto, mi sorrideva e mi guardava con i suoi occhioni, che io ho visto così spaventosi... Insomma, come se niente fosse. Ma dentro di me sentivo sempre quel vuoto.
Anche ora, sento quel buco in me. Fuori mi sforzo di sorridere, ma dentro mi sento morire. Guardare le foto di Rocco su Instagram, cazzo se faceva male. Vederlo sorridere, senza di me. Mi fa capire che lui senza di me è sempre lo stesso, è sempre Rocchino, il ragazzo più bello di 'sto mondo. Cristo, se manca.
In giro per l'ospedale ho conosciuto qualche mio coetaneo, chi col cancro, chi con i resti di polmonite, tutti comunque felici, tutti con un buco fisico, mentre io con una voragine nell'anima. Come se l'uragano si fosse teletrasportato nel mio cuore. Facendolo a pezzi.
"Arianna?", chiede Rebecca, una mia amica, sventolandomi la mano davanti. È stata operata all'appendice, e ogni scusa è buona per lamentarsi. Ma la accettiamo così.
"Sì?", mi risveglio io.
"Stavo dicendo che sento un dolorino al fianco. Che sarà?". Appunto.
"Non lo so" taglio corto.
"Tutto bene?", chiede, preoccupata. Ecco l'altro lato di lei: pensa molto al benessere degli altri.
"No" ammetto. "Sento che mi manca qualcosa. Qualcuno".
"Ah, capito. Tu vuoi un ragazzo" dice con un sorrisino compiaciuto.
"Ma non uno qualsiasi. Io voglio..." abbasso lo sguardo. "...Rocco Hunt".
"Questa è bella, A.", ride lei, chiamandomi con il soprannome che ha inventato la prima volta che ci siamo incontrate. È stato tutto molto brusco.
"Ehi, passami il telecomando" disse quel giorno. "Questa cosa mi sta facendo addormentare".
"Questa 'cosa', come la chiami tu, è il miglior film di sempre" ho ribattuto.
"Oh, un film sul cancro. Non è molto carino, da parte tua. C'è gente che è davvero ammalata, e tu guardi queste stronzate".
"Stronzate?! Colpa delle Stelle è uno dei film più belli, e si dà il caso che a loro piaccia" ho detto, piccata.
"Mm, mi sai tener testa, A., mi piaci. Possiamo essere amiche" ha cambiato completamente tono.
"Cosa?", ho chiesto ridendo. E così è iniziata la nostra amicizia, peccato che subito dopo ha cambiato canale.
"Non sto scherzando" ribatto.
"A., tu sei pazza" ride di nuovo, sottolineando bene il nomignolo, che lei pronuncia ei.
"Sì, sono pazza. Di lui" dico, andandomene. Torno nel mio letto e chiudo gli occhi, sperando di tornare nel mio sogno.
"Ary" mi chiama mia madre. "C'è una visita per te".

Qualcosa Di Strano || Rocco HuntDove le storie prendono vita. Scoprilo ora