Non mi accorsi dell'ora che si era fatta. Appena alzai lo sguardo sull'orologio mi venne un acido colpo al cuore che salì fino alla gola. Smith non me l'avrebbe fatta passare liscia se avessi avuto un altro ritardo. Presi le ultime cose. Aprii la cassaforte e presi una scatola di proiettili. Misi tutto nel borsone e corsi in macchina. L'angoscia aumentava ad ogni più piccolo gesto che facevo. Ero in ritardo di un quarto d'ora. Guidai oltre il limite di velocità. Stavo esagerando ma non me ne fregava nulla. Non c'era niente di peggio di quello che mi avrebbe fatto Smith. Accostai accanto all'appartamento. Il battito stava accelerando e pochi istanti prima di suonare il campanello mi venne un altro colpo aspro al cuore. Pochi secondi dopo Smith aprì la porta. Il suo sguardo era freddo e neutro, ma percepivo la sua rabbia. I suoi occhi color ghiaccio mi congelarono il cuore e dovetti ricordarmi di respirare. Aveva degli accenni di barba marrone scura, come i suoi corti capelli, che gli ricoprivano il viso leggermente incavato. Aveva una canottiera che scopriva le sue muscolose braccia tatuate. Dimostrava meno di 43 anni. Ci fu un assordante silenzio che durò circa una decina di secondi, e furono i più lunghi della mia vita. Non avevo il coraggio di aprire bocca per giustificarmi. Smith, come una tigre immobile che in una frazione di secondo si avventa sulla sua preda per sbranarla mi afferrò i capelli.
"Dove cazzo eri? Hai visto che ore sono?" Io non riuscivo a parlare, le parole si bloccavano alla gola e aumentavano il senso di angoscia, appesantivano la paura. Fece un respiro profondo. Si calmò e stacco la mano. Non so perché si fosse fermato. Conoscendolo mi avrebbe già sbattuto a terra. Quel gesto alleggerì la mia ansia, ma da un lato ero anche confusa.
"Scusa se sono stato duro con te, è solo che onestamente sono un po' agitato per sta sera... Ho bisogno di una canna."
Con l'indice e il pollice mi prese delicatamente il mento e lo sollevò e mi diede pochi baci, ma passionali sul collo. Io chiusi gli occhi. Non me ne importava nulla. Ero un giocattolo. Il suo giocattolo. E non me ne importava nulla. Ero abituata ad avere rapporti con uomini che non conoscevo nemmeno e ciò non mi dava fastidio. Spesso io e Smith facevamo sesso a suo piacimento. Dovevo. Non mi sentivo obbligata. Lo facevo e basta. Non me ne importava. Appena si staccò mi fece cenno di seguirlo e andò lungo il piccolo corridoio per poi entrare in una stanza sulla destra. Dentro c'erano 3 persone. "Stronzi, T è arrivata.". Due erano uomini circa sui 30 anni. Uno era di colore, capelli nero scuro come i suoi occhi. Aveva il viso leggermente arrotondato senza un filo di barba. Lo guardo serissimo. L'altro aveva i capelli biondo cenere raccolti in un piccolo codino sopra la nuca. Aveva i lineamenti molto marcati e un filo di barba. L'altra persona era una donna sui 35 anni, aveva i capelli biondo platino che le cascavano disordinatamente dalle spalle larghe. Non vidi i suoi occhi perché aveva lo sguardo basso, distratto, ma sapevo che gli uomini di Smith erano tutto tranne che distratti. Per i colpi sceglieva sempre i migliori. Ero totalmente indifferente a quelle persone. Senza salutare mi sedetti su una delle poltrone, presi una cartina, il sacchetto d'erba e mi feci una canna mentre Smith spiegava. Tutti pendevano dalle sue labbra. Non avevo idea di come facesse a violare tutti quei dati, come potesse ogni suo colpo funzionare alla perfezione. Smith era uno di quelli che non vorresti mai avere come nemico. Concluse dicendo:"Sono 2 fottuti mesi che organizziamo questo colpo. Niente stronzate o vi strangolo con le mie mani." E io sapevo che con le minacce non scherzava. Ripassammo il piano ancora una volta. Toccava a me prendere i soldi. Preparammo le armi e partimmo. Avevo sempre un po' di ansia durante i colpi, ma quella volta era diverso. Avevo una paura tremenda che mi divorava dall'interno. Non capivo se era per il colpo, o per Smith, ma non mi era mai successo. Provai a distrarmi pensando ad altro, ma non ci riuscii. Era come se sentissi che qualcosa sarebbe andato storto. Ripassai la mia parte molto schematicamente. Entri. Prima porta sul corridoio sinistro. Spari a qualunque cosa si muova. Scendi le scale. Inserisci il codice sul monitor accanto al portone. Se vedi qualcuno spari. Apri lo sportello 217 e prendi i soldi. Se ti attaccano spara. Torni indietro ed esci dalla porta sul retro. Se qualcuno prova a fermarti spara. Spara. Quella parola mi spaventava. Avevo rubato, spacciato, fatto sesso a pagamento, ma mai avevo ucciso una persona. Mi distrassi da ogni mio pensiero quando arrivammo davanti alla banca. scendemmo tutti a parte la donna che ci avrebbe aspettato sul retro. Non sapevo che ore fossero. Spara. Quella parola mi invase la mente e quel pensiero divenne presto paura che si espanse per tutto il corpo. Ma dovevo smetterla di pensarci. non potevo distrarmi. Indossai il giubbotto anti proiettile, il passamontagna ed entrammo. Io non badai a tutto ciò che successe il quel minuto. Sentivo spari e urla. Feci la mia parte cercando di rimanere concentrata. Attraverso il corridoio. Apro la porta. Prima di scendere carico la pistola. Scendo le scale. In fondo c'è una guardia. Punto la pistola. Il dito è bloccato. Non riesco a premere il grilletto. Un semplice clic e potevo mettere fine alla vita di quella persona. Un mare di sofferenza avrei causato alla sua famiglia. Probabilmente aveva una moglie e dei figli. Se avessi sparato non gli avrebbe mai più rivisti. Distruggere un'intera famiglia per dei fottuti soldi. Sudavo freddo. Ero così insicura. Volevo premere stop. fermare tutto questo è scappare. scappare lontano e dimenticare tutto questo schifo. ma ero lì. Faccia a faccia con il nemico. O sparo io, o spara lui. Qualcuno muore. Non potevo andare da nessuna parte. Pensai tutto questo in una frazione di secondo perché i miei pensieri furono interrotti da un dolore infernale alla spalla. La guardia aveva sparato. Il dolore era indescrivibile. Il sangue colava lento dal mio corpo per poi cadere fino a terra. Provai e estrarmi il proiettile dalla spalla lanciando un urlo di dolore. Pensavo che avessi avuto fortuna, ma poi gridò "GETTA LA PISTOLA E VIENI FUORI CON LE MANI IN ALTO.". Non mi aveva mancato. Lo aveva fatto di proposito. Avrebbe potuto beccarmi in testa o al petto. Ma non lo aveva fatto. Avevo commesso un errore. Smith si sarebbe incazzato a morte. Ad un certo punto sentii un colpo forte accanto a me, e il poliziotto cadde a terra sanguinante dal petto. Mi girai e c'era il ragazzo di colore. "Cosa cazzo fai? Muovi il culo puttanella!" mi tirò con delicatezza il proiettile fuori dal corpo, ma il suo umore era completamente differente. Non voleva evitare di ferirmi, faceva con cautela per fare più in fretta. Appena finì tornò di sopra. Mi presi una pausa. Sopra c'erano urla e spari, ma nella mia testa regnava sovrano il silenzio. Lo stesso silenzio che mi assaliva da ben 10 anni, da quando persi i miei genitori. Mi scese una lacrima. Mi faceva schifo tutto questo. Completamente schifo. Ma ormai dovevo arrivare fino in fondo. Andai dall'altra parte della stanza e inserii il codice sul monitor. La porta si aprì. Io corsi lungo il corridoio che c'era dietro di essa fino ad arrivare agli armadietti. Cercai il 217 e appena lo trovai lo aprii con le chiavi che mi aveva dato Smith. All'interno c'era una scatola. Io avevo capito che si trattasse di soldi. Ero curiosa di sapere cosa ci fosse dentro, ma non c'è spazio per la curiosità quando sei una ladra del cazzo. Misi la scatola nel borsone e tornai indietro. Appena mi voltai vidi un ragazzo in piedi davanti a me. Aveva una divisa da poliziotto. Mi stava puntando la pistola e feci immediatamente lo stesso. Sta volta era un ragazzo giovane, sui 25 anni. Aveva capelli neri come la pece, che contrastavano con la sua carnagione chiara. I suoi occhi erano marroni, gli davano uno sguardo dolce ma allo stesso tempo penetrante. I suoi lineamenti scolpiti gli risaltavano gli zigomi. Come ogni diciottenne normale definii quel ragazzo figo. Ma non lasciai spazio ad ulteriori pensieri. Stavo per sparare, ma vedevo che lui non muoveva ciglio. Era come paralizzato. Allora presi coraggio e gli sparai alla gamba. Lanciò un urlo. Non volevo ucciderlo. Volevo solo guadagnare tempo per scappare. Appena lo feci subito me ne pentii. Un profondo senso di colpa mi invase da testa a piedi. Mormorai "scusa". In quel momento lui si girò e sparò beccando il muro. Allora io scappai. Corsi verso la porta sul retro e salii sul furgone. Passai il bottino a Smith che lo afferrò trionfante. Solitamente anche io ero felice, ma non questa volta. Questa volta mi sentivo uno schifo.
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Heart shot
FanfictionBeth ha una vita difficile. Ha a che fare con uno dei peggiori criminali in circolazione e per guadagnarsi da vivere ruba, spaccia e fa sesso a pagamento. Odiava la sua vita. I suoi genitori morirono quando aveva soli 8 anni e da lì venne tirata su...