Capitolo 25

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Sentivo le mie vene pulsare per il dolore e un bruciore immenso si espandeva sempre di più ogni volta che mi colpiva. Non si fermava, era come impazzito. Vedevo a volte del sangue per terra, ma avevo così tanto dolore ovunque che non capivo da dove venisse. Credevo che sarei finita male, malissimo. Ad un certo punto sentii Mary urlare:"Smith piantala!", ma lui non l'ascoltava, continuava e non si fermava. Ad un certo punto non potei credere ai miei occhi. Mary aveva preso un coltello dal tavolo, tirò indietro il braccio e con un po' di esitazione diede una spinta decisa verso la schiena di Smith. Inaspettatamente lui si girò di scatto, aveva dei riflessi inimmaginabili. Afferrò il polso di Mary, e camminò verso di lei facendola indietreggiare. Non ci vedevo bene, avevo la vista appannata. Mi appoggiai al muro cercando di rialzarmi. Camminai verso Mary. Non capivo cosa le stesse facendo, ma la sentivo piangere e urlare. Avevo paura che fosse davvero la fine, sapevo che sarebbe stato capace di ucciderla. Ad un certo punto, forse grazie ad un miracolo sentii un rumore provenire da sopra, una porta che si apriva. Vidi Marco scendere le scale correndo. Si diresse verso Smith e gli prese le braccia fermandolo. Sollevata mi riappoggiai a terra e persi i sensi.

Quando mi risvegliai ero in un letto e accanto a me c'era Mary seduta. Io le sorrisi. "Finalmente ti sei svegliata." mi disse. "Cosa ti ha fatto Smith?" le chiesi. Mi disse che le aveva tirato qualche pugno, ma che Marco lo aveva fermato in tempo. Marco entrò nella stanza allarmato. "Ragazze abbiamo un problema!".
Non potei fare almeno di preoccuparmi e subito gli chiedemmo cosa ci fosse. "Stanno indagando sulla morte di Derek.". Per poco non mi venne un colpo al cuore. Ero nella merda fino al collo. "Stai scherzando?" dissi d'istinto, anche se era la domanda più stupida che avrei potuto fare. "Ho la faccia di uno che scherza?".
Mi alzai dal letto e andai in salotto. "Ecco leggi qui.". Mi indicò il giornale che era appoggiato sul tavolo, parlava di ciò che era successo a Derek. C'era scritto che si pensa che si tratti di un omicidio, ma nessuno sa chi può essere stato o quale sia il movente. Ad un certo punto mi venne un colpo tale che quasi svenni. C'era scritto:"[...]Di questo caso se ne occuperanno gli agenti West Johnson e Michael Brown con l'aiuto del neolaureato Dylan O'brien[...]".
Non riuscivo a credere a ciò che i miei occhi avevano appena letto. Dylan si stava occupando del caso. Mi venne in mente quando lui venne da me, quella sera quando uccisi Derek. Non sapeva nulla di ciò che avevo fatto. Di sicuro non ci avrebbe messo tanto a ricollegare tutti i fatti e prima o poi mi avrebbe chiesto qualcosa.
Avevo una paura assurda; se fossero per caso risaliti a me sarebbe stato un casino, inoltre che figura farei con Dylan se dovesse sapere di tutto ciò che ho combinato? Non sapevo come agire. Marco mi aveva detto di starmene tranquilla e fare finta di niente. Dovevo avvisare Luke. Uscii dall'appartamento per andare nel parcheggio e lo chiamai:"Luke c'è un problema.. Derek.."
"Sì, l'ho letto anche io cazzo.. Siamo nella merda. Quei bastardi dei poliziotti stanno investigando e noi siamo nella loro lista nera.".
"Che cosa facciamo..?"
"Senti vieni qua che ne discutiamo..".
Sbuffai e attaccai. Salii in macchina e andai verso la casa di Luke. Ero nel panico più totale, ma la cosa che mi preoccupava di più era Dylan.. Potevo giustificarmi dicendo che l'ho fatto per difendermi, che era vero, ma la mia pedina penale non era immacolata, non avevano le prove, mi avrebbero fatto un sacco di domande. No no no, non ero pronta per affrontare tutto quel casino.
Arrivai a casa di Luke. Come sempre era al computer. Mi sedetti accanto a lui. Disse:"Non metterti in testa di scappare da qualche parte, non ci sarebbe cosa più ovvia. Sto dando un'occhiata alla tua cartella; sí, un socio me ne ha procurata una copia. Qui dice che sei stata denunciata per prostituzione, spaccio di droga, uso di identità false e che avevano dei sospetti sul tuo coinvolgimento in alcune rapine. Così non va, cazzo. Conosco quegli sbirri, questione di una settimana e i sospetti ricadranno su di te, ma niente panico. Ragioniamo con calma. Dobbiamo ricostruire a nostro modo tutto ciò che è successo. Eri andata ad una festa da sola, si è triste, ma meglio non coinvolgere nessun altro,  alla discoteca Tropical, stavi tornando a casa e Derek ti ha aggredito, poi puoi raccontare come è andata sul serio l'aggressione, hai nascosto il corpo di Derek perché eri spaventata e se ti chiedono se tu abbia qualche idea del perché di quell'aggressione tu dì che era ubriaco, i dettagli inventali sul momento.". Ero una brava attrice, ma sarei stata troppo sotto pressione per mentire bene. Dovevo calmarmi e riflettere. Dissi a Luke:"Non sarebbe più semplice se dicessi di non sapere nulla?"
"No, ci sono troppe prove che tu sia coinvolta, meglio fare così."
Riportò lo sguardo sul computer. "Riguardo a Rose, dobbiamo spostare il viaggio per il Messico quando tutta questa storia sarà finita. Se partissi adesso sospetterebbero ancora di più. Mi dispiace, se vuoi mando altri miei uomini a cercarlo..". In mezzo a tutto quel caos mi ero scordata per un attimo di Rose. Io gli dissi:"No, ci voglio andare. Rimanderemo il viaggio.". La mia preoccupazione principale adesso era l'omicidio di Derek. Tornai a casa, avevo bisogno di stare sola e riflettere. Ero stufa di tutto questo, non volevo affrontare nulla di tutto ciò, nessun tribunale, nessun interrogatorio. Ma più le cose peggioravano, più mi rendevo conto che forse non avrei mai avuto la bella vita che desideravo.
Quella sera andai a letto presto, ero esausta per tutto ciò che era successo e in quel momento volevo solo addormentarmi e scordarmi di tutto.

Quando aprii gli occhi la prima cosa che feci fu guardare fuori dalla finestra. Diluviava. Era domenica. Andai in cucina per fare colazione e ad un certo punto mi arrivò un messaggio di Dylan:"Ti devo parlarle, posso passare da te tra una decina di minuti?". Non appena lessi quel messaggio mi venne un colpo al cuore. Io risposi che andava bene, anche se non andava affatto bene. Mi feci un esame di coscienza. Di sicuro voleva parlarmi di Derek. Cercai di tranquillizzarmi, ragionare. Andai davanti allo specchio e mi feci una specie di discorso di incoraggiamento. Come mi aveva detto, Dylan si presentò puntuale sotto casa mia. Quando il campanello suonò mi venne un colpo. Presi un respiro e gli aprii la porta. Sentii i suoi passi sempre più vicini fino alla porta di ingresso del mio appartamento. Sta volta quando lo vidi non provai un senso di felicità e tranquillità, ma il cuore mi batteva a mille ed ero spaventata. Dal primo istante che passai con lui, pregai di stare nascondendo bene la mia ansia. Mi salutò con un bacio a stampo sulle labbra. Poi gli dissi:"Allora di cosa mi devi parlare?". Facevo la finta tonta anche se sapevo già di cosa voleva parlarmi. "Sapevi dell'omicidio di Derek Robertson?". Avevo massimo 3 secondi per decidere se fingere di non sapere nulla o dire la "verità" (quella di Luke), perché se avessi fatto finta di niente una volta che sarebbe saltato fuori sarebbe stato peggio, ma se avessi detto la verità avrei avuto la certezza che sarei finita in tribunale. Decisi di dire la "verità". Provai a spiegargli ciò che mi accadde cercando di essere il più credibile possibile. Appena finii di parlare mi disse che avrebbe dovuto riferire ciò che mi aveva detto e che di sicuro mi avrebbero fatto delle domande. "Non puoi capire quanto io mi senta uno schifo per quello che ho fatto.". Era l'unica cosa vera che avessi detto fino a quel momento. "Beth, avevi un motivo, ti avrebbe uccisa. Hai agito per legittima difesa.". Gli diedi un bacio. Poi dissi:"Mi sei mancato.."
"Anche tu.". Mi abbracciò e poi disse:"Andrà tutto bene.".
Eravamo lì seduti uno accanto all'altra. Eravamo come un demone e un angelo insieme, due mondi completamente opposti che per nessuna ragione si sarebbero potuti unire, eppure eccoci lì.
Ad un certo punto Dylan inziò a baciarmi e mi fece sdraiare supina sul divano. Mi lasciai andare in quei baci meravigliosi. Ad un certo punto mi tolse la maglietta e io gli lasciai fare. Si portò la mano nella tasca dei pantaloni e prese qualcosa. Appena vidi quello che estrasse il cuore mi si fermò in gola. I suoi occhi iniziarono a lacrimare. "Beth è difficile farlo, ci ho riflettuto a lungo, ma mi hanno obbligato, perdonami.". Puntò la pistola alla mia testa sotto il mio sguardo scioccato.

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