Capitolo 4

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Appena finii di fare il mio lavoro Smith mi ringraziò e uscii da casa sua per tornarmene al mio rifugio. Era un casino totale allora decisi di fare un po' di ordine. L'unica cosa riposta ordinatamente sugli scaffali erano i miei libri, ci tenevo. Amavo leggere. Mi perdevo nelle storie delle altre persone, come se potessi essere io al loro posto a vivere tutte quelle avventure. Ma questa non è una favola. Rimisi a posto pure l'armadio quando la mia attenzione cadde su una scatolina dentro un cassetto. Mi ero completamente dimenticata di averla. Dentro c'era una collana con una catenina di ferro, e attaccata ad essa un ciondolo con dei piccoli diamanti che formavano la lettera "B". Ora capii perché non l'avevo mai messa. la presi e la misi sul mio comodino, aperta, quasi come promemoria del mio vero nome. Beth. Beth Collins. L'unico legame che avevo con la vecchia me era il nome. Riordinando trovai un sacco di cose che dimenticai di avere, tra cui una scatola piena di CD. La mia attenzione ricadde su uno degli Image Shakira. Lo misi nel mio stereo e misi la traccia 1. La canzone s'intitolava Sale el sol. Era una delle mie preferite da bambina. Era così rilassante, ma allo stesso tempo triste. Lasciai scorrere tutto il CD. Più le canzoni passavano più sentivo che mi calavo nel mio vecchio mondo. Misi per tutto il pomeriggio ogni singolo CD che avevo nello stereo, e ballavo e cantavo sopra la musica mentre sistemavo la stanza. Presto si fece sera. Andai a letto non tardi visto che il giorno dopo lavoravo. Un vero lavoro. Ero così contenta. Ad un tratto nei miei pensieri mi sorse il dubbio che lo stavo facendo per Dylan, ma in fondo era solo un'idea che mi era venuta sul momento. Più che per lui, era grazie a lui. Mi chiesi se mi sarebbe davvero venuto a trovare e con quell' ultimo pensiero in testa mai addormentai.
Il mattino seguente la sveglia suonò alle 8.00. Mi alzai di buon umore, emozionata per il mio primo giorno di lavoro. Inserii nello stereo un CD degli Image Dragons, per creare un po' di atmosfera. Andai a fare una doccia veloce, mi vestii e poi mangiai con calma. Stranamente ero in orario. Solitamente sono la ritardataria numero uno, motivo per cui Smith me le dava spesso. La consapevolezza di dover andare al lavoro senza una pistola, dell'erba, delle pillole o dei preservativi mi calmò e mi rallegrò. Mi sentivo una ragazza normale, con una vita normale e un lavoro normale. Arrivai al bar di buon ora. Johnny mi salutò con un bel sorriso a 32 denti. "Ciao Tyra, sei in anticipo!"
"Si lo so, è che non mi piace arrivare in ritardo." Era una mezza bugia, ma le bugie erano la cosa più onesta nella mia vita. Andai a posare le mie cose e mi fece iniziare pulendo il bancone. Durante quella giornata non successe nulla di paricolare. Il primo giorno di lavoro andò bene. Johnny era felice di quello che avevo svolto e lo ero anche io. Forse era la prima volta. Il mio turno finì alle 18.00. Ero felice. chissà per quanto ancora sarebbe durato. Appena arrivai a casa inserii un CD e mi preparai la cena. Stavo per andare a letto contenta veramente. Fino a quando la mia felicità venne interrotta dal telefono che squillò. Era Smith.
"Pronto?"
"Tyra devi venire qui, ci sono due uomini che ti vogliono."
"Cosa?" Ero confusa, non sapevo di cosa stesse parlando.
"Non dimenticare le pillole che non voglio che finisci incinta, muoviti ti aspetto."
Grazie a quel giorno di lavoro mi ero quasi dimenticata della mia vita da ladra-puttana-tossica. Ma lo avevo promesso a Smith. Io potevo lavorare da WHITE'S, ma dovevo correre quando aveva bisogno. Presi le pillole e i preservativi, un po' d'erba e partii. Odiavo usare le pillole, perché ogni volta rischiavo di beccarmi qualche malattia, ma i clienti preferiscono senza preservativo e io mi devo adeguare. Se non avevo qualche malattia strana era solo per culo. Arrivai a casa di Smith e suonai. Sta volta non avevo paura. Ero indifferente. appena aprì la porta disse "Il cliente aspetta, l'altro sarà qui tra circa mezz'ora, va a cambiarti.". Non mi interessava se ero una puttana, ma da un lato ero scocciata. Entrai e c'era un uomo sui 40 anni seduto sul letto. Mi cambiai e iniziai a fare il mio lavoro. Poco dopo ne arrivò un altro e esaudii le sue richieste. Ancora e solo sesso. Mi rassegnai all'idea che un giorno avrei potuta fare l'amore con qualcuno. Solo sesso per dei soldi. Nulla di più. Diedi metà della paga a Smith. 80$ a testa. Uscii per fumarmi una canna. Ne avevo bisogno, ma preferirei avere bisogno di altro. Ma era così e basta. La mia vita era fatta di adattamenti. Sempre soddisfare il volere degli altri. Io in fondo per chi vivevo? Per Smith, un bastardo riccone che mi sfruttava per portare a casa soldi. Soldi che mi guadagnavo io, ma che intascava lui, o almeno la maggior parte. Che senso ha vivere per gli altri? Essere un fottuto oggetto? Ho pensato molte volte a farla finita, e questa era una di quelle volte. Eppure c'era una cosa che mi spingeva a non ficcarmi un cazzo di proiettile in gola. La speranza di ritrovare Rose, la mia sorellina. Smith mi ha detto che era morta. Ma non ne ho mai avuto le prove. Anche se sapevo che era inutile cercarla, una parte di me ci sperava ancora.
I tre giorni successivi furono molto simili a quello. Barista di giorno e puttana di notte, ma preferivo mille volte così che come una settimana prima. Almeno nessuno si faceva male. Era venerdì, circa le 16.00 ed ero al bar a lavorare. Ad un certo punto entrò un ragazzo. E appena lo riconobbi mi scappò un sorriso. "Hey Dyaln!" lo salutai. Mi ricambiò il sorriso. Probilmente era il mio unico vero amico. E ci siamo incontrati 4 volte, e la prima gli ho sparato. Ma lui non lo sapeva. Per lui ero solo Tyra la barista. Mai avuto un amicizia così forte. E questo è triste. "Come stai?" mi chiese senza togliere il sorriso. "Non c'è male, tu?"
"A posto grazie." Ci guardammo un attimo sorridendo quando Johnny, che forse aveva capito che volevo parlare un po' con lui mi disse:"Prenditi una pausa.", allora uscii dal bancone e mi sedetti al tavolo con Dylan. Iniziò lui la conversazione:"Non so nulla di te, vorrei sapere di più. Cosa fai nel tempo libero?"
Ecco l'unico argomento che volevo evitare. Me. Odiavo parlare di me. La verità nemmeno per sogno, quindi mi toccava dire una bugia.
"faccio la puttana, a volte spaccio e rapino le persone" pensai. ma dissi "Mi piace molto la musica, suono un po' la chitarra (ho fatto circa un anno quando avevo 13 anni, quindi vero) e tu?"
"Che bello mi piacerebbe imparare. Io gioco a calcio ogni tanto. Ho fatto tanti anni quando ero piccolo."
Io sorridevo e annuivo.
"Tu vivi qui?" Gli chiesi, per non fare la figura della disinteressata visto che non gli ho fatto nemmeno una domanda fin'ora se non "e tu?".
"No vivo circa a una decina di isolati, ma sono qua sempre per lavoro, tu invece?"
"Si abito qua accanto.". Ci fu un attimo di silenzio. Mi distrassi un secondo e portai lo sguardo fuori dalla finestra e quando lo riportai su di lui vedevo che mi stava fissando. Non era proprio fissare. Fissare suona quasi negativo. Era come se cercava di conoscermi attraverso lo sguardo, come se potesse entrare in me e arrivare alla mente per sapere di più. Quel pensiero mi inquietò un po'. Ad un certo punto disse "ehm.. Ti va se ti do il mio numero?" Io annuii e presi il cellulare per salvarmi il numero. "Ehm.. come fai di cognome?" "O'Brien." Mi suonava famigliare. Quando finii di scrivere gli sorrisi.
"L'altro giorno in accademia ti ho vista ballare, sei molto brava. Perché non prendo lezioni?". Arrossii un po'. Non mi era mai successo di sentirmi in imbarazzo con un ragazzo, tranne la prima volta che feci sesso. Avevo 14 anni e non era un ragazzo ma un uomo di 35 anni. E dissi. "Perché sono troppo occupata a fare la puttana-ladra-tossica" Pensai.
"Non lo so, non credo faccia per me.." Risposi.
"Come non fa per te? ti ho vista sei brava!" Non dissi nulla e abbassai lo sguardo. "Scusa non volevo metterti a disagio." mi disse un po' imbarazzato. "No, ma figurati! Non centri nulla tu, anzi grazie mille.. è che.. Insomma sono in una situazione un po'.. ecco.. complicata.."
annuì e mi prese la mano. Quel gesto mi fece arrivare un colpo al cuore. Come se allo stesso tempo mi avesse dato un pugno al petto. Era quel senso di acidità che provavo quando arrivavo in ritardo da Smith, ma questa volta era piacevole. Non era paura o ansia. Era piacere, dolcezza con un filo di imbarazzo. Dissi "Tra un ora stacco, ti va di fare un salto da me?" Ecco Tyra la sfacciata era tornata. Quella di prima, dolcemente in imbarazzo era solo Beth. credo. Lui sorridendo annuì. Tornai al lavoro. "Vuoi qualcosa da bere? Offre la casa." Sorrise mostrando i suoi denti bianchissimi quasi brillanti. Gli portai una
birra e mi guardò dolcemente mentre finivo di lavorare.

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