Capitolo 6

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Quando aprii gli occhi c'era una strana luce che penetrava dalla finestra, ma non era la solita luce dorata, era una luce bianca, pallida. Mi sgranai gli occhi e mi alzai lentamente dal letto ancora intontita. La luce si faceva sempre più accecante, sempre più luminosa e si espandeva ogni secondo di più. Socchiusi gli occhi per il fastidio. Il raggio aumentava. Dovetti coprirmi gli occhi. Non capivo cosa stesse succedendo, era come se qualcuno mi stesse puntando un faro addosso. Quando la luce era arrivata al punto da coprire tutta la stanza si smorzò di colpo e al suo posto apparve un uomo in piedi che mi guardava dolcemente. Era abbastanza alto, leggermente paffutello. I suoi capelli erano castani chiari con qualche ciuffo grigio. Aveva il viso leggermente rugato con dei grandi occhi verdi che risaltavano sulla sua carnagione chiara. Era mio padre. Scoppiai in lacrime, ma non di felicità di malinconia. Mi avvicinai piano e appena provai a sfiorare il suo viso, ma egli scomparì in una nuvola di fumo. Quando mi girai c'era una figura di una donna in piedi, un po' più bassa con un fisico esile. Capelli lunghi color biondo cenere che calzavano a pennello con i suoi occhi azzurri. La carnagione era chiara e pure lei aveva qualche accenno di ruga. Mia madre. Questa volta non mi avvicinai ma rimasi a guardarla con le lacrime agli occhi. Mi sorrideva e mi ripeteva "Beth va tutto bene, noi saremo sempre con te.". Ripetè la frase finché mio padre arrivò alla sua destra e le posò un braccio attorno alla vita e dall'altra parte arrivarono di piccole bambine che le presero la mano. Eravamo io e mia sorella. Dissero un'ultima volta in coro "Beth va tutto bene." e poi sparirono, come mio padre quando lo sfiorai e qualche istante dopo scomparii anche io allo stesso modo.

Quando mi svegliai avevo le lacrime agli occhi. Mi alzai di scatto mettendomi a sedere. Guardai l'ora, erano le 4.00. Siccome la sveglia sarebbe suonata 4 ore dopo cercai di riaddormentarmi, ma non ci riuscii. L'immagine dei miei genitori che sparivano, così come se nulla fosse mi tormentava. Continuavo a piangere, però in silenzio. Cercavo di trattenere le lacrime, ma scendevano come cascate dal mio viso. Solo Dio sa quanto mi mancano. Non so quanto tempo passò, ma dopo qualche ora riuscii a riprendere sonno. La sveglia suonò, ma anzi che alzarmi per prepararmi la spensi e rimasi ancora un po' nel letto. Quando iniziò a farsi tardi dovetti fare di fretta. Odiavo fare di fretta, ma del resto, c'era qualcosa nella mia vita che facevo che non odiavo? Appena mi posi quella domanda mi venne in mente Dylan, ma cacciai subito via quel pensiero e uscii. Appena arrivai al locale White mi chiese:"Tyra, tutto a posto? Sei in ritardo, non è da te.".
Mi giustificai senza troppi giri di parole:"Scusa ho dormito poco."
Andai a porre le mie cose nella stanza del personale. Dopo qualche ora arrivò Dylan. Non riuscii a trattenere un sorriso. Non capivo in che modo quel ragazzo mi attirasse così tanto. Per un attimo mi invase la mente l'idea che forse non avrei mai dovuto baciarlo, ma è solo uno come gli altri passerà. Eppure anche dopo questo pensiero il mio sorriso non svanì.
"Hei, non dirmi che ci farai l'abitudine?"
Okay pessimo modo per iniziare conversazione. Non potevo semplicemente dire "ciao" "hei Dylan" "hei, come va?".
Ma ormai era tardi.
"Se ti dà fastidio non vengo più!" disse con il sorriso sotto i baffi. Probabilmente aveva capito che era una battuta.
"No al contrario, almeno mi fai compagnia!" Diciamo che me la cavai. Non capivo come mai mi metteva così a disagio. Era come se parlare con lui fosse più complicato. Di solito non mi faccio mai paranoie, con nessuno! E io faccio la prostituta! (Nonostante i miei tentativi di sdrammatizzare questa cosa la verità è che fa schifo. Davvero schifo. E preferirei fare qualunque altra cosa. Ma ormai quella era la mia vita. E prima ci facevo l'abitudine, meglio era per me. )
Nei momenti in cui c'erano dei buchi e non avevo nulla da fare chiacchieravo con Dylan. Ad un certo punto White venne da me con una foto in mano. "Tyra l'ho trovata di là, è tua?". Quando me la porse e la guardai una fitta che partì dal cuore mi invase da testa a piedi. Nella foto c'eravamo io, i miei genitori e la mia sorellina. Era qualche settimana prima dell'incidente.

Era l'anniversario dei miei genitori e decisero che per festeggiare sarebbero andati un paio di settimane in Inghilterra. Io avevo 8 anni, mente Rose ne aveva solo 5. Io e lei rimanemmo dai nostri zii. Ogni giorno noi e mamma e papà ci sentivamo in videochiamata, ci scrivevamo la buona notte e il buon giorno e ci spedivano cartoline. Quando la loro vacanza era giunta al termine e dovevano tornare io e Rose eravamo felicissime. Ci mancavano davvero tanto. Decidemmo di fare loro una sorpresa ed andare all'aeroporto ad aspettarli, accompagnate dai nostri zii. La loro partenza era alle 10.00 da Londra sarebbero dovuti arrivare a Boston alle 18.00 con il primo volo. Io e Rose aspettammo. Alle 18.00 iniziavamo già ad essere agitate mente i nostri zii ci dicevano "Calme bambine, non arrivano alle 18.00 precisi.". Allora continuammo ad aspettare e si fecero le 18.15. "Zio Scott, quando arrivano?"
"Arriveranno presto tranquille."
Aspettammo ancora. Le 18.30.
"Zio, zio dove sono?"
"State tranquille tra poco arriveranno."
Aveva l'aria di chi nascondeva qualcosa, l'aria preoccupata. Io ero piccola, non capivo. Mio zio sussurrò qualcosa a mia zia, che andò a parlare con la signora alla cassa.
18.45.
"Zio, dovevano essere qui da tanto tempo, perché non arrivano?"
"Arriveranno Beth."
19.00
"Zio.."
"Tranquilla Beth. Ti prometto che arriveranno a minuti."
19.23. Me lo ricordo come se fosse ieri.
Un panico generale invase la stanza, c'era gente che urlava e che piangeva. Io ero spaesata, non capivo cosa stesse succedendo, pure Rose era confusa. Ad un certo punto si avvicinarono tutti su un mega schermo che annunciò che l'aereo Londra-Boston delle 10.00 era precipitato e che non c'erano superstiti. Se la situazione non fosse stata così orribile riderei quasi al pensiero che non sapevo cosa significasse la parola "superstiti". I miei zii scoppiarono in lacrime, noi ancora non capivamo.
"Zio dove sono mamma e papà?".
Iniziavo ad avere davvero paura. Cosa diavolo era successo?
"Tesoro, la mamma e il papà sono.."
Non riuscì a terminare la frase dai troppi singhiozzi. Ad un certo punto una signora sui 30 anni, con una divisa da hostess mi prese le mani e si inginocchiò per guardarmi meglio negli occhi. Anche lei aveva qualche lacrima che le bagnava il viso e che le fece colare il trucco. "Piccola, purtroppo l'aereo su cui erano la tua mamma e il tuo papà è caduto. E loro..." Fece una pausa. Una pausa infinita. Una pausa che sembrò durare così tanto che feci in tempo a ripercorrere i miei 8 anni di vita, e in quel momento sembravano tantissimi. Qualche secondo dopo continuò la frase. "Tesoro i tuoi genitori non ci sono più."
Io non so descrivere cosa provai in quel momento. Non so se ci sono parole per dirlo. Il mondo che cade addosso ad una piccola bambina di soli otto anni. Non credo che la mente umana sia così vasta da inventare una parola che riesca a descrivere esattamente tutto ciò che provai in quel momento. Riuscivo a udire il battito del mio cuore. Improvvisamente non sentii più niente. Il silenzio. I colori svanirono. Tutto era grigio. Per un attimo mi mancò il respiro e sentii il mio cuore piangere. Le lacrime iniziarono a scendere da sole. Una ad una. Questo è tutto ciò che mi ricordo di quel giorno. Del giorno peggiore di tutta la mia vita.

Ad un certo punto Dylan, che era accanto a me disse "Tyra tutto bene?". Un lieve sussulto mi fece riprendere coscienza del mondo reale. Annuii. Mi chiese con voce innocente:"Chi sono?"
io risposi, a tono basso, per non far capire che stavo per piangere:"Era la mia famiglia.".

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