Passai i primi minuti del viaggio con le cuffiette nelle orecchie. Il mio sguardo era perso fuori dal finestrino appannato pieno di piccole gocce che cadevano. Aveva iniziato leggermente a piovere. Scelsi due gocce e feci "la gara" per vedere quale arrivasse prima in fondo. Lo facevo sempre da bambina. Cercavo di distrarmi, ma non riuscivo a smettere di pensare a Dylan. Il modo dolce in cui mi guardava sempre, tutte le belle parole, per poi lasciarci con degli insulti. Non potevo più nasconderlo. Mi piaceva, e non poco. Ma in fondo lo conoscevo da così poco tempo, non sapevo quasi nulla di lui. E poi dai, quando mai mi è importato qualcosa di qualcuno? Probabilmente mi piaceva solo perché era il primo ragazzo serio che incontravo, mi sarebbe successa la stessa cosa con chiunque altro non mi avrebbe trattata da puttana. Con questo ultimo pensiero che mi dava conforto e mi aiutava a non pensare a lui decisi di chiedere a Smith dove mi avrebbe portato:"Scusa la domanda Smith, ma dove stiamo andando?". Lui sorrise e attese un po' prima di rispondere. "Andiamo in un posto che non hai mai visto.". Non capivo tutte le sue esitazioni, il modo di lasciarmi sulle spine per farmi continuare il discorso. Ci sapeva fare così bene con le parole, ma non capivo il motivo sei suoi continui "indovinelli". Io non dissi nulla. "Ci fermiamo qualche giorno a New York. Ho un conto in sospeso con un tizio. Saremo lì per mezzogiorno circa.". Non dissi nulla e pensando che la conversazione fosse finita mi rimisi la cuffietta nell'orecchio, ma Smith mi interruppe:"Senti un po' non ti sarai mica presa una cotta per quel ragazzo.". Io risposi fermamente:"No. E anche se fosse?". Smith non era stupido, purtroppo. Si mise a ridere. "È strano che una ragazza come te, che fa la puttana si innamora del primo che passa." . Mi offesi sia per la puttana (anche se era vero), ma soprattutto per quello che aveva detto su Dylan. Magari fossero tutti così "i primi che passano". Ma decisi che era meglio stare zitta, perché se si fosse incazzato non sarebbe finita bene. Mi faceva troppa paura. Alzai al massimo il volume dell'iPod, come se la musica mi impedisse di sentire i miei pensieri e chiusi gli occhi per cercare di dormire. Stranamente riuscii a prendere sonno. Forse era il moto dell'auto che andava a rilassarmi.
Quando mi svegliai mancavano ancora 3 ore. Dopo un po' il mio telefono suonò. Un colpo al cuore mi assalì, ma si smorzò nell'istante in cui vidi che non era un messaggio di Dylan, ma solo una stupida notifica di uno stupido giochino. Volevo chiamarlo. Volevo sentire la sua bellissima voce roca un po' graffiata farmi tutti quei discorsi che mi mozzavano il fiato. Ma non l'avrei chiamato, ne lui avrebbe chiamato me. Ormai era un addio.Dopo 3 infinite ore finalmente arrivammo. Il mio entusiasmo nel vedere New York cessò quando Smith parcheggio in un vicolo che sembrava essere abbandonato dal mondo, privo di auto e civiltà. C'era solo una piccola casetta grigia in mezzo al nulla. Quando Smith suonò il campanello di quella casa un uomo di circa 45 anni zoppicante uscì e ci venne in contro. "Eccoti brutto bastardo." disse rivolgendosi a Smith. Appena mi vide mi lanciò un'occhiata provocante. Io dissi solo "salve". Ci fece entrare in casa. Lui e Smith iniziarono a parlare di una rapina e un grosso bottino. Non capii bene dato che usavano parole in codice. Dopo un po' si decisero a darmi delle spiegazioni. "Allora Tyra ascoltami bene.." iniziò Smith "Il motivo di questa partenza non è solo Luke. È da circa 6 mesi che noi stiamo organizzando tutto questo, ma per colpa di quel figlio di puttana abbiamo dovuto accelerare i tempi e questo ci è costato parecchio. Ho dei soci in Europa, più precisamente in Italia, con cui avevo stipulato un accordo, ma adesso non sto qua a spiegarti i dettagli. Il punto è che la rapina alla Pacific Bank era solo una piccola parte del nostro piano. Abbiamo collaborato con i migliori truffatori in circolazione, da ogni parte del mondo e abbiamo un bottino immenso che ci aspetta." Io ero confusa. Non avevo idea di cosa stesse parlando, ero all'oscuro di tutto. Avrei voluto fare un milione di domande, ma era meglio tenere a freno la lingua, mi limitai a chiedere:"Cosa c'entro io in tutto questo?" chiesi con tono un po' troppo innocente. "Aspetta, lascia che finisca di spiegarti.". Riprese l'altro uomo. "Il punto è che grazie alle migliori mente criminali siamo riusciti ad impossessarci di un oggetto di valore inestimabile, che ci farà guadagnare miliardi. Ma non è ancora nelle nostre mani, ce l'hanno i nostri soci italiani. Non li abbiamo ancora del tutto convinti ed è qui che entri in gioco tu. Dovrai usare il tuo bel culetto per tenere a bada quei bastardi, mentre noi ci impossesseremo di ciò che vogliamo, dopodiché li uccideremo.". Dopodiché li uccideremo. Quelle parole mi rimbombarono in testa, come uccidere? Smith sarà anche un genio ma era completamente malato per i soldi. Dovevo fare un'altra volta la puttana. Non volevo, ma il mio volere è sempre contato ben poco. Me ne feci una ragione e basta. Concluso quel pensiero mi tornò in mente il posto che aveva nominato: l'Italia. Mi sorsero per la mente un sacco di dubbi e paure. "Ma questo significa che dovremo andare in Italia?". I due annuirono. "Ma non si può raggiungere con l'auto!". Mi guardarono e annuirono come se avessi detto la cosa più ovvia al mondo, so che era così, ma c'è una cosa che mai, nessuno, nemmeno Smith mi avrebbe mai convinto a fare. Salire su un aereo.
Non esisteva. Dall'incidente dei miei ebbi un terrore immenso per tutti i veicoli che non toccassero terra. "Smith io su un aereo non ci salgo." non mi importava davvero questa volta di come risposi. Era un dato di fatto. Io su quel coso non ci avrei mai messo piede. "Ascolta Tyra." disse Smith con tono decisamente, troppo tranquillo. Forse in lui c'era ancora un lato comprensivo. "Lo so che non vuoi salire per quella cosa che accadde ai tuoi genitori, ma è da una vita che organizziamo questo viaggio, ti assicuro che non accadrà nulla, il pilota è un mio socio e gli aerei di ottima qualità, Tyra fai questo sacrificio.". Per un attimo pensai di aver sognato, che la mia mente mi avesse giocato un brutto scherzo. Smith mi aveva appena parlato in modo gentile e comprensivo. Forse perché sapeva cosa significasse perdere i genitori. Mi venne una fitta al cuore. Il fatto che me lo avesse detto così con gentilezza, che si fosse comportato quasi come un amico, quasi mi convinse.
Saremmo partiti 4 giorni dopo e io avevo intenzione di visitare New York. Durante il pomeriggio Smith e il suo amico uscirono per svolgere delle "faccende". Mi dissero che potevo andare dovevo volevo, ma di essere lì entro la partenza. Appena se ne andarono decisi di visitare il centro. Presi la mia borsa e chiamai un taxi. Mi ricordavo la via perché l'avevo vista su un cartello appena arrivammo. Poco dopo il tassista arrivò e mi portò al centro di New York. Appena arrivai non riuscii a credere i miei occhi. C'erano palazzi e negozi ovunque. Era pieno di gente, c'era un via vai immenso. Mi sentivo spaesata, ma allo stesso tempo era affascinata dalla vastità di quella città. Non avevo idea di dove guardare. C'era così tanta roba che mi sentivo quasi a disagio. Iniziai a camminare in giro guardandomi in torno con meraviglia, non credevo ai miei occhi. Volevo entrare ovunque, tanto per vedere com'erano i negozi, ma allo stesso tempo volevo andare avanti a esplorare quella meraviglia.
Ad un certo punto un gruppo di ragazzi si fermarono davanti a me. Quello al centro era abbastanza alto, il classico biondo-occhi azzurri. Non mi sono mai piaciuti. Troppo "possi". Io feci per sorpassarli e lui mi fischiò. Io mi fermai e scocciata per quel gesto gli dissi "Fischia al tuo cane, non a me." e proseguii. Era abbastanza ironico ciò che dissi, considerando che ero una puttana. Mi disse "Dai bella aspetta, stavo solo scherzando.", io mi girai e lo guardai col classico sguardo soddisfatto ma confuso, aggrottando un solo sopracciglio. "Io sono Derek e loro sono James, Logan, Thomas e David." disse indicando i suoi compagni a cui non feci molto caso. Porsi la mano e dissi "Tyra.". Ormai ci avevo fatto l'abitudine a quel nome che ODIAVO. Ma era quello che dovevo usare. Scordarmi di Beth. Derek disse:"Che ci fa una ragazza bella come te sola a New York?". Probabilmente, a giudicare dal suo modo di fare si aspettava la classica idiota che si mordeva il labbro e abbassa lo sguardo timidamente sorridendo quando in realtà voleva solo scopare, ma il mio sguardo rimase indifferente, completamente neutro. "Sto facendo un giro." i suoi amici risero. Era come pensavo. "Senti, biondina ce l'hai il ragazzo?" . In quel momento pensai a Dylan. Il mio cuore esplose. Mi mancava terribilmente. Ma dovevo dimenticarlo. Ero lì anche per stare lontana da lui. Risposi fermamente:"No.". Il biondo sorrise guardando i suoi amici e disse:"Sta sera noi cinque e altra gente adiamo alla discoteca Pacha NYC, è a qualche isolato da qui, se vuoi passare..". Io risposi, sempre indifferente. "Vedo.". Derek sorrise, come per nascondere l'imbarazzo che gli causavo non rispondendo ai suoi corteggiamenti. Ci salutammo e proseguii per la mia strada.Camminai a zonzo ancora per un po' entrando in svariati negozi. Mi stavo abbastanza divertendo, ma avrei preferito essere con qualcun altro. In quel momento mi venne in mente il discorso tra me e Dylan quando ci baciammo, quando gli dissi che volevo viaggiare e divertirmi. E in quel momento avrei voluto averlo al mio fianco. Ma dovevo scordarmi di lui e il modo migliore per farlo era stargli alla larga.
Qualche istante dopo il mio telefono si mise a squillare. Di sicuro era Smith. Ma quando i miei occhi si abbassarono sullo schermo del cellulare, quasi mi venne un infarto. Un colpo d'ansia mi pervase da testa a piedi. Era Dylan.
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Heart shot
FanfictionBeth ha una vita difficile. Ha a che fare con uno dei peggiori criminali in circolazione e per guadagnarsi da vivere ruba, spaccia e fa sesso a pagamento. Odiava la sua vita. I suoi genitori morirono quando aveva soli 8 anni e da lì venne tirata su...