Maddie: "Genesi"

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Primo giorno, primo giorno all'inferno. Apro gli occhi e mi ritrovo in un dormitorio vuoto, accanto al mio letto puzzolente c'è solo l'infermiere seduto su una sedia vecchia e scomoda.

«Bunton, finalmente. Alza il culo. Devi lavarti, seguimi» mi ringhia.

Ho ancora la testa offuscata e vedo annebbiato, in più non ho la minima idea di dove io sia. Non faccio in tempo a capire come gira il mondo, che l'infermiere mi prende per i capelli e mi tira giù dal letto, facendomi cadere.

«Dove sono i Carter?» mugolo, preoccupata. Lui scoppia in una risata assordante.

«Non li vedrai per un bel po' di tempo. Il primo mese non sono concesse visite per far abituare voi stronzetti alla vita della casa-famiglia.»

Mi prende di nuovo per i capelli e mi trascina fuori dall'enorme dormitorio. «Ma sono sicuro che tu ti abituerai presto. Ci penserò io a te.»

Finalmente riesco ad alzarmi e a camminare con le mie gambe, quando arriviamo al reparto docce. Qui ci sono una decina di suore che pregano e controllano le ragazze, tutte molto magre e piene di lividi, mentre si lavano. Il pavimento, una volta bianco, è lercio e le pareti delle docce emanano un odore di sporcizia e soprusi. L'infermiere mi butta sotto un getto d'acqua gelida e io, per difendermi e per togliermi da lì, gli graffio il braccio. Appena se ne accorge, mi strappa i vestiti e mi tiene il collo sotto l'acqua, impedendomi quasi di respirare. Sento una voce angelica.

«Anthony, sono sicura che puoi lasciarla a noi. Vai pure.» L'infermiere lascia la presa e cado a terra, tossendo, così la suora chiude il getto e mi aiuta da alzarmi.

«Sono suor Martha. Tirati su e vai ad asciugarti» mi consiglia, indicando una sezione phon e tirandomi addosso un asciugamano di un colore indefinito. Oltrepasso i muri alti e freddi delle docce, poi inizio ad asciugare la mia pelle indolenzita e i vestiti. Scoppio a piangere, dove nessuno mi può vedere né sentire. Nessuno mi aiuta, nessuno mi conforta. Dov'è Maddox? Sono persa e fradicia, qui su un pavimento sporco.

Dopo un lasso di tempo non specificabile in cui perdo i sensi, torna a prendermi la suora.

«Andiamo alla mensa adesso. Seguimi.»

La mensa è immensa; tuttavia, sembra la versione fatiscente del salone di Hogwards. Ci sono molte suore, qualche infermiere e, a capo tavola, quello che sembra essere il direttore, pingue e fiero.

Suor Martha mi indica un posto libero vicino a due biondine e mi obbedisco, andandomi a sedere. Le ragazze sono molto più piccole di me, ma sembrano essersi adattate e non sono per nulla spaventate. Il piatto davanti a me non promette bene: pollo bruciato e patate al vapore vecchie di uno o due giorni. Mangio a forza tutte le patate, ma lascio il pollo, data la mia alimentazione vegetariana. Si avvicina poco dopo un'altra suora, grassuta e superba.

«Perché non mangi il pollo? Non ti aggrada?» mi domanda con voce acuta.

«Non ho fame» rispondo io, semplicemente. Il colpo, uno schiaffo rapido e pesante, non tarda ad arrivare, facendomi sentire il gusto del mio sangue sulle labbra. La suora cattiva lancia uno sguardo all'infermiere, che si avvicina come un leone sulla gazzella. Io la guardo fissa, quando lui mi porta via.

«Genesi, verso ventinove: "Ecco io vi do ogni erba che produce seme e che è sulla Terra e ogni albero in cui è frutto, che produce seme. Saranno il vostro cibo"» urlo, mentre vengo trascinata via dalla mensa.

Un incantevole fiocco #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora