I giorni seguenti furono piuttosto concitati. Nel liceo non si parlava d'altro se non dell'aggressione di Alessandro ai danni di un impiegato comunale. Molti ragazzi si mostrarono impauriti nei suoi confronti, tanto da non avere il coraggio di incrociare il suo sguardo nei corridoi della scuola, o da cambiare addirittura marciapiede non appena lo vedevano camminare per le vie della città. La notizia si era in poco tempo sparsa in ogni angolo di Vedesta, grazie anche all'aiuto di alcuni quotidiani, i quali avevano riportato il fatto sulla cronaca locale. La maggior parte dell'opinione pubblica si mostrò sdegnata ed espresse dure parole di rimprovero in merito all'accaduto, anche se non mancò chi prese le difese del ragazzo, esortando i giudici a decidere secondo umanità e clemenza in sede di comminazione della pena definitiva.
Nel marasma generale, non mancarono giornalisti ed emittenti televisive che fecero a gara per accaparrarsi l'esclusiva, cercando di essere i primi a sfruttare il background infelice del giovane, con il solo fine ultimo di arrivare a guadagnare un ingente profitto. Alessandro, però, non volle mai essere ripreso dalle telecamere, né ebbe intenzione di rilasciare alcuna dichiarazione. In compenso, per supplire a tale mancanza e per placare la famelica ricerca dello scandalo insita nei media, fu la madre a concedersi spesso alle telecamere, soprattutto per evidenziare quanto il figlio non fosse nient'altro che un buono a nulla, nonché un ragazzo violento e dedito alle droghe. Talvolta, si espresse con parole talmente dure e cariche di disprezzo che perfino gli intervistatori non mancarono di ricordarle che era sempre di suo figlio che si stava parlando, e non di un qualsiasi estraneo. Tutto quell'accanimento sembrò essere troppo perfino per degli sciacalli incalliti come lo erano loro. Le uniche persone che non lo abbandonarono mai furono i suoi amici di sempre, i quali non fecero altro che tentare di distrarlo come meglio potevano, aiutandolo a non pensare al processo imminente.
Il pomeriggio prima del processo, come se non fosse successo niente di diverso dal solito, si ritrovarono tutti e quattro insieme sulle ormai note panchine della piazza. I tre amici storici di Alessandro cercavano in qualsiasi modo possibile di dissimulare un certo nervosismo generale, dato in buona parte dall'alta carica di tensione che si respirava nell'aria.
– Stai tranquillo, Botta, ci sono passato anche io, anche se in maniera minore rispetto a te. Nonostante ciò, so benissimo cosa si prova e quindi come tu ti possa sentire. In questo momento devi solo pensare che l'ultima parola spetta al giudice minorile, non ai giornali, né tantomeno alle televisioni, e secondo me è proprio questa la tua fortuna. Io, al tempo, ho avuto la sfiga di essere processato quando ero già maggiorenne, quindi non c'è stato granché che il giudice potesse fare per me; quando invece sei ancora minorenne, la sentenza è in buona parte frutto di una sua valutazione discrezionale. Il ventaglio di possibilità è davvero molto ampio, quindi non fare l'errore di fasciarti la testa prima di essertela rotta del tutto. Certo, la situazione è tutt'altro che rosa e fiori, ma quello che sto cercando di dirti è che ora come ora è ancora troppo presto per disperarsi, almeno secondo quelle che sono le mie attuali valutazioni a proposito dell'intera vicenda. – Mad, visti i suoi innumerevoli problemi con la legge, la sapeva davvero lunga quando si parlava di giustizia penale. Era un peccato che avesse deciso di lasciare il liceo prima di aver conseguito il diploma perché, se fosse riuscito a strappare almeno la sufficienza all'esame di stato, sarebbe stato in grado di laurearsi in giurisprudenza in breve tempo e, soprattutto, a pieni voti. Purtroppo, però, invece che tentare la carriera di avvocato, o magari provare perfino a entrare in magistratura, aveva scelto di sedere in tribunale al posto riservato all'imputato.
– Lo so, Mad, ma non è questo che mi preoccupa. Quello che voi non potete sapere è che, proprio il pomeriggio prima del fattaccio, ho incontrato Paolo sotto casa mia, il quale mi ha riferito che attualmente mancano circa duemila euro di arretrati per il pagamento del canone mensile. Mi ha anche detto che che se non avessi trovato quei soldi entro la fine del mese, io e mia madre saremmo stati sfrattati. Per quanto adesso non sembrerebbe essere più un mio problema, visto che chissà che ne sarà di me già a partire da dopodomani, mi intristisce davvero molto l'idea che lei finisca in mezzo a una strada, senza avere un posto dove stare. Detto tra noi, non sarebbe in grado di affrontare una vita simile e finirebbe certamente con l'ammazzarsi. Se ciò dovesse succedere, sarei io l'unico responsabile, e non penso proprio che riuscirei a vivere con questo peso che mi opprime l'anima. –
– Se il problema riguarda solo questo, non hai di che preoccuparti, Botta. Possiamo pensare noi a trovare quei soldi, per poi portarli direttamente in comune, così da saldare il tuo debito; tanto con qualche busta e un po' di pasticche fai presto a raggiungere una cifra simile. C'è un aspetto che, però, non hai affatto considerato, ovvero quello che riguarda la dipendenza di tua madre: se lei dovesse continuare a seguire questa linea, senza darsi una calmata, basterà far passare qualche mese per poi ritrovarsi, per l'ennesima volta, punto e a capo. –
– Lo so bene, infatti quando si ripresenterà la stessa identica situazione, spero di essere già fuori dal carcere, per potermi occupare dell'affitto e di tutto il resto, come d'altronde ho sempre fatto. Ho solo bisogno di tappare questo buco momentaneo per non ritrovarmi senza casa e con il culo schiacciato sull'asfalto. –
– Botta, per quanto mi riguarda puoi assolutamente dormire sonni tranquilli. Mad ha ragione, non si tratta affatto di una cifra esorbitante. Certo, se tu fossi stato costretto a mettere insieme tutti quei soldi ora con l'ansia del processo imminente, questo avrebbe sicuramente fatto aumentare il rischio di essere beccato e, di conseguenza, non avresti fatto altro che gettare dell'altra benzina sul fuoco. Pertanto, tranquillizzati pensando che ci siamo qui noi. Risolveremo ogni cosa, ti do la mia parola. – Marco, anche in momenti difficili come quello, non si perdeva mai d'animo e cercava sempre di trovare le parole giuste per risollevare il morale dell'amico.
– Marco, senti un po', ma alla fine te la sei scopata Silvia, oppure hai deciso di fare il finocchio come tuo solito? – Senza preavviso, Fava cambiò discorso per non sovraccaricare ulteriormente l'aria di tensione.
– Fava, vai a farti fottere. Questi non sono cazzi tuoi. –
– Ragazzi, avreste dovuto vederlo: lo scemo qui presente è rimasto tutto il tempo abbracciato alla tipa e, nel mentre, le sussurrava all'orecchio una valanga di frasi smielate del cazzo. Se in quel momento avessi ripreso tutto con il cellulare, avrei potuto girare l'inizio di uno di quei patetici film romantici di serie B: ne sarebbe venuto fuori proprio un bel capolavoro, dal titolo "Marco, il soldato innamorato!" –, e per aumentare l'enfasi della frase, Mad colpì l'amico in pieno petto con la mano aperta, suscitando le risate di tutti, ma soprattutto del diretto interessato, il quale divenne prima rosso paonazzo per l'imbarazzo, e in seguito non ebbe più il coraggio di aggiungere altro.
– Se non altro, io mi sono bombato ben bene la mia e, non appena ho finito di far tutto, mi sono rivestito e l'ho lasciata lì a dormire in mezzo agli scogli. Prendi nota soldato innamorato, così si fa! Infatti ora dovreste vedere quanto sta addosso: non la smette più di scrivermi e di inviarmi ste cazzo di registrazioni vocali che non fanno altro che darmi sui nervi perché dico io, alla fine, cosa cazzo registri a fare se puoi chiamarmi? Per ora sopporto, ma al primo giorno utile le do altre due botte e poi...adiós chica! –
– Sì ma così non è giusto. Ce la faccio anche io a trombare con la prima che passa usando il pretesto che sono stato dentro. Che poi, ti fossi fatto un anno, avrei anche potuto capirlo, ma dopo nemmeno due settimane eri già fuori! Secondo una mia teoria, non ti volevano in mezzo ai coglioni neanche i delinquenti in galera, anche perché oltre a noi non so proprio chi potrebbe prenderti –, disse Fava, rivolgendosi con tono sarcastico all'amico, con il chiaro intento di restituire la stilettata ricevuta poco prima.
– Ognuno usa le armi che ha. Dì la verità, Botta: secondo me che hai scassato di mazzate il tipo solo perché non trombavi abbastanza, e hai capito che così facendo avresti ampliato anche tu il curriculum. –
In un attimo calò sul gruppo un silenzio imbarazzante. I quattro amici iniziarono a scambiarsi l'un l'altro sguardi fugaci, dopodiché esplosero tutti insieme in un'unica fragorosa risata di gruppo. Era proprio questo ciò di cui Alessandro aveva bisogno in quel preciso momento: sentirsi ancora parte di quel gruppo di amici, avendo la certezza che, qualsiasi fosse stata la circostanza che si fossero trovati ad affrontare, loro non l'avrebbero mai abbandonato. Quel gruppo per lui non rappresentava nient'altro se non la sua vera famiglia.
Come opliti indomiti, i quattro amici mantenevano saldi la posizione, mentre il Futuro era in procinto di assalirli con i colpi più duri che avesse da sferrare.
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Potrebbe piovere
General FictionQuesto romanzo è strutturato secondo il modello delle "scatole cinesi". Oltre a essere presenti numerose vicende che corrono su binari paralleli, vi è anche la storia di questo pistolero che dovrebbe essere in grado di far redimere il protagonista (...