XXIV

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La polizia fece capolino violentemente all'interno del "Drago Verde" quando erano da poco passate le due del mattino.

Il proprietario non ebbe nemmeno il tempo di provare a chiedere spiegazioni, che venne immediatamente sbalzato via dalla massa di poliziotti irrotti nel locale. Non appena questi raggiunsero il seminterrato, ci fu un parapiglia generale tra quelli che tentarono di raggiungere le vie di fuga, e chi sfoderò le armi per ingaggiare uno scontro a fuoco, nel disperato tentativo di non essere catturato.

Nel giro di pochi minuti il locale divenne un vero e proprio campo di battaglia, con tavoli ribaltati, utilizzati come copertura, oggetti contundenti che volteggiavano da una parte all'altra della stanza, e criminali che esplodevano colpi d'arma da fuoco, al fine di intimorire gli agenti delle forze dell'ordine. La situazione stava lentamente sfuggendo di mano ad entrambi gli schieramenti e sarebbe stata una questione di attimi prima che ci scappasse il morto.

Poco prima che la polizia fosse piombata nel locale, Fabio era in netto vantaggio sul boss. Sarebbero bastate tutt'al più un paio di mani decenti per aggiudicarsi il montepremi massimo dell'intera partita, anche perché non erano rimasti che loro due seduti al tavolo verde, dopo l'uscita dello sguercio dal gioco.

Purtroppo, però, così come era successo con suo padre molti anni addietro, anche a Fabio fu negata la soddisfazione della vittoria poiché, all'arrivo degli agenti, il boss si era visto perso e aveva subito lanciato per aria il tavolo sul quale si stava svolgendo la partita, per farsi spazio nella fuga. Il ragazzo pensò tristemente che sarebbe stato meglio che lo spirito del suo vecchio non gli avesse baciato le carte con un tale ardore poiché, così facendo, aveva permesso che entrambi fossero uniti nella sventura. L'unica differenza tra quelle due sorti tanto simili, era rappresentata dal fatto che, a quel punto, il giovane avrebbe dovuto trovare un modo per fuggire al più presto dal marasma che si era venuto a creare.

Dopo aver raccolto in tutta fretta quante più banconote fosse stato in grado di trasportare, Fabio si guardò intorno alla ricerca di un modo per abbandonare il locale, posto che ritornare al piano superiore per raggiungere l'ingresso principale, era del tutto fuori discussione. Una piccola finestra, posizionata poco sopra il bancone del bar, catturò immediatamente la sua attenzione e il caso volle che per una volta la fortuna gli fu vicino: la stanza aveva iniziato a riempirsi del fumo bianco dei lacrimogeni lanciati dagli agenti di polizia, il quale lo rese praticamente invisibile agli occhi di chiunque, data la statura minuta, tipica di un adolescente non ancora sviluppato appieno.

Con l'intenzione di agire il più in fretta possibile, Fabio si coprì naso e bocca con il lembo inferiore della maglia e, dopo aver rotto il vetro lanciando una bottiglia di birra, trovata per puro caso, da una distanza piuttosto ravvicinata, scavalcò il muro, ricadendo dall'altra parte.

Contrariamente a quanto si aspettava di vedere, non si ritrovò all'aria aperta, bensì all'interno di un complesso reticolo di tubature, probabilmente adibite allo scarico dell'acqua, anche se non avrebbe saputo dirlo con certezza. Percorse fino in fondo tutto il corridoio fino a ritrovarsi davanti ad un piccolo cancello in ferro battuto, facilmente aggirabile, superato il quale, giunse nella sala caldaie. Spalancata l'unica porta che vide davanti a sé, sbucò finalmente nel cortile che dava sul retro del "Drago Verde", appena in tempo per vedere alcuni agenti caricare sulla macchina della polizia un Don Beppe Calvi affranto e, per giunta, ammanettato.

Ce l'aveva fatta: era riuscito ad uscire vivo e vegeto dalla retata della polizia, ma era ancora troppo presto per cantare vittoria, dal momento che tra le mani aveva appena trentamila euro, nemmeno un terzo della cifra richiesta da Jarrod per il riscatto di Jania e di suo figlio.

Il piano a cui Fabio aveva affidato le sorti della sua futura famiglia, era fallito e, nonostante l'idea non gli piacesse per nulla, era giunta l'ora di far approdare la nave alla sua ultima spiaggia.

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