22-PRESENTE

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Ivy se ne stava stesa sulla schiena, sul letto di Daemon, con lo sguardo rivolto al soffitto e le mani che esploravano la pancia sotto le coperte, piano, perché se qualcuno fosse entrato in quel momento sarebbe stato difficile spiegare che non era incinta.

Come aveva fatto a non rendersi conto di ciò che stava accadendo? Come aveva potuto non sentire che il figlio di Daemon stava crescendo dentro di lei?

Adesso che lo sapeva le sembrava impossibile non pensarci, non sentirlo.

Secondo Angel doveva essere già alla terza settimana, ma non c'era certezza che fosse così e non potevano averla: una visita ginecologica avrebbe insospettito i cacciatori, e l'acquiso di uno di quei test digitali avrebbe annullato qualsiasi dubbio avessero a riguardo.

Ivy lo sapeva: sapeva che se lo avessero saputo avrebbero fatto del male a quel bambino e sarebbe morta piuttosto che permettergli di sfiorarlo anche solo con il pensiero. Quel bambino era probabilmente non più grande di un pollice eppure già sentiva di amarlo.

Non immaginava che fosse così. Lo sapeva che le madri amavano i propri figli, ma quello che provava in quel momento, la sensazione di quella piccola vita delicata che le cresceva dentro le riempiva il cuore e le donava una speranza che bruciava nel petto come un incendio. E il pensiero che quel bambino era di Daemon –che era una parte di lui- la faceva sentire così...

Amata.

Erano passati quattro giorni da quando aveva fatto il test, mancavano all'incirca cinque giorni all'incontro di Daemon ed Alan e lei non lo aveva più sentito. Le mancava terribilmente e il desiderio di dirgli dell'esistenza di quella vita la teneva sveglia la notte.

Sarebbe stato felice? Fiero? Avrebbe avuto paura? Si sarebbe arrabbiato per il tempismo con il quale era arrivato? Dio, si trovavano in una situazione di merda, e lei aveva a malapena scoperto dove tenevano le sentinelle. Angel aveva recuperato alcune carte dall'ufficio di Daemon, ma le mappe si trovavano nella cassaforte, al sicuro, e nessuna di loro conosceva la combinazione.

Avevano dovuto arrangiarsi e trovare una via d'uscita per conto loro. Avevano passeggiato per il giardino a lungo, cercando tutte le telecamere di sicurezza: quasi certamente i cacciatori le tenevano tutte d'occhio e avevano dovuto scegliere un posto isolato per organizzare la fuga.

Fortunatamente avevano scoperto un albero vicino al muro che oscurava la visuale di una delle telecamere di sorveglianza che avrebbe permesso a tutte loro di fuggire arrampicandosi e scavalcando il muro. Ma era difficile con i bambini piccoli. Ed era estremamente rischioso.

Veronica, Jillian e Freya avevano paura di provare a fuggire, ma Ivy non poteva biasimarle. Se i cacciatori le avessero beccate a fuggire le avrebbero uccise senza pensarci due volte.

Due colpi alla porta la distrassero e lei si affrettò ad allontanare le mani dal ventre, mettendosi a sedere sul letto.

"Avanti." Rispose.

Un cacciatore fece capolino dalla porta –poteva avere una quindicina d'anni- ed era inspiegabilmente pallido e tremante. Ivy inarcò un sopracciglio: di solito perfino i più piccoli tra i cacciatori imparavano presto a sopportare le crudeltà dei loro genitori e a replicarle, ma questo sembrava così innocente...

"Dovresti seguirmi di sotto..." La sua voce era tanto ferma quanto la sua volontà ed Ivy sospirò, provando tenerezza per lui, mentre scostava le coperte e metteva i piedi per terra per raggiungere il ragazzo.

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