Samir guardava i tre amici divertito.
Li aveva aspettati sveglio fino alle cinque del mattino.
Sapeva di essere molto chiuso a volte, troppo razionale, ma era fatto così. Amava i suoi amici proprio perché lo accettavano così per come lui era, niente di più e niente di meno. Avrebbe fatto qualunque cosa per proteggerli. Era un ragazzo molto intelligente: capiva al volo le situazioni. La notte prima aveva visto Michael e Ashley ridere insieme e lo aveva quasi percepito nell'aria: c'era chimica tra quei due, l'intesa vincente. Era felice per loro ma sapeva che quell'attrazione sviluppatasi così velocemente avrebbe comportato molti ostacoli.
Ora dormivano abbracciati e lei sembrava più bella che mai.
Pensava a queste cose, quando tre colpi forti e secchi batterono alla porta. Erano stati talmente violenti da farlo sussultare.
Scese gli scalini uno a uno, tremando.
"C-chi é?"
"Sono venuto a prendere mio figlio. Se non aprite subito chiamo la polizia e vi faccio sbattere fuori di qui"
Samir non aveva mai sentito quella voce, ma dalle descrizioni che Michael raccontava, non gli fu difficile identificare il visitatore.
"S-signor Jackson...aspetti un attimo"
"Non aspetteró più di un minuto"
Samir corse sulla terrazza a rotta di collo.
"MICHAEL!!! OH CRISTO C'É TUO PADRE GIÙ!!"
Michael era completamente rintronato dal sonno e dalla sbornia.
"Ma cosa diavolo stai dicendo Sam"
"Porca puttana, non capisci. C'é tuo padre alla porta e ti vuole, a costo di chiamare la polizia. Alza il culo da quel divano"
Ashley sbatteva le palpebre lentamente, cercando di capire.
"Tuo padre? Perché é qui?"
Tutta la realtà crollò addosso a Michael in un istante. Gli batteva forte il cuore.
Nadim era stranamente balzato subito in piedi.
"Porca puttana...ha scoperto il nostro nascondiglio. Come cazzo ha fatto?"
"Non lo so...."
Joseph riprese a picchiare la porta.
"Devo andare ragazzi"
"No!" Ashley lo trattenne per la mano
"Ashley lasciami andare. Non posso rischiare che chiami la polizia, ci butterebbero fuori di qui e tu non sapresti dove andare"
Jospeh aveva sfondato la porta. I quattro ragazzi urlarono e Ashley si nascose sotto le coperte.
"AH ECCOTI QUI, RAZZA DI DELINQUENTE"
Si era avventato contro il figlio e lo teneva per i capelli.
"Joseph...lasciami! Cosa ti prende!?"
"CAMMINA"
Ashley uscì dal suo nascondiglio. Non avrebbe dovuto farlo, ma non poté farne a meno.
"Lo lasci stare!!" gli urlò, colpendolo al braccio con un pugno.
Joseph si voltò di scatto. Alla vista della ragazza sembrò raggelarsi. La guardò in un modo che avrebbe spaventato chiunque, sembrava avesse una grande voglia di saltarle addosso e sbranarla. Lei non era affatto spaventata, come se ci fosse abituata. Nadim e Samir invece la presero per i polsi.
"A-Ashley torna dov'eri, lascia perdere"
"S-si Ashley...fatti i fatti tuoi"
Ma lei si dimenava, con le lacrime agli occhi.
"Non deve portarlo via!!" diceva.
Joseph spinse a terra Michael e prese la faccia di Ashley con una mano, stringendole il mento tanto da farle male.
"Quindi sei tu la puttanella di ieri sera?"
Ricevette uno sguardo sbalordito come risposta, identico a quello degli altri.
Michael si era alzato e gli era andato addosso, cercando di liberare Ashley dalla sua presa, ma gli arrivò un violento schiaffo sulla guancia.
"Io non so di cosa parla" gli rispose Ashley.
"No? Ma lo so io. Vi ho visto ieri fuori dal pub, mentre vi baciavate e vi ho seguito"
Michael non ricordava nulla, tantomeno Nadim.
Joseph aggredì la ragazza, tirandole i capelli e costringendola a inginocchiarsi.
Nadim e Samir si gettarono in suo soccorso, Michael era troppo fuori di sé per riflettere. Provò a graffiare il viso del padre, ricevendo una ginocchiata in pieno stomaco, talmente forte da mozzargli il respiro.
"Ecco cosa succede a disubbidirmi. Per colpa tua e delle tue puttane il gruppo andrá a farsi fottere"
Era sempre quello il suo unico problema: i Jackson Five, il gruppo musicale suo e dei suoi fratelli. In casa Jackson c'era il divieto di uscire con una ragazza: le donne, come diceva Joseph, erano solo fonte di guai per i cantanti e con le loro chiacchiere e la loro voglia di attenzioni portavano sempre allo sfascio.
"Ora cammina a casa e non fare storie se non vuoi che ti rompa le ossa".
Michael guardò gli amici, fiero. Non voleva mostrarsi debole davanti a loro e tratteneva le lacrime con tutta la sua forza, combattendo contro il nodo doloroso che gli stringeva la gola. A testa bassa scese le scale e andò via, strattonato dal padre.
Ancora una volta gli veniva negata la felicitá.
Ancora una volta veniva costretto ad andare contro la sua volontá.
Si sedette in macchina, nel sedile posteriore. Dal finestrino retrovisore vide Ashley affacciata al balcone della terrazza. Era scossa dai singhiozzi, piangeva in silenzio, con una mano davanti alla bocca.
Anche Michael piangeva adesso. Lacrime di rabbia e frustrazione, le peggiori. Stava tornando in quella che non considerava casa sua, lontano dalla sua vera famiglia.
Arrivederci mia piccola dolce Ashley.
Non ricordava di averla baciata. Al solo pensiero si sentiva a mille e allo stesso tempo incredibilmente confuso. Era stato lui a prendere l'iniziativa? Lei ricordava qualcosa? Era stato solo l'effetto dell'alcool?
Troppe domande senza risposta.
Non sapeva più cosa pensare, addirittura non riusciva a capire cosa davvero provava per Ashley.
Non credeva nel colpo di fulmine: quelle sono solo sciocchezze per bambini. Aveva 19 anni, a quell'etá é tutto più difficile e nessun sentimento viene provato per caso. Sapeva solo che voleva proteggerla e che in quel momento gli mancava più che mai.
"Scendi" gli ordinò Joseph.
Michael entrò in casa come un condannato a morte.
La madre Katherine gli gettò le braccia al collo: "Figlio mio...eravamo così in pena per te, dove sei stato?"
"Mamma..."
Ma Joseph lo aveva giá strappato alle braccia della madre, trascinandolo in camera sua e chiudendo la porta a chiave.
"Bene. Da domani ricominciamo le prove e se quel ragazzo continuerá a rendermi la vita difficile se ne pentirá amaramente".
Tutti i fratelli e le sorelle di Michael si strinsero uno con l'altro.
"E che vi sia di esempio. Chi si mette contro di me può solo finire male"
***
Qualche settimana dopoMICHAEL'S POV
16 giorni, 4 ore e 21 minuti.
Tutti quei giorni trascorsi a piangermi addosso, da solo.
A nulla erano servite le parole di mia madre, i tentativi dei miei fratelli di tirarmi su il morale. Nulla, nulla mi avrebbe più reso felice.
Che fine aveva fatto Ashley? La mia Ashley, la mia bambina. Non c'era modo di comunicare con Nadim e Samir, Joseph mi teneva sott'occhio.
E così rieccomi catapultato nella realtá, dopo essermi svegliato da un sogno troppo lungo.
La musica mi aveva salvato la vita tante volte. Mi piaceva cantare, non lo nego. La danza poi... é un dono di Dio.
Ma succede a tutti di arrivare a un punto della vita i cui ci si chiede se tutto quello che si ha sempre sognato ha davvero un senso e io non ne ero più sicuro.
Avevo ricominciato a provare in salotto con i miei fratelli, ma l'energia mi stava pian piano abbandonando e non facevo altro che ricevere botte su botte per la mia apparende pigrizia e per il mio disinteresse.
"Si può sapere che ti prende Mike? Dovresti smetferla di piagnucolare per una ragazza e rimetterti a lavoro", spesso mio fratello Jackie mi rimproverava così.
Ma che poteva saperne lui dei miei sentimenti, del mio mondo. Nessuno oltre me poteva capirmi.Passarono tanti altri giorni e soprattutto tante altre notti, trascorse tra pianti e pugni dati al cuscino.
Joseph aveva organizzato un grande concerto per noi l'indomani: ci saremo esibiti insieme a cantanti e showmen di altissimo livello.
Avrei dimostrato a mio padre e alla mia famiglia quanto valevo.
Avrei sorriso, cantato e ballato come al solito e il pubblico avrebbe pensato che quel giovane ragazzo era incredibilmente felice.
Poi sarei sceso dal palco: giù la maschera. Avrei detto addio al ragazzo felice e sarei tornato a me e ai miei pensieri.Joseph ci aveva riuniti tutti in salotto.
Misurava il pavimento a grandi passi, girandoci attorno.
"Domani avete il concerto. Non voglio vedere nemmeno un errore, dovete essere maledettamente perfetti per arrivare dove penso di farvi arrivare"Riecco i suoi stupidi discorsi. Li faceva sempre il giorno prima dei concerti, sembrava recitasse un copione banale.
La sua voce faceva solo da sfondo ai miei pensieri. Guardai fuori dalla finestra. C'era un bel sole. Chissá che panorama si godeva dalla terrazza del numero 16 di Kennedy Street.
Forse Ashley si stava pettinando i capelli seduta sul davanzale. Forse era sola e pregava che tornassi. O forse si era giá scordata di me."...e dunque voglio vedervi carichi, precisi e attenti. MICHAEL"
"....s-si si, sto ascoltando"
Mi rivolse uno sguardo di disgusto e riprese a parlare, ma si zittì un attimo dopo.
La mamma discuteva ad alta voce con qualcuno.
"Vai via ragazzino, Michael é molto occupato e non può parlare con te"
"Signora Jackson la prego. La prego! Non vi disturberei se non fosse importante, maledizione!"Era Samir. E sembrava piuttosto nervoso.
"Ho detto di andartene" continuava mia madre.
Scansai tutti e aprii la finestra.
"SAMIR!!! SAMIR SONO QUI!"
"Michael!!!" mi urlò, guardando in alto e schermando il sole con una mano.
Joseph mi trascinò via di lì e chiuse la finestra. Era furibondo."Tu....mi dai solo problemi. Se non mi fruttasi così tanti soldi ti ammazzerei. Torna a lavoro".
Non potevo. A costo di morire, questa volta non lo avrei fatto.
Samir aveva capito la situazione e urlò con quanto fiato aveva in gola, in modo che io lo sentissi comunque."L'HANNO PRESA. L'HA TROVATA"
Silenzio. Fuori e dentro di me.
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Make A Wish.
FanfictionCerti incontri ti cambiano la vita. Michael Jackson, un giovanissimo cantante di successo in cerca della felicitá, si troverá costretto ad intrecciare la sua vita con quella di Ashley, una misteriosa ragazza mulatta che scappa da un destino che le é...