Occhi

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Michael se ne stava seduto sul bordo del letto, coi pugni affondati nel materasso e lo sguardo fisso sulla nebbia di Londra, che appannava il vetro della finestra. Non sapeva nemmeno da quanto tempo fosse lì.
Sentiva, forse per la prima vera volta nella vita, una rabbia incontrollabile. Non si trattava solo di tristezza o di nostalgia, ma di rabbia allo stato puro. Il suo migliore amico gli era morto davanti agli occhi, senza che lui potesse fare nulla per salvarlo, per tenerlo ancora con sé.
Era stata la notte più lunga della sua vita. Non riusciva a pensare ad altro che non fosse il viso di Nadim, insanguinato e sudato, che gli rivolgeva l'ultimo saluto. Avrebbe voluto cancellare per sempre quel ricordo e pensare a lui come aveva sempre fatto: immaginandolo con un sorriso e una battuta sporca sempre sulle labbra, immaginandolo come il migliore dei suoi amici, con i suoi consigli indispensabili che gli avevano permesso di andare avanti nella vita, con le sue rassicurazioni, i suoi scherzi, i suoi abbracci da fratello. Bastavano quelli a scaldargli il cuore e il pensiero di non poter sentire mai più le sue braccia attorno alla schiena lo faceva sprofondare in un'amarezza mai provata.
L'unica domanda era "perché?". Il conducente di quel camion, un certo Davis Conan, non si era fatto un graffio, protetto dalla massa del suo veicolo. Aveva detto alla polizia che i freni del camion si erano improvvisamente bloccati, che non aveva potuto fare nulla per impedire quella catastrofe. Tutto era stato verificato. Il camionista era vivo, Nadim era in una bara di legno pronta per essere spedita ad Encino il giorno dopo. Samir aveva deciso di celebrare lì i funerali del fratello, in quello che era stato il loro quartiere. "Nadim avrebbe voluto così" diceva.

Michael buttò la testa all'indietro e cercò di respirare lentamente e profondamente. Era a pezzi. Quando si sentiva così era Nadim a tirarlo su di morale e ci riusciva sempre senza troppi sforzi. E adesso?
La porta della suite si aprì. Michael non si voltò nemmeno, riconosceva quei passi leggeri.
"Ashley voglio stare da solo" disse, seccamente.
Aveva trascorso una notte terribile, insonne. Ashley gli era stata sempre accanto, ma incapace di dire una sola parola sensata per consolarlo da tutto quel dolore.
"Non voglio lasciarti solo"
"Per favore" la supplicò.
Ma lei si sedette sulle sue ginocchia.
Due profonde occhiaie testimoniavano la durezza della notte trascorsa. Anche lei soffriva profondamente, Nadim era come un fratello.
"Nadim mi ha detto di prendermi cura di te ed é quello che farò"
Ashley percepì un moto di stizza in Michael al solo pronunciare il nome dell'amico. Era rigido, con i nervi pronti ad esplodere nel peggiore dei modi.
Gli prese la testa e se la portò al petto. Iniziò ad accarezzargli i capelli, affondando le dita tra i riccioli morbidi. Michael iniziò a piangere, prima silenziosamente e a denti stretti, poi a singhiozzi.
"Va bene così amore, piangi" gli sussurrò.
La freschezza della pelle di Ashley sulla sua guancia lo faceva perlomeno sentire protetto.
"Ash... voglio morire anche io. Non voglio stare in un mondo senza Nadim"
"E non pensi a me? A come potrei stare io senza di te? Sei l'unica persona che mi rimane al mondo"
Lui tirò su col naso, asciugandosi le lacrime col polso.
"Com'é possibile che sia successo? Com'é possibile che fino a ieri pomeriggio eravamo tutti e quattro insieme e oggi lui non esiste più?"
Ashley gli baciò la fronte: "Ma certo che esiste Mike. É stato talmente importante per noi che sembrerá di essere con lui tutti i giorni"
"Stronzate" rispose, sprezzante: "Lui non c'é e non ci sará mai più. Questa é la veritá". Sentire quelle parole pronunciate dalle sue labbra, lo fece piangere ancora più forte. Anche Ashley si era abbandonata alle lacrime.
"Samir voleva chiederti di leggere qualcosa in chiesa domani"
Lui la guardò sconvolto: "Io non vado al suo funerale"
"Che cosa?!"
"Non verrò. Dite quello che volete, ma non andrò a vedere quando lo metteranno sotto terra"
"E così vuoi lasciarlo solo?"
"Lasciarlo solo?! É morto, Ashley!! É lui che ha lasciato solo me!" le urlò.
Lei lo guardò. Avrebbe voluto dirgli tante cose, avrebbe dovuto dirgli che Nadim non l'avrebbe fatto, che fino all'ultimo gli sarebbe stato vicino, che mai avrebbe permesso che ci fosse stato qualcun altro a dargli l'ultimo saluto. Ma non disse nulla. Si asciugó le lacrime e lentamente si alzò dalle sue gambe, lasciandolo solo.
Quando se ne fu andata, Michael lanciò un pugno fortissimo contro il materasso, gridando tutta la sua rabbia.

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