Conflitto d'amore

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Michael si guardava riflesso nello specchio. Gli piaceva fissare quel triste se stesso negli occhi, analizzare ogni singola contrazione del suo viso, riconoscere il velo di malinconia che gli offuscava lo sguardo e gli impediva di vedere la strada giusta da percorrere.
Indossava solo i pantaloni del pigiama. Scrutò le linee definite dei muscoli che andavano ad ingrossargli il petto e le percorse con un dito.
Si guardava e si compativa. Per la prima volta nella vita provava pietà per l'uomo nello specchio. Non aveva mai perso tempo a piangersi addosso, era sempre riuscito in un modo o nell'altro a trovare una soluzione per andare avanti, per non cadere dritto nel precipizio. E invece ora sentiva solo il vuoto attorno a se, sotto i suoi piedi. Stava cadendo lentamente, ma inesorabilmente, nella voragine della rabbia e della paura. Pensava a quanto era stato penoso perdere Ashley la prima volta, rimanere schiavo di suo padre, fare il suo burattino per quasi una vita e poi vedere sfracellarsi tutti gli altri tasselli: era caduto nella trappola di una donna senza cuore, aveva perso una figlia che non era la sua, il suo migliore amico... e ora, per la seconda volta, la sua donna.
No, non c'erano più motivi per rialzarsi ora. Senza Ashley, Nadim, Jane... dove avrebbe trovato la forza?
Sarebbe tornato da Samir, avrebbe trascorso con lui il resto della vita se Dio glielo avrebbe concesso.

"Dio. Devi odiarmi per farmi tutto questo male" disse, così a bassa voce che si chiese se lo avesse detto davvero.
Perché a lui? C'é tanta gente a questo mondo che merita di stare male. Lui non aveva fatto altro che vivere per la felicitá degli altri, era stato buono, onesto. D'improvviso, la voce di sua madre che proveniva dall'infanzia, gli tornò in mente:
"Dalla vita ci arriva solo ciò che siamo capaci di sopportare"
Saggia donna. Quanto gli mancava.

Pensò alla musica. Avrebbe potuto abbandonarla per Ashley. Avrebbe potuto dire addio a quell'unica felicitá che si era costruito con pazienza e tutto si sarebbe risolto. Strinse forte un pugno.
Non poteva. Si tormentava per questo, ma non poteva farlo. Lei aveva detto che non poteva rinunciare alla strada che le indicava il suo cuore, ma nemmeno lui ci sarebbe riuscito. Perché avrebbe dovuto rifiutare l'unica pallida fonte di piacere che gli era rimasta per una donna che non era disposta a sacrificarsi per lui?
Gettò il capo all'indietro, perdendosi in quel soffitto fatto di paglia, quel soffitto che non era il suo.
Voleva tornare a casa e ci sarebbe tornato.
Proprio in quel momento, Ashley aprì la porta del bagno, con un tocco vellutato. Vide Michael davanti allo specchio con un'espressione che non richiedeva interpretazioni.
Strinse le labbra tra i denti, senza riuscire a staccare lo sguardo dal pavimento.
Dopo quell'inattesa litigata non si erano ancora rivolti la parola. Durante la notte Ashley aveva cercato di parlare con lui, ma non rispondeva. Tipico di Michael ignorare la fonte di disturbo.
Eppure fu proprio lui a parlare per primo: "Cosa vuoi?"
Quel tono secco e privo di colore le fece talmente tanto male che la ammutolì ancora di più, se possibile.
"Che cosa vuoi?" ripeté scandendo le parole, irritato.
Ashley sentiva il respiro farsi più pesante e la gola arida.
"Niente" disse tristemente, stando attenta a non mostrare quel fragile luccichio degli occhi. Fece per voltare le spalle e richiudere la porta, ma Michael glielo impedì.
Teneva i denti serrati.
Ashley lo conosceva troppo bene per non capire che stava per scoppiare.
Inaspettatamente le prese entrambe le mani e le chiuse nelle sue, stringendole con delicatezza.
"Ti prego. Dimmi che ieri notte non parlavi sul serio" disse, flebilmente.
Non aspettò la risposta e continuó:
"Hai fatto entrare il sole nella mia vita Ashley. Il sole nel buio più totale. Ho superato tante cose finora, troppe. Ora sono stanco, tanto tanto stanco. Ho bisogno di fermarmi un attimo. Sto soffrendo come un cane, anche se cerco in tutti i modi di non fartelo pesare. Non posso più nasconderlo, sto soffrendo più di quanto non meriti. In tutta questa merda sei l'unica mia speranza. So che verrà il giorno in cui sarai mia moglie, in cui potrò finalmente abbracciare un figlio che mi somiglia. Questo pensiero mi ha sempre sostenuto. Ma se ora anche tu te ne vai..."
Distolse lo sguardo da quegli occhi che col loro silenzio lo trafiggevano. Si inginocchiò davanti a lei, poggiando la testa riccioluta sulle sue gambe.
"Devo credere di essere abbastanza per qualcuno. Credevo di esserlo almeno per te. Non troveresti mai più nessuno che ti ami così tanto, sono pronto a scommettere la mia vita. Mi mancheresti troppo, più di chiunque altro. Non potrei avere nessun' altra donna senza pensare a te. Le mie mani conoscono il tuo corpo più di quanto non conoscano il mio, i miei occhi si nutrono di te. Non potrei toccare il corpo di un'altra donna, né guardarla senza sentirmi morire ricordandomi di te. La tua fronte e la tua soltanto si incastra sulla mia spalla perfettamente. Io sono tuo completamente, ogni parte di me ti appartiene. Non lasciarmi, te lo chiedo in ginocchio, non mi importa quanto io possa sembrare debole. Sono vulnerabile solo al pensiero di non averti più con me"
Aveva parlato tutto d'un fiato e Ashley era rimasta sbalordita e stordita allo stesso tempo. Gli accarezzò i capelli e si inginocchiò davanti a lui, che aveva tenuto la testa bassa tutto il tempo. Gli mise due dita sotto il mento costringendolo a guardarla. Scoprì i suoi occhi pieni di lacrime.
"Va bene" disse, semplicemente.
"Cosa?"
"Partirò con te domani"
Ora le lacrime di Michael erano solo di felicitá. Si sentiva miracolato. Tutto si sarebbe aspettato, tranne che un "va bene". Credeva che sarebbe inconinciato il periodo più oscuro della sua vita e invece no, tutto al contrario.
Le prese il viso tra le mani: "Oh Dio. Grazie. Grazie"
Lei sorrise debolmente.
"Perdonami" gli disse.
"Non importa, é tutto passato, non pensiamoci più. Vieni qui"
La fece alzare e la prese tra le braccia.
La culló così per un po' di tempo, davanti allo specchio.
Ora l'uomo riflesso era felice, quello stesso uomo che poco prima non era più che un cadavere.
Ashley continuava a baciargli il collo, a stringergli piano la pelle tra i denti.
"Non ti lascerò solo. Scusami amore mio, scusa. Sono tua"
Quelle parole erano musica per lui. Aveva il cuore leggero.
"Ti amo più di prima oggi"
***
ASHLEY'S POV

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