Addio, fratello

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MICHAEL'S POV

Non avrei mai potuto farla soffrire. Mai.
Avrei preferito morire piuttosto che farle del male in qualunque modo.
Odiavo Jessica e quel maledetto bacio. Non sapevo se lo avesse fatto coscientemente o no, ma tutto me stesso la detestava. Ero nervoso quel giorno, incredibilmente agitato. Tenevo la mano di Ashley stretta tra le mie dita, accarezzandole le nocche col pollice. Jessica non si era fatta vedere né a colazione né a pranzo.
Tanto meglio, anche se la mia piccola Jane mi mancava. Quella bambina mi tormentava. Sentivo di amarla e questo mi spaventava. Avevo paura di perdere Ashley, amando Jane.
Eravamo seduti sul divano di un grazioso salottino dell'hotel, la televisione blaterava da mezz'ora ma io non la guardavo nemmeno. Fissavo un punto indistinto del tappeto persiano, con la fronte aggrottata e una vaga espressione adirata.
Sentivo lo sguardo preoccupato di Ashley su di me. Non parlava, ma sapevo che era pensierosa.
"Amore, perché sei così silenzioso?"
Mi voltai a guardarla con un sorriso forzato.
"Ho paura. Ho troppa paura di perderti". Poggiai la testa sulla sua spalla e, come speravo, iniziò a massaggiarmi i capelli.
"É per quello che ho fatto ieri?"
La sua flebile voce colpevole mi fece quasi venire le lacrime. Le baciai il dorso della mano.
"No. Non potevi sapere quello che era successo"
"Faccio solo casini" sbuffò e allontanò lo sguardo da me, imbarazzata.
"Tra poco dovrebbe tornare Samir" dissi, per cambiare discorso.
"Lo so, lo hanno dimesso stamattina. É un miracolo che sia ancora vivo"
Era proprio così. Un vero miracolo.
Non potevo immaginare una vita senza Samir e Nadim. L'amicizia é una forma di amore unica, un ponte tra due cuori. E il ponte che univa me e loro non si sarebbe mai spezzato, mai e poi mai.
"Ash..."
"Si?"
"Io voglio che Jane sia mia figlia"
Ashley sussultò.
"Perché?"
Non sapevo rispondere a quella domanda. Il perché era ovvio, così come era incredibilmente inspiegabile.
"Perché la amo Ash"
Sentivo il suo petto andare su e giù più velocemente. Mi costrinse a guardarla negli occhi.
"Sarai per sempre legato a Jessica. É questo che lei voleva e questo é quello che ha ottenuto. Ti ha fatto affezionare alla bambina per tenerti vincolato a lei e ferire me"
Sentii la rabbia montarmi in corpo. Non contro Ashley, ma contro me stesso.
"Non volevo che succedesse così Ash. Io lo volevo da te. Volevo essere il padre di tuo figlio. Ma non é andata così"
Lei serrò la mascella e rimase zitta.
"Tra tre giorni dobbiamo lasciare l'hotel. Devo partire per continuare il tour e..."
Lei batté la mano sulla coscia, in segno di stizza.
Mi zittii. Avevo capito che non era il momento giusto per parlare, che lei soffriva tanto quanto me. Dovevo girare gran parte del mondo per lavoro e non volevo che lei mi seguisse ovunque come un cagnolino. Sarebbe venuta con me a Los Angeles, certo, avrebbe vissuto nella mia casa, ma ero cosciente del fatto che per molto tempo non l'avrei potuta vedere e lo era anche lei. Sapeva che mi sarei dovuto dividere tra lei e Jane. E per questo soffriva. E io con lei.

La porta di ingresso si aprì con un uno scampanellio.
"Fratello, il nostro eroe di guerra é tornato!!!". Nadim era entrato di corsa nella stanza, col suo sorriso bianchissimo e una risata gioiosa.
Ci alzammo in piedi. Samir fece capolino con la testa dallo stipite della porta, fischiettando.
"SAMIR!!"
Io e Ashley gli gettammo le braccia al collo.
"Piano, piano... rischiate di uccidermi più di quanto non abbia fatto quel maledetto succo di frutta"
Non lo ascoltavamo e lo stringevamo più forte.
"Sam, che spavento ci hai fatto prendere" gli dissi, con le lacrime agli occhi.
"Siamo sentimentali Jackson?" rispose, con un sincero sorriso commosso.
Mi accorsi di quanto era magro e pallido. Era molto provato dai giorni in ospedale e dalla febbre e il fantasma di quella sofferenza era ancora visibile sul suo viso.
"Bene, a dopo i festeggiamenti. Ora Samir va a farsi una doccia e a riposare"
"Va bene mamma" disse lui, alzando gli occhi e dando una pacca sulla spalla al fratello.
Dopo che se ne furono andati, sentii il rumore degli inconfondibili passi di Jessica, arrivata a rovinare la mia improvvisa serenitá con la sua sola presenza.
Non la guardai nemmeno e così fece Ashley. Anzi, mi si sedette sulle gambe, con la guancia poggiata all'incavo del mio collo. Il suo respiro sulla pelle mi procurò dei piacevoli brividi lungo la schiena.
Jessica si avvicinò a noi e si parò davanti alla televisione.
"Ashley, devo parlarti"
Jane mi regalò un meraviglioso sorriso sdentato appena mi vide e mi tese le braccine, come faceva sempre.
Crollai, in ginocchio davanti al mio autocontrollo. La presi subito in braccio, non potevo resistere a quel sorriso.
Ashley era durissima: "Non abbiamo nulla da dirci"
"Sfortunatamente si"
"Allora ascolterá anche Michael"
Rivolsi uno sguardo di sfida a Jessica.
Lei sgignazzò: "Sei proprio una bambina" e fece per andarsene, ma Ashley la prese per un braccio e la scrollò.
"Allora insegnami tu a fare la donna. O forse dovrei dire la puttana, perché non sei degna di essere chiamata donna"
Jessica la spinse violentemente contro il muro. In un baleno lasciai la bambina sul divano per balzare verso Ashley: aveva raschiato il braccio contro la parete e ora la pelle sbucciata sanguinava. Jessica le rivolse uno sguardo di disprezzo assoluto, stringendo le palpebre.
"Ma che cosa vuoi da noi?!" le urlai.
Fece un passo verso di me, fissandomi in un modo maligno.
"Tra un paio d'ore vado a ritirare il tuo fottuto test del DNA. E che questa mocciosa sia tua figlia o no, non mi interessa, la butto nel primo cassonetto che trovo, io non la voglio" sibilò.
Non ci vidi più.
Le presi il polso, stringendoglielo forte nella mano. Lei gemette per il dolore, ma non mi importava.
"Tu non farai proprio niente, né a Jane né ad Ashley. Non so a che sporco gioco tu stia giocando, ma fai una mossa falsa e te ne farò pentire"
Lei mi sputò in faccia, con un ghigno. Ashley stava per saltarle addosso dopo quel gesto, ma io la fermai col braccio. Jessica se ne andò, furibonda.
"Stai bene?" chiesi ad Ashley.
"E tu?"
Feci di no con la testa. Non stavo bene. Mi passai una mano sulla faccia.
Presi Jane in braccio. Aveva il profumo dei bambini nei capelli.
La abbracciai e piansi.
Ti proteggerò da tutto, piccola mia.
***

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