11. Pensieri,Parole e Azioni

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«Una parola muore appena detta:
dice qualcuno.
Io dico che solo in quel momento
comincia a vivere».
Emily Dickinson
Qui e ora. Intimità.

Pioveva. Sui loro vestiti primaverili ammassati distrattamente in un angolo, sulla loro favola, labile e perfetta. Hermione, vestita della sola camicetta, teneva la testa sulla spalla di Draco, che giocava con uno dei suoi riccioli capricciosi e fumava una sigaretta, in silenzio. Anche lui aveva la camicia addosso e la cintola ancora slacciata. Pensava, Hermione. Si domandava, in religioso silenzio, fino a quando sarebbe durata quella fragile bolla di sapone, splendidamente effimera, che portava il loro nome. Quella notte, strana e bellissima, in cui lui e lei erano diventati loro. Pensava alla totale mancanza di

(paura)

inibizioni con la quale si erano concessi l'uno all'altra. Qualunque cosa fosse venuta dopo, quello che c'era stato tra loro non sarebbe mai stato cancellato. Perché era stato

(giusto, perfetto)

coinvolgente, emozionante a livelli tali che lei non aveva mai immaginato di sfiorare. Aveva spazzato via ogni dubbio, ogni rimorso, per fare spazio alla dolcezza di quel momento, aggrapparvisi prima che la bolla scoppiasse e loro tornassero ad essere lui e lei. Divisi da secoli di tradizioni troppo imprescindibili per poterle ignorare.

L'intimità è una cosa strana. Non puoi semplicemente decidere di condividerla con qualcuno, prima deve scattare un meccanismo più complesso di qualsiasi incantesimo conosciuto. Con Ginny era stato facile, per esempio. Uniche ragazze in una tribù di uomini, si erano trovate a condividere momenti di ogni genere, dalle confidenze sui maschi alla sindrome premestruale.
Con Harry, l'intimità era fatta di piccoli gesti, di pacche sulle spalle, di abbracci affettuosi. Lui si sentiva in dovere di proteggerla, lei si sentiva in dovere di aiutarlo. Come fratelli, accomunati dall'essere cresciuti in un mondo diverso da quello a cui appartenevano naturalmente.
Non aveva mai provato l'intimità profonda che nasce tra un uomo e una donna, dopo l'amplesso. I suoi incontri con Ron erano passati dall'essere teneramente impacciati all'essere, beh, normali. Come una conversazione sul tempo. Appena finito, lui si alzava, con una scusa o con l'altra, andava in bagno e dopo si faceva un panino, o leggeva il giornale. O tutte e due le cose. Mentre lei restava sul letto a provare un senso di vuoto, da mitigare solo con le proprie braccia. L'intimità di due amanti era un bene raro e prezioso, da non dare mai per scontato. Hermione lo capiva, adesso. Qui e ora, pensò, mentre la viveva.

- Ti insegnerò a volare - disse Draco, piano.
- Cosa? -.
- Ho detto che ti insegnerò a volare. Se vuoi -.
- Stavi ascoltando? - gli domandò.
- Ogni parola - rise lui, sotto i baffi.

Hermione avvampò. Gli aveva fatto un resoconto della propria vita, senza considerare la possibilità che lui, pur sfiancato dalla febbre, stesse davvero ascoltando e non si limitasse a lasciarsi cullare dal tono leggero e rilassante della sua voce.

- Cosa ti fa pensare di riuscirci? - chiese in tono di sfida.
- So perché non ce la fai - rispose lui, semplicemente.
- E il motivo sarebbe? -.
- La maggior parte delle persone che ha paura di volare, ha paura di cadere. Concordi con me, mezzosangue? -.

Ancora quel soprannome, senza acredine. Era quasi bello, detto a quel modo.

- Immagino di sì, furetto -.

Lo sentì sorridere, nel buio.

- Tu no. Tu temi il volo stesso -.
- Non ti seguo - disse lei, sorpresa.
- Perdere il controllo. Abbandonarsi. Sono cose che non fanno parte della tua...immagine pubblica. In questo - proseguì quasi distrattamente, avvolgendosi un ricciolo di lei attorno al dito - sei più simile a me di quanto immagini. Solo che i nostri motivi sono diversi -.

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