29. Sette Giorni

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«Il settimo giorno,
Dio compì l'opera che aveva fatta,
e si riposò»
Genesi, 2: 2.

- Stai uscendo? -.

Hermione era sulla porta con la borsa a tracolla, la busta con la foto stretta in mano e un'espressione inconfondibilmente colpevole dipinta sul volto: poteva vederla dallo specchio in corridoio, quello che in quel momento rifletteva lei e Ron che si fronteggiavano, somigliando più a due nemici che a due amanti.

Il che, le venne da pensare, suonava più realistico di quanto non avrebbe mai immaginato.

- Allora, stai uscendo? - il giovanotto ripeté la domanda, fissandola, torvo.
- Io... sì, - annuì lei, precipitosamente. - Sto andando dai miei, volevano vedermi -.
- Ah - commentò Ron, con voce incolore. - Senti, perché non aspetti domani pomeriggio? Ti accompagno, se vuoi -.
- Grazie, ma non è necessario - rifiutò lei, tentando di mostrarsi cortese.

Era assurdo, si disse, mentre continuava con i suoi goffi tentativi di arginare i sospetti di Ronald. Sicuramente era tutto un gigantesco, incredibile malinteso. Le venne quasi la tentazione di parlargliene, perché lui era l'unico

(l'unico che ti possa amare, tutti gli altri vedono solo Hermione Saputella Gran...)

....ger, lo farei volentieri -.
- Scusa? - boccheggiò lei, colpita dal ricordo improvviso del rumore di uno schiaffo.
- Ho detto che è un po' che non vedo i signori Granger, lo farei volentieri - ripeté il giovane, sorridendo cordiale.
- Dimmi una cosa. Hai detto che sono stata via per più di un mese e quando sono tornata ero già ammalata, giusto? -.
- Sì - rispose Ron, spostando lo sguardo sul pavimento.
- Non è che sono tornata per una breve visita? - domandò la ragazza. - Mia madre dice che non ci vediamo da un mese, ma se ero ad Hogwarts, mi domando come sia possibile. Ne dovrebbero essere passati almeno due -.
- Sì, beh. Forse si è confusa - bofonchiò il ragazzo, passandosi una mano nella folta zazzera rossa.
- Certo - Hermione sorrise, accondiscendente. - Bene, forse hai ragione. A che ora finisci di lavorare domani? Vengo a prenderti e pranziamo assieme - propose.
- Oh - il viso di lui si distese istantaneamente, mostrando il solito Ron, quello a cui Hermione era così affezionata.

Quello che forse non esiste, Hermione. Tienilo a mente.

- A mezzogiorno - continuò il ragazzo. - Per te va bene? -.
- Benissimo - annuì Hermione, convinta.
- Pensavo - disse ancora lui, incoraggiato, - che stasera potremmo... Sai, non abbiamo più... Da quando sei tornata, noi... -.

Eccolo, il suo ragazzo che le chiedeva di fare sesso, eccitante come un paio di vecchi calzini. Niente a che vedere con

(lui che, inginocchiato di fronte a lei risaliva lentamente con le mani e la bocca, pervadendola di un fuoco tanto sacro quanto blasfemo per l'ardore con la quale la guardava)

morsi, rincorse e affanni dettati dalla passione. Soprattutto, niente a che vedere con intimità e desiderio, ma piuttosto con una sensazione di estraneità, di profondo fastidio. Il pensiero di fare... sesso, non l'amore - perché fare l'amore non era qualcosa che lei riuscisse a collegare con Ronald, non più - con luile dava quasi la nausea. E lei era incinta e Dio solo sapeva chi fosse il padre. Hermione, certamente no.

Sono sciocchezze, non posso essere stata a letto con Malfoy.
Sicura? E allora come li spieghi quei sogni?
Suggestione, suppongo.
Scommetto che anche la consistenza precisa delle sue labbra, il sapore della sua lingua e l'odore della sua pelle sono dettagli ispirati dalla suggestione. Non puoi negare che siano esatti, perché hai avuto modo di saggiarli da sveglia non più di ventiquattr'ore fa. E poi, un'altra cosa. Perché Malfoy sa che non hai un camino? Dev'essere stato qui. Con te.

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