4. Lessico Familiare

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«Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro,
ogni famiglia infelice è infelice a suo modo»
Lev Nikolaevic Tolstoj, Anna Karenina.

Hermione aveva cercato su tutti i libri che aveva a casa, senza trovare niente che potesse aiutarla nella soluzione del mistero. Era crollata poco prima di mezzanotte, esausta per le emozioni della giornata. Ad un certo punto le parole sui libri si erano fatte confuse, si mescolavano, sfuggivano e le frasi non avevano più senso. Aveva tentato di continuare a leggere, ma dopo un po' le palpebre le si erano fatte pesanti e gli sbadigli sempre più frequenti. Si era addormentata con la testa sulle soffici pagine di «Tutti i mostri del mondo: guida pratica alla conoscenza delle creature magiche a cura di Conrad Lawrence» e probabilmente non si sarebbe svegliata fino alla mattina successiva se qualcosa non le avesse fatto il solletico alla faccia.

La ragazza arricciò il naso mugolando nel sonno e un qualcosa di umidiccio le toccò la guancia.

- Ron, basta - protestò lei con scarsa convinzione.
- Meowrr -
- Mh? - fece lei strizzando gli occhi, rendendosi finalmente conto di chi aveva davanti. Un felino bianco e grigio, con gli occhi verdi. Quello decisamente non era Ron. - Jinx, scendi dal libro, da brava. Devo essermi addormentata - mormorò tra sé, stiracchiandosi, per poi dirigersi in camera da letto.

Jinx la precedeva, altera e maestosa, come se, invece di essere una gattina tutta pelo e ossa, fosse stata una tigre siberiana. Qualcosa di siberiano aveva in realtà, a detta della signora del negozio che gliel'aveva venduta: era infatti un fiero esemplare di gatto delle foreste, originaria, appunto, della Siberia. L'aveva comprata due anni prima, quando era morto il povero Grattastinchi, compagno di tante avventure ai tempi della scuola.

Hermione sorrise al ricordo del giorno in cui aveva visto il suo amato gattone, l'anno in cui avevano conosciuto Sirius, e con lui vera identità del topo di Ron. Era anche l'anno in cui lei aveva picchiato Malfoy.

Ma perché penso sempre a Malfoy, oggi? - si chiese, sdraiandosi sul letto.

Era sola quella sera. Tornando a casa aveva trovato un biglietto di Ron, in cui lui l'avvisava che quella sera sarebbe rimasto dai suoi.

«Sono alla Tana. Dormo qui, stasera. Ciao».

Niente baci, niente mi mancherai. Non era un bigliettino amoroso, era l'equivalente magico di un post - it.

Lei aveva annuito stancamente al biglietto parlante, che si era immediatamente polverizzato, e si era messa a leggere un libro via l'altro. Si era interrotta solo per prepararsi un sandwich e scrivere un breve messaggio via gufo a Ginny, per avvertirla che la domenica non avrebbe potuto presenziare al compleanno della nipotina, scusandosi per il cambio di programma. Le avrebbe spiegato meglio di persona.

Hermione sbadigliò, mentre Jinx prendeva posto sul cuscino del suo fidanzato. Prevedibilmente lo avrebbe riempito di peli e Ron se la sarebbe presa.

Oh beh, pensò lei sul punto di addormentarsi, così impara.
***

Nella stanza bianca, Draco osservava la donna sofferente nel letto. Era pallida e tirata, e si agitava nel sonno nonostante le pozioni calmanti. Aveva le gote arrossate dalla febbre e, di tanto in tanto stringeva il lenzuolo tra le mani affusolate.
Il giovane le appoggiò una mano fresca sulla fronte e quella smise, per un attimo, di dimenarsi. Poi, però, riprese a lamentarsi e stavolta con maggiore foga.
Un'infermiera entrò nella stanza.

- Signor Malfoy, dovrebbe andare. Sono ore che è qui, l'orario di visita è scaduto da un pezzo e inoltre la paziente non può trarre giovamento da alcuna visita. Nemmeno dalla sua - precisò.
- Lo so - rispose lui. - È tardi. Devo andarmene - concluse rassegnato, senza tuttavia lasciare il suo posto.

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