8. Inafferrabile

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«Prova a ragionar sull'amore
e perderai la ragione».
Proverbio Francese

Inafferrabile era una parola che Hermione detestava con tutta sé stessa. Racchiudeva il senso profondo dei suoi limiti e lei odiava avere dei limiti. Inafferrabile, pensava, era il significato del messaggio che un ignoto voleva comunicarle con quelle cinque maledette carte. Talmente oscuro da perderci la testa, eppure sembrava palesarsi tra le righe. Come una parola sulla punta della lingua. Per quanto ti sforzi, non riesci a dirla, anche se la conosci.
Inafferrabile, almeno per lei, era il senso delle parole e degli atteggiamenti di Malfoy: era lo stesso altezzoso purosangue che lei ricordava dai tempi della scuola, arrogante e avvolto da quell'aura di indiscussa superiorità, e al tempo stesso non lo era. Subito dopo aver fatto qualcosa di prevedibile, la spiazzava. Continuava imperterrito a chiamarla mezzosangue, ma il suo tono di voce ne mutava il senso. Usava quell'insulto quasi come se si fosse trattato di un soprannome amichevole, di uno scherzo non ai danni di lei, ma con lei. La canzonava, ma senza cattiveria. Sembrava che giocasse con lei, come il gatto con il topo, ma l'impressione che lei ne riceveva non era che lui volesse acchiapparla per farle del male, ma solo per vedere come lei avrebbe reagito, se si sarebbe lasciata prendere.
Inafferrabile era ciò che lei aveva provato avvicinandosi a lui. Si era sentita letteralmente infiammare le guance, nell'aspirare il suo profumo misto all'odore del tabacco della sigaretta spenta da poco. Le si era annodato lo stomaco, aveva sentito le ginocchia pericolosamente vicine a cedere.
In definitiva, pensava, tutto ciò che lo riguardava era inafferrabile. Il velo di tristezza che lei aveva notato nei suoi occhi mentre lui osservava gli studenti colpiti dalla strana maledizione, il modo che aveva di tenersi a distanza da lei, discreto ma risoluto, la sua voce, i suoi silenzi.
Quel pomeriggio, mentre si allontanavano dall'infermeria, Malfoy era stranamente taciturno. Hermione aveva provato ad intavolare una conversazione, ma lui aveva risposto a monosillabi e lei aveva desistito.
Sdraiata sul letto, la giovane auror rifletteva. Aveva scritto delle lettere: una ad Harry, per informarlo degli sviluppi dell'inchiesta, un'altra alla collega Jones, quella che sembrava un orango, che essendo un'esperta di simboli poteva forse darle una mano con i tarocchi, e la terza a Ginny. Era appunto su quella che Hermione rimuginava. La prima parte era perfettamente comune: grazie dei saluti, sono felice che Vicky abbia gradito il libro di favole babbane che le ho regalato, mi raccomando controlla che Jinx non graffi la poltrona del salotto, eccetera eccetera. La seconda - e maggiore - parte del messaggio riguardava Malfoy. Tutta. Ripensandoci, Hermione si diede dell'idiota. Aveva sprecato parole su parole per descrivere ogni atteggiamento del giovane, ogni sua azione ogni sua parola.

Stupida, stupida, stupida.
E a che scopo poi?
È solo Malfoy...

Solo Malfoy. Eppure le sembrava che lui racchiudesse un mistero ben più grande, dietro la maschera della sua freddezza e dietro la reticenza che mostrava nel rispondere alle sue domande.

Hermione si rigirò nel letto, incapace di addormentarsi. Pensava ad un paio di occhi grigi, accesi da una scintilla che non avrebbe saputo definire.

Inafferrabile. Appunto.

***

Nella stanza accanto a quella di Hermione, Draco passava una notte non meno agitata. La ferita sotto le bende si faceva sentire, implacabile. I volti sofferenti degli studenti in infermeria gli passavano davanti agli occhi per fondersi lentamente, ma inesorabilmente, in quello della donna nella stanza d'ospedale. Bellissima e fragile. Ricordava la sua pelle bianca, i suoi occhi chiari, i lineamenti delicati contratti dalla sofferenza. Doveva salvarla. L'avrebbe salvata, a qualsiasi costo.
Ripercorse mentalmente le parole di Nott, in risposta alla lettera che lui gli aveva mandato la sera prima.

Non è peggiorata, ma devi fare in fretta. I medimaghi dicono che potrebbe cedere da un momento all'altro.

Le stesse parole usate dalla Chips, a proposito degli studenti malati. Suonavano come una terribile condanna.

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