31. Come Nelle Favole

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A Melottina, perché una donna incinta
va sempre accontentata.
A Momo, perché le favole esistono,
fossero anche solo stampate in una pagina internet.
A Val e Jup, senza le quali mi
sarei persa in un bicchier d'acqua,
non una ma un milione di volte.
A chi ha sognato grazie a questa storia.
E a Te, sì dico a Te,
che l'hai ispirata.



«Perché c'era qualcosa, tra quei due,
qualcosa che in verità doveva essere un segreto,
o qualcosa di simile.
Così era difficile capire ciò che si dicevano
e come vivevano, e com'erano.
Ci si sarebbe potuti sfarinare il cervello
a cercar di dare un senso a certi loro gesti.
E ci si poteva chiedere perché per anni e anni.
L'unica cosa che spesso risultava evidente,
anzi quasi sempre, e forse sempre,
l'unica cosa era che in quel che facevano
e in quello che erano c'era qualcosa - per così dire - di bello»
Alessandro Baricco, castelli di Rabbia

Si erano amati per tutta la notte, senza concedersi una tregua, finché, esausti non erano crollati l'uno tra le braccia dell'altra, avviluppati nelle lenzuola, le mani a rincorrersi sul letto sfatto. Avevano ceduto al sonno al sorgere di un'alba pallida e muta, così diametralmente opposta alla tempesta che aveva imperversato durante la notte da sembrare in un certo senso profetica.

Nella stanza, tutto era immobile, salvo la tenda leggera, che di quando in quando si gonfiava nel momento in cui la brezza marina si sollevava più impetuosa del solito e si spingeva oltre il balcone. Fu una di queste folate, che portava con sé l'odore salmastro dello iodio, a svegliare Hermione, inducendola ad aprire lentamente gli occhi. La ragazza inspirò profondamente l'aria della stanza, che sapeva di mare e di sesso, e si stirò languidamente, sbadigliando. Contemplò desolata il letto vuoto: ora che la luce del giorno l'aveva crudelmente strappata alle sue fantasie notturne, il sogno di quella notte era svanito, lasciandosi dietro solo il gusto agrodolce della nostalgia.

- Volevo prepararti la colazione - disse una voce alle sue spalle, - ma hai finito il caffè -.

Hermione balzò in piedi e si voltò di scatto, spalancando gli occhi per lo stupore: Draco era sulla porta della stanza, appoggiato allo stipite, con addosso solo i pantaloni. Aveva le braccia conserte sul petto e la guardava con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

- Sei qui - boccheggiò lei, esterrefatta.
- Sì - lui accompagnò quell'unica sillaba con un cenno affermativo del capo.
- Non sei un sogno -.
- No - il sorriso di Draco si ampliò.

Chi fece il primo passo verso l'altro, Hermione non avrebbe saputo dirlo, perché l'abbraccio che li unì giunse subito dopo e lei si sentì sollevare per aria. Rise forte di gioia sincera, senza neppure accorgersi delle lacrime che le rigavano le guance.

- Perché piangi? - le domandò Draco, parlando contro la sua guancia.
- Non sto piangendo - lo contraddisse lei, meravigliandosi di sentirsi la gota umida. - Scusa - sorrise confusa, tra le lacrime.
- No - il giovane le affondò il naso nei capelli e inalò il suo odore, - scusami tu. Avrei dovuto ascoltarti, l'altro ieri -.

La ragazza si staccò e indietreggiò per guardarlo, sbalordita.

- Mi hai chiesto scusa? -.

Lui roteò gli occhi verso l'alto e si passò le dita a rastrello nel ciuffo biondo.

- Sono umano. Con te, più che con chiunque altro. Credevo avessimo chiarito questo punto - obiettò, sorridendo.

Hermione annuì.

- Allora - sospirò la ragazza, prendendo la mano di Draco e trascinandolo verso il letto, - com'è che hai cambiato idea? -.
- Stanotte ho fatto dei sogni - spiegò lui, seguendola di buon grado. Si sedettero l'uno accanto all'altra. - Credo... che fossero gli stessi che hai fatto tu -.
- Come lo sai? - domandò lei, perplessa.
- Non sono sicuro, ma credo che Blaise ci abbia messo lo zampino. Ieri sera è venuto da me e mi ha dato da bere qualcosa di strano - il giovane scosse le spalle. - Comunque... -.
- Una pozione che lega i sogni? - Hermione aggrottò le sopracciglia. - Non capirò mai i vostri metodi - concluse poi, con un sospiro.
- Beh, se funzionano... - ghignò lui, soddisfatto.
- Cosa ti ha detto Zabini? - chiese Hermione, improvvisamente allarmata.
- Non ne ho idea - buttò lì il giovane con nonchalance, distogliendo lo sguardo. Possibile, si chiese Hermione, che fosse imbarazzato?
- Che vuol dire non ne ho idea? - insistette lei.
- Ero piuttosto ubriaco. Come ti ho spiegato stanotte - aggiunse, guardandola di nuovo negli occhi, - bevevo per dimenticare -.
- Quindi non ricordi se ti ha detto nulla... di me? -.
- Solo che mi sognavi. E qualcosa su un oblivion - il giovane allargò le braccia. - È tutto ciò che ricordo -.
- È stato Ron - Hermione cominciò a raccontare, inanellando un ricordo dopo l'altro sotto lo sguardo attento dei suoi occhi grigi che, lungi dall'essere glaciali, in quel momento la scrutavano attentamente.

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