24. Sinfonia, Secondo Interludio

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L'essenziale è invisibile agli occhi.

«Dobbiamo attraversare acque amare
per raggiungere la dolcezza»
Bram Stoker, Dracula.

Uscendo, aveva provato immediatamente una sensazione di sollievo, mista ad impazienza: il primo era dovuto all'essersi ritrovato finalmente all'esterno e non più costretto tra mura spesso inospitali, la seconda al desiderio di proseguire nonostante l'affaticamento che gli fiaccava le gambe. Alla fine prevalse il buonsenso: Draco si appoggiò ad una delle colonne che ornavano il porticato e chiuse gli occhi, assorto, rilassandosi un poco. Il cortile era silenzioso e vuoto e non vi erano tracce di eventuali presenze, umane o mostruose. Era tutto tranquillo.

Troppo tranquillo.

Ravviò con le dita un ciuffo ribelle di capelli biondi, reprimendo il desiderio feroce di una sigaretta e si staccò dalla colonna per riprendere il cammino, tagliando per il giardino in direzione della foresta, sullo stesso sentiero che aveva condotto Treccine tra le braccia poco amorevoli dei dissennatori. Questo, naturalmente, se si fosse trovato nella Hogwarts reale, rifletté, avanzando verso il fitto degli alberi.

Almeno quella volta c'era lei con me.
Vorrei che fossi qui, mezzosangue.

Era immerso nei propri pensieri quando una voce femminile lo chiamò.

- Draco -.

Lui spostò lo sguardo alla propria sinistra e trasalì: sul ciglio del sentiero che portava al bosco c'era Hermione. Viva e perfettamente sveglia.

- Granger? - domandò sbalordito.
- Chi altri dovrei essere? - domandò quella, piccata.
- Nessuno - rispose lui, perplesso. - Sono solo... sorpreso -.
- Per quale motivo? -.
- Pensavo che sarebbe stato più complicato trovarti - disse lui, aggrottando la fronte.
- E invece, eccomi qui -.
- Ma tu non... Insomma, non eri addormentata? - il giovane sbatté le palpebre, scettico.
- Mi sono svegliata quando sei entrato in questo luogo - rispose la ragazza.
- Ah. E ovviamente loro - commentò indicando il castello dietro di sé, - non lo sapevano, giusto? -.

La sue interlocutrice assunse un'aria stranita prima di scuotere il capo.

- Ci sono tante cose che loro non sanno - rispose, evasiva.
- Capisco - Draco sospirò. - Senti, devi aiutarmi a decifrare il messaggio che mi hai lasciato. Che vuol dire... -.
- Purtroppo - lo interruppe lei, frettolosamente, - non ricordo nulla, amore -.

Amore?

La prima volta che lei l'aveva chiamato per nome, si era sentito esplodere. Quando gli aveva confessato di amarlo, dopo che lui stesso si era lasciato sfuggire quella realtà troppo concreta per essere ignorata, quelle parole altrimenti vuote, pronunciate da lei con passione e trasporto gli avevano aperto un mondo sconosciuto. Avevano fatto tremare le fondamenta stesse della sua esistenza. Ma questo era diverso. Ciò che aveva provato sentendosi chiamare in quel modo non era stata l'emozione travolgente delle altre volte. Era stato fastidio. Per il tono lezioso e svagato, forse, così atipico per la suamezzosangue. Scosse la testa, per allontanare quella sensazione, invano.

- Ti sono mancato, mezzosangue? Sei

(strana)

- ...particolarmente affettuosa -.
- Mi sei mancato, sì - annuì la ragazza, sorridendo. Gli tese le braccia - Vieni qui -.

È sbagliato.
C'è qualcosa di tremendamente sbagliato.

Non lo avrebbe mai detto così, ecco tutto. Lo avrebbe rimproverato, come sempre, di gongolare troppo dell'evidenza dei suoi sentimenti per lui.

Si diresse verso di lei, ritraendo istintivamente la testa bionda al suo tentativo di accarezzarlo. La guardò invece negli occhi insolitamente chiari, scorgendovi una luce anomala, insana.

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