Tre settimane dopo
«Siamo fatti della stessa materia
di cui sono fatti i sogni
e la nostra stessa vita
è circondata dal sogno»
William Shakespeare, La TempestaStretta tra le sue braccia, bruciava di fiamma ardente nonostante la pioggia che le bagnava i riccioli a cui le dita di lui s'intrecciavano, senza più tentare di reprimere la passione che dominava entrambi. Esisteva solo la fragranza inebriante del suo respiro, il sapore della sua lingua che cercava quella di lei, la prepotenza di quel bacio che svelava il bisogno reciproco che li consumava.
Poi lui saltò e il suo cuore smise di battere per un istante.
Il grido di Hermione risuonò ovattato contro il cuscino. La ragazza si rigirò nel letto, inquieta e infine si tirò a sedere, passandosi le mani sulle tempie e raccogliendo i capelli in una coda alta sulla nuca. Dalla finestra filtrava una lama di luce che illuminava il profilo del giovane sdraiato accanto a lei ed Hermione, istintivamente gli si accoccolò accanto alla ricerca di conforto. Lui aggrottò le sopracciglia e schiuse le palpebre, posando su di lei le iridi chiare.
- Dormi - borbottò con la voce impastata.
- Scusa - sussurrò lei con un filo di voce.Il giovane scosse la testa e le passò un braccio attorno alle spalle.
- Devi stare tranquilla. I sogni passeranno - la baciò sulla guancia e lei sorrise nervosamente.
Hermione annuì e gli appoggiò la fronte contro il collo, respirando il suo odore.
- Vado a preparare la colazione. Tanto oramai non riesco più a dormire - si staccò da lui e si alzò dal letto, voltandosi un istante per vederlo, mentre si rimetteva a dormire.
Lasciò la stanza ignorando il senso di disagio che le solleticava la bocca dello stomaco e si diresse in cucina, verso la macchina del caffè. Preparare il caffè aveva sempre un effetto rilassante su di lei, per questo
(io non faccio il caffè, mezzosangue...)
le piaceva così tanto. Versò l'acqua
(mi limito a trasfigurare l'acqua)
nel recipiente apposito e premette l'interruttore. L'apparecchio si accese con un ronzio. Hermione inserì la capsula e premette un altro pulsante, azionando la macchina. Appena il caffè cominciò a sgorgare, il sottile senso di nausea che la tormentava divenne un imperativo impossibile da ignorare. Hermione corse in bagno.
Appena in tempo.
Erano passate tre settimane da quando era stata dimessa dal San Mungo e sapeva che a causa della maledizione di cui era stata vittima, simili effetti collaterali potevano presentarsi. Incubi, senso di nausea, inappetenza: non si faceva mancare niente. Neppure quel disagio di sottofondo che provava quasi sempre e che era diventato una costante delle sue giornate.
Hermione tirò lo sciacquone e accostò la bocca al rubinetto, per lavare via il sapore acre che le ristagnava in bocca. Si accorse in quel momento che Jinx stava passeggiando nel corridoio, lasciando per terra tracce del suo passaggio tradotte in perfette impronte delle sue zampe. Impronte di colore marrone.
- Accidenti, il caffè! -.
Schizzò velocemente in cucina, giusto in tempo per vedere la tazza infrangersi sul pavimento.
- No, no, no! - imprecò, spegnendo la macchina che stava ancora gocciolando caffè.
Si accasciò sulla poltrona con il volto fra le mani, odiando se stessa per le lacrime che sgorgavano indisturbate dai suoi occhi. Non era mai stata un tipo la lacrima facile. Che diavolo le stava succedendo?
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La Bellezza Del Demonio
FanfictionLui le afferrò i polsi, in silenzio, senza smettere di fissarla. - Hermione... - disse finalmente, quando i singhiozzi di lei si furono diradati. Lei sollevò gli occhi di scatto, lasciandosi sfuggire un oh! di sorpresa. - Avrei potuto essere miglior...