Il suono della ghiaia che scricchiola sotto i miei piedi è in qualche modo rilassante, cammino avanti e indietro da almeno venti minuti senza fermarmi. Tengo i pugni stretti, mentre ad ogni passo sento il panico e la rabbia darsi il cambio. Non so cosa provare, il mio sistema nervoso è andato in tilt.
« Jas.» mi chiama Daniel esasperato. Non lo ascolto, non mi fermo. « Per favore, smettila.» continua. Ancora una volta lo ignoro e mi limito a lanciargli un breve sguardo: lui mi fissa tenendo le braccia incrociate, immobile nella stessa posizione da quando siamo arrivati a Central Park, senza che nessuno dei due si preoccupasse di parlare. Io ho smesso di piangere nel momento stesso in cui mi sono ritrovata per strada, mentre a testa bassa cercavo di evitare gli sguardi dei passanti incuriositi. Daniel mi ha condotta qui, tenendomi per mano con una stretta forse più forte del necessario.
« Ehi.» mi chiama ancora. Questa volta, però, non si limita alle parole: il mio polso viene afferrato bruscamente dalle sue dita, che mi costringono a fermare la mia marcia e a guardarlo in faccia ad una distanza ravvicinata. Sembra ancora più preoccupato di quanto non lo fosse nell'appartamento.« Non riesco a smettere di pensarci, Daniel.» confesso disperata.
Lui serra la mascella, dopodiché sospira. « Lo so, non hai idea di quanto mi dispiaccia. »
« Non potrò più suonare. » sussurro, dirlo ad alta voce fa ancora più male.
« Potrai suonare, basterà recuperare un altro violino. » tenta di farmi ragionare, ma non sono in vena di pensare razionalmente e provo a liberare il mio polso per ricominciare a fare avanti e indietro; ogni mio sforzo è inutile. « Lo so che il tuo violino è il tuo violino, però non puoi smettere di suonare, né darla vinta a Peggy. »
« Potrei tagliarle le corde dell'arpa.» affermo, sorprendendomi per un attimo di tanta cattiveria.
Daniel scuote la testa contrariato. « Non abbassarti al suo livello. Peggy l'ha combinata grossa e sicuramente non le permetterò più di avvicinarsi a te o alla tua stanza, Jas, ma non fare il suo gioco. » conclude serio. Non riesco a rispondergli, so che ha ragione. Entrambi piombiamo di nuovo nel nostro silenzio, il parco è quasi vuoto, il sole sta per tramontare e il gelo è calato su tutta New York. Il fatto che il laghetto alle spalle di Daniel sia quasi ghiacciato, dimostra che è ormai inverno.
« Andiamo a mangiare qualcosa?» propone, prendendo entrambe le mie mani tra le sue ed avvicinandosele al petto.« Non voglio andarmene di qui, non ancora. »
« Stai tremando, Jas. » replica lui all'istante. « Non so se sia per il freddo o per la rabbia, ma non mi piace vederti così e... »
« Mi racconti qualcosa?» domando, interrompendolo e prendendolo alla sprovvista.
Daniel corruga la fronte. « Come?»
« Raccontami qualcosa su di te. » spiego, prima di liberare le mie mani per posarle ai lati del suo collo. È incredibile che abbia la pelle tanto bollente mentre io sto congelando.
Le mani di Daniel trovano la loro strada lungo i miei fianchi, chiudendo il cerchio intorno alla mia vita. « Che cosa vuoi sapere?» domanda, non accennano a sorridere o ad allontanare i suoi occhi dai miei.
« Coney Island. » rispondo all'istante. « Mi hai raccontato di essere cresciuto a Brooklyn, quindi dovevi andarci da piccolo » deduco, dando voce ad una delle mie riflessioni degli ultimi giorni. Daniel è molto riservato, quasi più di me, ho ottenuto delle informazioni sparse sul suo conto ed ho cercato di metterle insieme, dando vita a tanti piccoli pezzi di puzzle che non combaciano tra di loro.
« I miei genitori mi ci portavano spesso. » racconta, prendendo ad accarezzarmi la zona bassa della schiena.
« So che sei figlio unico, passavano molto tempo con te?»
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How to Love
Teen FictionUn cuore ormai danneggiato, può davvero essere riparato? Il passato si può davvero dimenticare? Si può tornare ad amare? Dal capitolo 6. "Cosa c'è nel suo cuore, signorina Lil?" Senza rendermene conto volto la testa, fino a poter vedere la foto post...