Prima - Parte I

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6 anni

Questa mattina la mamma è impazzita: mi ha svegliata presto nonostante sia estate, mi ha obbligata a vestirmi e poi mi ha trascinata qui, in questa strana casa molto più piccola della nostra, in cui abita una signora che non avevo mai visto prima. Mi ha detto di chiamarla Kiki, io però sono rimasta in silenzio e non l'ho chiamata affatto.
Dopo che la mamma mi ha abbandonata qui, invece di mettermi a piangere ho semplicemente deciso di aspettare. Penso che tornerà prima o poi: non voglio rimanere qui, in questa sala troppo piccola per tutti questi mobili. C'è un grandissimo pianoforte appena di fronte ad un'enorme finestra, è nero e sembra quello che aveva il nonno a casa sua: è lui che mi ha insegnato a suonarlo.
Kiki, però, mi ha messo in mano uno strano aggeggio in legno: dice che è un violino e che si suona con quell'altro strano aggeggio, l'archetto. Ha cominciato a parlare di note, schiacciando i tasti del suo pianoforte man mano che spiegava. Io l'ho ascoltata incantata dai suoni che riusciva a creare, non ho potuto fare altrimenti.
Quando ha detto che potevo suonarli anche io, con il violino però, ho creduto che anche lei fosse impazzita come la mamma. Prima di tutto mi ha obbligata a passare una cosa bianca ed appiccicosa sull'archetto; mi sono quasi messa a piangere quando ha detto che, per la maggior parte, era composto da crine di cavallo.
Mi ha detto di toccare dolcemente le corde, il problema è che quando lo faceva lei il violino suonava bene quanto il pianoforte, ma non appena ci ho provato io sono usciti solo dei rumori fastidiosi ed acuti che ci hanno fatto quasi diventare sorde.
Ho cercato di restituirle quell'aggeggio infernale; lei però non ne ha voluto sapere e mi ha lasciata qui a continuare ad esercitarmi, mentre è andata a rispondere al telefono.

Sfrego ancora l'archetto sulle corde, tenendo il violino come mi ha detto Kiki. Le ha chiamate corde vuote, producono il Sol, il Re, il La, ed il Mi, ma io non ne sono tanto sicura. Al pianoforte suonavano meglio, mi chiedo perché non possa usare quello.
Improvvisamente, mentre sto ripetendo l'esercizio per l'ennesima volta, qualcuno corre dentro la stanza e si lancia a pancia in giù sul divano. Smetto di suonare per guardarlo: è un bambino, deve avere più o meno la mia età, ha i capelli biondi e chiarissimi, la pelle abbronzata ed è piuttosto alto, sicuramente più di me. Non riesco a vedere di che colore ha gli occhi perché li tiene chiusi, mentre si tappa le orecchie con le mani. « Ti prego, basta con questo inferno!» urla, probabilmente si riferisce al suono del violino.

« Non darmi fastidio!» lo rimbecco, offesa, prima di tornare a suonare.

Il bambino apre finalmente gli occhi: sono azzurro chiari e sono belli, un bambino così antipatico non se li merita. « Sei tu che mi stai dando fastidio!» si lamenta continuando a tenere le mani sulle orecchie. « Sto diventando sordo!».

Ignorandolo riprendo a suonare, finché Kiki non torna in sala e guarda il bambino con un'espressione severa in volto. « Jake, ti ho detto mille volte di non disturbare i miei allievi.» lo sgrida tenendo le mani sui fianchi.

Il bambino mette il broncio; quando si rivolge a Kiki però, è me che guarda. « Te lo dico io, mamma: quella è una causa persa.».
Sgrano gli occhi, incredibilmente arrabbiata per ciò che ha detto, il mio orgoglio è ferito. Spinta dall'odio per il bambino di fronte a me, prendo una decisione improvvisa ma incredibilmente seria: a costo di esercitarmi giorno e notte, gli dimostrerò che si sbaglia.

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7 anni

Di solito non mi ammalo mai, non ho mai avuto la febbre alta, l'influenza, nemmeno il raffreddore, ma penso di starmi rifacendo alla grande. Mi è venuta la varicella, la mamma sospetta che l'abbia presa alla piscina pubblica, io so solo che è cominciata con due bollicine vicino all'ombelico e poi le bollicine si sono moltiplicate all'inverosimile. Come se non bastasse, mi è venuta anche la febbre.
È da tre giorni che sono a casa sotto le coperte, a lottare contro il prurito. Lo ammetto, mi sono grattata un paio di volte.
Ad ogni modo, la varicella ha avuto un tempismo perfetto: appena una settimana fa Jake, mio padre ed io abbiamo finito di costruire la casetta sull'albero. Dopo i litigi, la fatica ed un'estate di lavoro, è assurdo che io non possa nemmeno giocarci perché mi sono ammalata.
Sbuffo, prima di girarmi su un fianco e sentire gli occhi che bruciano. Odio ammetterlo, ma nell'ultimo mese Jake è diventato stranamente simpatico. Anche se continuavamo a litigare e un paio di volte ha cercato di lanciarmi addosso dei lombrichi trovati nel bosco, mi sono divertita a stare con lui. E ora sono bloccata qui.
Chiudo gli occhi, in un tentativo di addormentarmi e di far passare in fretta il tempo che serve per guarire. Tuttavia, la porta della mia camera si apre facendomi sollevare le palpebre. Mi aspetto di vedere la mamma, con una bacinella di acqua fresca ed uno straccio da mettermi sulla fronte per farmi abbassare la temperatura, però non è la mamma.
Nonostante il buio, i capelli biondissimi di Jake e la sua altezza sicuramente superiore alla media non passano inosservati.
Mi metto seduta composta, per poi guardarlo sconvolta. « Come hai fatto ad entrare?» domando confusa.

Jake alza le spalle, subito dopo avanza verso il mio letto. « Dalla porta sul retro: tua mamma la lascia sempre aperta.» spiega, prima di invadere il mio letto sdraiandosi di fianco a me.

Mi porto le coperte fino al mento mentre lo fisso con gli occhi sgranati. « Non dovresti essere qui, Jake. Ti ammalerai!»

« E allora? Tu stai già male.» mormora come se niente fosse. Non se ne andrà, lo so bene: Jake è incredibilmente testardo, l'ho imparato quando l'ha avuta vinta in merito all'albero da scegliere per la nostra casetta.
Rassegnata, mi sdraio di nuovo su un fianco; Jake fa altrettanto di modo che siamo faccia a faccia. Guardo i suoi occhi azzurri solo per un secondo prima di chiudere i miei. Mi sento andare a fuoco, dannata febbre.
Sussulto nel sentire qualcosa di fresco sulla mia fronte, credo sia il palmo della sua mano. « Sei bollente.» sussurra.
È strano, sembra preoccupato, ma non si è preoccupato tanto quando mi ha fatto cadere addosso il contenuto di un sacco pieno di terra, erba, foglie e probabilmente altri lombrichi.

« Cosa ci fai qui, Jake?» domando terribilmente stanca.

Lui ci mette un po' a rispondere, ma quando lo fa quello che dice mi fa saltare il cuore in petto. « Dove vai tu, vado io, Jasmine.».

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