Diciannove

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Giulia si fermò per qualche istante davanti alla porta dell'appartamento in cui vivevano lei ed Emily, sapeva che l'avrebbe aspettata una litigata furibonda. Conosceva l'amica, quando si arrabbiava era finita, e aveva anche capito che non aveva approvato che lei si fermasse a ballare con un ragazzo quella sera. Tutte queste cose insieme davano come risultato una discussione che avrebbe svegliato tutto il vicinato, alle cinque e mezza della mattina.
Voleva provare a limitare i danni nascondendo il succhiotto con i capelli, ma era inutile poiché il livido si trovava piuttosto davanti nel collo ed era molto grande. In quel momento non si sapeva spiegare come avesse fatto lui a lasciarle un tale segno, e lei come avesse fatto a resistere a tutta la forza che ci aveva messo lui nel farglielo. Era stata inebriata dal piacere, dal divertimento e forse in parte anche dall'alcool.
La serata che aveva passato con Manuel le era piaciuta molto. Non sapeva se provava qualcosa per lui, ma probabilmente era solo grande attrazione fisica. Anche il ragazzo era attratto da lei, lo vedeva dagli atteggiamenti che aveva nei suoi confronti, ma soprattutto nei confronti del suo corpo. Di una cosa Giulia era certa: con lui ci sarebbe stato da divertirsi ed era un ottimo modo per non pensare a Daniele. Voleva rivederlo presto, i loro corpi si trovavano bene l'uno con l'altro ed erano profondamente attratti.
Si fermò a ripensare alla serata. Sentiva che già le mancavano le sue labbra e i suoi denti sul suo collo, le mancava il dolore del livido, le mancava il piercing freddo appoggiarsi sulla sua bocca mentre la baciava, le mancavano le sue mani sulla sua pelle e il suo comportamento voglioso, nonostante fossero passati solo alcuni minuti da quando si erano dati un bacio da lasciare senza respiro, fermandosi poco prima di andare oltre. Non si era mai sentita così desiderata ed era una bella sensazione.
Sapeva che Emily non avrebbe capito, per lei era solo una grande cazzata quella che aveva fatto quella sera. Provò ad immaginare cosa sarebbe successo se non avesse fermato Manuel quando la stava svestendo, probabilmente non ne sarebbe uscita viva quando lei lo avrebbe saputo.
Aprì la porta di casa e, come previsto, la sua amica si trovava sul divano, anche se era già scattata in piedi minacciosamente.

- Non ti facevo così deficiente! - esordì lei, sotto lo sguardo scioccato di Giulia a causa del volume della voce a quell'ora del mattino.

Ma ancora più scioccato e furioso fu il viso di Emily quando notò l'ampio segno viola sul collo dell'amica.

- Abbassa la voce! - la richiamò Giulia. - Sono quasi le sei. - aggiunse poi.

- Non vuoi che tutto il palazzo sappia che vai a fare la facile con uno che hai conosciuto in un pub il sabato sera?! - ribattè, sempre con lo stesso tono.

- Ho deciso solo di lasciarmi andare e divertirmi, invece che passare le mie giornate a piangere perché mi manca un cretino! - rispose l'altra. - Non ci faccio la zoccola. - proseguì.

- Quindi mi staresti dicendo che farsi mettere le mani ovunque da un ragazzo del genere sia normale?! - Emily era davvero arrabbiata, raramente l'aveva vista così.

- Se fossi davvero una facile come hai detto tu, gli avrei detto di sì quando mi ha invitata a casa sua, non credi? - chiese Giulia ironicamente, provocando il silenzio dell'amica per qualche istante.

La superò e andò verso la camera, poi si girò ancora una volta davanti alla porta, prima di entrare. - Se avessi saputo che ti saresti comportata così, lo avrei lasciato finire di spogliarmi e lo avremmo fatto in macchina! - le disse ancora innervosita, prima di chiudersi in camera.

Emily rimase pietrificata dalle ultime due frasi. Sapeva di avere ragione ad arrabbiarsi, ma forse aveva leggermente esagerato con la storia della ragazza facile. Si sentì in colpa per come aveva reagito, forse la cosa migliore sarebbe stato parlarle ma, invece, era stata troppo impulsiva.
Iniziò a piangere, non sapeva più cosa fare e la situazione di Giulia le sfuggiva di mano in un senso o nell'altro.
Afferrò di scatto il telefono e si alzò, per andare verso al balcone. Si sedette sulla piccola sdraio di plastica che avevano lì e cercò il numero di Álvaro nella rubrica. Incurante dell'ora, lo chiamò.
Il telefono suonò per alcuni secondi, poi lo spagnolo rispose.

- Amore, che succede? - lo sentì dire, con voce allo stesso tempo assonnata e allarmata.

- Álvaro, dobbiamo fare qualcosa. - fece piangendo. Credeva che il ragazzo fosse l'unico che potesse darle una mano in quel momento, visto che Giulia non le dava ascolto.

- Per cosa? - domandò lui, con tono sempre più preoccupato a causa delle lacrime della ragazza.

Álvaro era già a conoscenza di come stesse Giulia in quel periodo, Emily gli parlava spesso delle sue preoccupazioni ed erano d'accordo che il giorno dopo gli avrebbe raccontato come sarebbe andata la serata. Se lo aveva chiamato a quell'ora del mattino, doveva essere successo qualcosa.
Emily gli raccontò in mezzo ai singhiozzi tutto quello che era successo quella sera, da quando erano state al pub fino alla litigata di poco prima.

- Penseremo a qualcosa, li faremo tornare insieme. - disse sicuro il ragazzo, alla fine del racconto di Emily.

La ragazza non riusciva a rispondere niente, era distrutta dalle lacrime.

- Amore mio, stai tranquilla. - provò a calmarla lui. - Troveremo una soluzione, ci sono io con te. - la rassicurò ancora.

- Parla con Daniele, prova ad accennargli qualcosa... - gli consigliò. - Sii cauto. - aggiunse ancora.

- Non ti preoccupare, ti prometto che ce la faremo. - lo spagnolo utilizzò tutte le parole tranquillizzanti che conosceva per far smettere di piangere Emily. - Adesso vai a riposarti per qualche ora, domani ne riparliamo. - fece poi.

- Va bene. - rispose lei, mentre con la mano si asciugava una lacrima. - Scusami per l'ora. - sussrrò poi, sentendosi in colpa.

- Non è un problema, per te ci sono sempre. - ribattè Álvaro, strappandole un sorriso che non potè vedere.

Poi si salutarono ed Emily rientrò in casa, cercando di non fare rumore mentre si avvicinava alla propria stanza.
Da quella di Giulia, sentì provenire solo silenzio.

Vorrei essere capace di odiarti - Daniele RuganiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora