La mattina seguente, Harry non vide Percy nel letto, quindi pensò che fosse già sceso nella sala comune. In ragazzo si preparò velocemente, poi scese le scale, ritrovandosi nella sala comune. Percy e Annabeth erano lì che dormivano sul divano con una coperta che gli copriva solo le gambe. Annabeth era appoggiata sulla pancia di Percy e lui le teneva una mano alla vita e con l'altra una mano. Erano veramente carini, ma doveva svegliarli o avrebbero fatto tardi per la colazione. Le opzioni erano due: svegliarli educatamente o no. Svegliarli educatamente non sarebbe stato divertente, quindi Harry decise di svegliarli maleducatamente e questo consisteva in un getto d'acqua gelida. Funzionava sempre.
Mormorò l'incantesimo e subito un getto d'acqua colpì i due semidei, che balzarono i piedi. Annabeth urlò per lo spavento e questo a svegliare Percy. Harry volle non averlo mai fatto. Gli occhi del semidio erano di un blu più profondo dell'oceano, come gli abissi del mare. Sembravano un pozzo oscuro. Harry capì che era veramente arrabbiato quando scappucciò la sua penna, che subito si trasformò in una spada di novanta centimetri.
Harry non credeva che se la sarebbe presa così tanto, insomma, era acqua e l'acqua era l'elemento di Percy in quanto figlio di Poseidone giusto?
-No, Testa d'Alghe!- esclamò Annabeth mettendosi tra Harry e Percy. Si scrisse mentalmente di ringraziare la ragazza per averlo salvato dal figlio di Poseidone. A quelle parole Percy si bloccò e rimise il cappuccio alla penna dopo un'occhiata di Annabeth. Quella ragazza aveva un dono naturale.
-Vado a cambiarmi- annunciò la ragazza- Vedete di non uccidervi. Capito Percy?
-Certo Sapientona- le rispose lui baciandola, per poi lasciarla andare a cambiarsi.
Tra i due calò un silenzio imbarazzante. Harry era veramente dispiaciuto per lo scherzo che aveva fatto e Percy dal canto suo era dispiaciuto per aver reagito in quella maniera assurda.
-Mi dispiace.
Percy fu il primo a chiedere scusa. Aveva paura che se non l'avesse fatto, si sarebbe ritrovato senza un amico come Harry. Aveva bisogno di uno come lui per andare avanti. Anche se l'aveva conosciuto da poco, sentiva di aver bisogno di uno come lui.
-Dispiace anche a me- ammise Harry- Credevo che...
-Tranquillo. È stata colpa mia. È solo che quando si tratta di Annabeth, vado fuori di testa. Dopo tutto quello che abbiamo passato, lei è l'unica cosa di cui ho bisogno di vivere ed è l'unica cosa che mi fa restare in questo mondo.
Harry decise di non fare domande. Sapeva che il figlio di Poseidone stava rivivendo già brutti ricordi e non voleva obbligarlo a parlare, senza che fosse lui di sua spontanea volontà a parlarne.
-Vado a cambiarmi- borbottò Percy per poi scomparire su per le scale del dormitorio maschile.
Harry attese pochi minuti poi arrivarono Ron, Nevill, Leo e Percy. Le ragazze scesero dopo poco e tutti assieme si diressero alla Sala Comune. Si sedettero tutti assieme e fecero colazione ridendo e scherzando sui professori. La McGranitt arrivò con gli orari per i semidei e li consegnò.
Percy scrutava il suo cercando di leggere ciò che vie era scritto. Era dislessico e l'inglese era per lui una tortura eterna. A scuola, non era mai andato bene a causa "problemi semidivini" come gli piaceva chiamarli. Era stato espulso da decine di scuole sin da quando era piccolo.
Dopo venti minuti buoni di lettura borbottò:-Harry me lo puoi leggere tu?
Harry aggrottò le sopracciglia e chiese:-Perché?
-Sono dislessico e non riesco a capirci niente. Per favore Harry- lo supplicò con i suoi occhioni da cucciolo di foca. Harry si domandò come Annabeth riuscisse a dirgli di no quando face quegli occhioni dolci. Era impossibile.
-Visto che ci sei potresti leggere anche il mio?- gli domandò Leo- Pure io sono dislessico.
Harry afferrò i due fogli, li confrontò e notò che erano uguali, poi iniziò a leggere:- Due ore di Cura delle creature Magiche, un'ora buca, un ora di astrologia, due ore di trasfigurazione e una di volo.
Percy era diventato pallido e con lui Talia. Sembravano due lenzuoli.
-Io mi do malato!- esclamò Percy afferrando una mela e morsicandola- Non se ne parla di volare. Zeus mi fulminerebbe seduta stante.
-Io sono con te cugino!-esclamò Talia spostando il piatto a lato e bevendo poi un lungo sorso di latte-Io non salirò mai sopra ad una scopa e men che meno volerò.
Harry non sapeva cosa prendesse ai due ragazzi, ma di una cosa era felice: alle prime due ore aveva Cura delle Creature magiche e questo significava rivedere Hagrid.
Appena terminata la colazione, salirono alla torre a prendere i libri e si diressero alla capanna di Hagrid. La classe Corvonero e Hagrid li stavano già aspettando.
-Bene!- esclamò Hagrid quando tutti furono davanti a lui- Andiamo, oggi ho per voi una vera chicca e speriamo che vi piaccia.
S'addentrarono nel bosco, finché non giunsero in una radura dove filtrava un po' di sole.
-Bene! Mettetevi in semicerchio!- fischiando poi. Una sagoma scura calò dal cielo e atterrò al centro della radura. A Harry per poco non venne un colpo. Chi era atterrato aveva il manto nero, le ali enormi e la criniera corta.
-Blackjack?- domandò Percy stupito- Cosa ci fai qui?
Il cavallo nitrì e Percy ribattè:- Ma ti avevo detto di...
Il pegaso ringhiò di nuovo, come per sgridare il ragazzo, e lui esclamò:- Va bene, hai vinto! Ma poi torni a casa. Non se ne parla di rimanere qui.
Harry non capì come Percy facesse a capire l'animale, ma non se ne preoccupò molto, del resto lui era riuscito a comunicare con i serpenti diverse volte. Ovviamente, quel dono era scomparso quando Voldemort aveva distrutto l'horcrux che c'era in lui.
-Allora!- esclamò Hagrid- Questo è un pegaso. Nel nostro libro di testo non c'è, ma, se chiedete ai nostri ospiti, sapranno parlarvene. Allora i pegasi discendono tutti da Pegaso, il cavallo alato di Ercole.
-Eracle!- lo corressero i semidei greci presenti in quel momento.
-Scusate- disse Hagrid continuando poi a parlare dei pegasi come se fossero creature che si incontrano ogni giorno per strada. Harry le trovava affascinanti come creature. Erano molto più gentili dei Thestral e, apparentemente, erano innoqui.
-Percy Jackson vorresti mostrarci come si cavalca questo meraviglioso animale?
-Ehm...va bene- disse il semidio talmente felice che ad Harry sembrò essere pazzo. Si, insomma, il luccichio nei suoi occhi, il sorriso che andava da orecchio ad orecchio, ad Harry sembrò che un pazzo si fosse impossessato di Percy Jackson.
Il semidio salì in groppa al cavallo e spiccò in aria. Harry avrebbe voluto farlo anche lui. Aveva cavalcato ipogrifi e Thestral, ma mai un pegaso. Probabilmente era più comodo e meno pericoloso.
Quando Percy tornò giù, aveva un sorriso stampato in faccia che andava da un orecchio all'altro. Poi prese una zolletta di zucchero azzurra dalla tasca e la porse al pegaso che la spazzolò via senza aspettare neanche un minuto. Il semidio sorrise e gli accarezzò il muso
-Bravo Blackjack- gli disse- Bene! Chi vuole cavalcarlo?
Ad Harry sembrò di avere un dejavut. Intorno a lui non c'era nessuno, o meglio, a parte i semidei che avevano già provato la cosa, tutti, compresi i suoi amici, si erano spostati dietro.
-Harry!- esclamò Hagrid- Vieni ragazzo. Sta tranquillo. Percy ti darà una mano.
Percy sorrise, come se avesse tutto sotto controllo. In effetti era così. Il semidio sapeva dimostrare una calma incredibile.
Harry s'avvicinò al pegaso piano e lentamente, ma questo sbuffò e Harry si bloccò subito dov'era, credendo di aver fatto qualcosa di male.
-Ha detto che ti deve muovere- tradusse Percy. Harry si continuò a chiedere come il ragazzo riuscisse a capire cosa stesse dicendo. Si ripromise di chiederglielo.
Quando fu accanto a Percy, questo gli diede una zolletta di zucchero azzurra e gli disse di mettersela in tasca.
-Va bene Blackjack- disse Harry- Posso salire?
Lui annuì ed Harry salì.
-Fai il bravo- ordinò Percy, poi il pegaso sbatté le ali un paio di volte e si levò in aria.
Ad Harry sembrò di stare su una scopa o su Fierobecco. Era un'esperienza fantastica. Il sole sulla faccia, il vento tra i capelli e le mani che afferravano il pelo confortevole del cavallo, era fantastico. Non sarebbe più voluto scendere. Quando tornarono a terra, Harry gli diede la zolletta di zucchero e lo ringraziò accarezzandogli il muso morbido.
Tutti vollero provare dopo il successo di Harry, ma Percy non aveva abbastanza zollette di cui il cavallo andava pazzo, dopo le ciambelle. Harry si domandò come un cavallo facesse a mangiare delle ciambelle, ma Percy spiegò che Blackjack era un pegaso particolare.
Le due ore terminarono in men che non si dica e i ragazzi furono costretti a tornare al castello. La prossima ora sarebbe stata buca ed Harry aveva pensato di interrogare il semidio, in privato naturalmente. Dovevano fare quattro chiacchere da semidio a mago.
Lo trascinò in aula vuota con una scusa, mimando a Ron ed a Hermione di non far avvicinare gli altri. Non voleva essere disturbato.
-Dobbiamo parlare- disse Harry appoggiando la sua borsa su un banco. Percy si era appoggiato alla scrivania e aveva incrociato le braccia:- Già lo credo anche io.
-Come fai a parlare con i pegasi?- domandò di schietto Harry. Era la prima domanda che gli era venuta e la prima a cui aveva deciso di dare una risposta.
-Sul serio Harry? Mi hai fatto venire qui per chiedermi come faccio a parlare con i cavalli.
Harry negò con la testa e il semidio rispose:-Mio padre è Poseidone, dio del mare, scuotitore della terra e creatore dei cavalli. Il motivo è semplice: mio padre ha creato i cavalli e quindi io posso comunicare con essi. Tra l'altro i pegasi sono miei fratelli, in quanto figli di Poseidone e Medusa.
-Figli di Medusa?- domandò con gli occhi quasi fuori dalle orbite Harry. Quando credi di aver scoperto tutto, ecco che arriva qualcosa che ti fa credere il contrario.
-Si, figli di Medusa. Ma cosa insegnano in questa scuola?!- sbottò Percy cercando di imitare la voce di un uomo di cinquant'anni- Chirone potrebbe tenerti lezioni tutto il giorno su queste cose.
Harry scoppiò in una ristata fragorosa. Insomma, quel Chirone, era morto fantastilioni d'anni fa, senza contare che non sarebbe neppure dovuto esistere. Le sopracciglia di Percy si aggrottarono come per chiedere:"Miei Dei, perché stai ridendo?"
-Stavi scherzando vero?- domandò Harry tornando serio. Percy negò con la testa e rispose:-È il mio insegnate. È un tipo forte. Non direi mai qualcosa di negativo su Chirone.
-Ma non dovrebbe essere morto?
-Perché? È immortale. Ha lascito tutto per addestrare noi semidei. Gli dobbiamo molto. Ha allenato Achille, Eracle e qualche altro semidio.
Harry aveva paura di avere la faccia da pesce lesso. Percy alzò un dito, lo puntò contro Harry e disse:-Adesso io ho una domanda per te. Dove eravate voi maghi quando Crono stava cercando di impadronirsi del mondo? I romani attaccavano il Monte Tam, gli egizi erano impegnati con Apophis, noi greci fermavamo Crono e voi?
Harry non sapeva che ci fosse stata una guerra a Manhattan fino a pochi giorni prima e si domandava come i babbani non ne avessero parlato ai notiziari.
-Probabilmete stavamo cercando di fermare Voldemort- rispose Harry rigirandosi la bacchetta tra le dita. Il semidio annuì, come se stesse pensando se Harry stesse dicendo la verità o meno.
-Tu sai cosa sta succedendo, Percy?- domandò Harry abbassando lo sguardo- Perché vi hanno mandati qui?
Il figlio di Poseidone guardò fuori dalla finestra. Le montagne nascondevano il castello dalla vista dei mortali e il Lago Nero intanto brillava alla luce del sole. Era inverno, eppure, il sole brillava, come se Apollo li stesse proteggendo. Era un panorama mozzafiato.
-Non ne ho la più pallida idea, Harry. Quando ci sono gli dei in mezzo, non si capisce nulla. Sono stato coinvolto in due profezie e la terza sinceramente mi spaventa. Avevo promesso ad Annabeth che avremmo frequentato l'università insieme. Ora non ne sono sicuro.
E mentre diceva quelle parole, le finestre si ruppero in tanti frammenti ed entrò un leone delle dimensioni di un pick-up con gli artigli che sembravano d'argento, le fauci d'acciaio inox e la pelliccia d'oro. Una creatura bellissima se non fosse stato per la voglia di sangue che Harry vedeva nei suoi occhi.
-Il leone di Nemea!- gridò Percy- Harry mettiti al riparo!
Percy estrasse la sua penna e la scappucciò. Questa si trasformò subito in una spada di bronzo celeste di novanta centimetri. Quella si che era magia. Senza aspettare molto, Percy cominciò a menare fendenti contro il leone che aveva subito puntato lo sguardo su di lui. L'animale cercava in tutti i modi di colpire il semidio, ma quello era troppo veloce e agile per lui. I fendenti di Percy bloccavano gli artigli del leone che cercava di lacerargli la pelle sul petto.
Harry intanto stava decidendo cosa fare: chiamare i semidei o evitare di disturbarli e dare lui stesso una mano al semidio? Optò per la seconda ipotesi. Prese la bacchetta e lanciò diversi incantesimi, ma il leone non lo guardò nemmeno, tanto che era preso dal semiodio. In più sembrava che il leone fosse invulnerabile anche alla spada di Percy.
Harry urlò qualcosa come:-Ehi, tu! Guardami!
Aveva fatto comparire una bistecca dal nulla e la stava sventolando come una bandiera. Il leone si girò verso di lui e balzò subito addosso ad Harry. Lo atterrò e aprì le sue grandi fauci, rpronto a staccare la testa al mago. Percy s'arrampicò sulla scrivania, prese il primo oggetto che trovò e lo scagliò contro il leone, attirando subito la sua attenzione. Mentre si voltava con le fauci aperte, Percy lanciò la sua spada, che andò a conficcarsi nella bocca del leone. Questo si trasformò in un'impermeabile e in povere d'oro.
-Signor Potter, signor Jackson!- urlò una donna con un cappello rosso. Era la professoressa di Aritmanzia, una materia che Hermione aveva frequentato al terzo anno e che poi aveva smesso- La campanella è suonata da dieci minuti! E che cosa è successo qui? È tutto in disordine! Siete in punizione! Dopo le lezioni verrete qui e riordinerete tutto.
-Certo professoressa- rispose Harry prima che lo facesse Percy. Era sicuro che il semidio avrebbe mandato a quel paese la professoressa. Il semidio roteò gli occhi, raccolse l'impermeabile e se ne andò dalla stanza, mormorando alcune offese contro il leone di Nemea e la professoressa di Aritmanzia. Harry lo seguì, accelerando più che poté il passo.
Si diressero alla torre di Astrologia, dove era già in corso una lezione. Percy aveva nascosto l'impermeabile nella borsa e aveva preso fuori i libri.
L'insegnate fece una bella ramanzina ai due ragazzi, ma non gli assegnò una punizione. Si misero accanto ad Annabeth e Talia, poi ascoltarono la lezione senza fiatare.
-Percy Jackson!- lo chiamò la professoressa Sinistra- Se Marte e Venere sono paralleli, qual è la conseguenza?
-La terza Guerra mondiale, glielo assicuro- rispose il semidio facendo una smorfia. Non gli piaceva l'astrologia, Harry lo sapeva, perché lui aveva la stessa faccia ogni volta che la professoressa parlava.
La mano di Hermione era schizzata in alto non appena la professoressa aveva posto la domanda. Rispose correttamente anche a questa domanda e fece guadagnare ai Grifondoro dieci punti. Hermione era sempre stata una brillante studentessa e nell'ultimo anno non era cambiata.
Quando la lezione terminò si diressero immediatamente in Sala Grande per mangiare. Harry non seppe chi aveva più fame tra Ron e Percy. Entrambi finirono le loro cosce di pollo in poco tempo e il dolce che prima era vicino al loro piatto era scomparso.
-Mi fai schifo cugino- disse Talia a Percy- Sul serio. Sei disgustoso.
-Anche io ti voglio bene Talia- le rispose il figlio di Poseidone dandole delle pacche sulla spalla. Annabeth ed Hermione ridevano e Harry non poté fare a meno di unirsi a loro. Arrivò Ginny tutta ansimante e con un foglio in mano.
-Prossima partita contro i Corvonero- esclamò per poi sedersi accanto ad Harry e passandogli il foglio- Hanno un nuovo cercatore, sai? Reyna.
-Amico, sei nei guai- esclamò Leo- Reyna è una tosta e non perde mai, un po' come la nostra amica Annabeth. Ormai sono migliori amiche.
-Eh no! Annabeth è la mia migliore amica- precisò Talia- La conosco da molto più di tutti voi messi assieme. Aveva solo sette anni quando l'abbiamo trovata.
-Ha ragione- fece Luke passando accanto al tavolo dei Grifondoro con Jason e Nico.
-Taci Castellan. Non sei nella condizione di fare commenti.
Il figlio di Ermes se ne andò con le mani alzate in senso di resa e Talia lo fulminò con lo sguardo. Harry si appuntò mentalmente di non stuzzicare mai e poi mai Talia Grace.
La professoressa McGranitt arrivò al tavolo del Grifondoro con una lettera, la porse ad Harry e disse:-Per lei signor Potter. Sappia che non può tirarsi indietro.
La donna se ne andò al tavolo dei professori, lasciando Harry con la lettera in mano e gli amici che lo guardavano incuriosito.
-Dai aprila!- lo incitò Ron- O giuro che lo faccio io al posto tuo.
Harry aprì la busta con estrema delicatezza. In un certo senso si divertiva a torturare gli amici in quella maniera. Era molto soddisfacente. La lettera era ripiegata su se stessa diverse volte, come quella che arrivava quando venivi ammesso ad Hogwarts. In alto vi erano il simbolo di Hogwarts e quello del Ministero della Magia. Non era un buon segno.
-Leggila- gli disse Percy- Ad alta voce o ti infilzo con Vortice.
Harry non se lo fece ripetere due volte. Aveva paura di Percy e un Percy armato di una penna che si trasformava in spada faceva ancora più paura.
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EROI DELL'OLIMPO- L'Ultima Battaglia
FanfictionPercy Jackson pensava che la sua vita sarebbe stata tranquilla, ovviamente nei limiti di un mezzosangue, ma non pensava che stesse tutto per cambiare. Harry Potter aveva combattuto la sua battaglia, aveva sconfitto il Signore Oscuro e salvato i su...