Nessuno riusciva a crederci ed Annabeth voleva scoprire che cosa stava accadendo. Provarono, nei giorni seguenti a contattare Chirone o gli altri ragazzi del campo, ma nulla. Intanto, ogni mattina o sera, un semidio veniva espulso dal Campo Mezzosangue o dal Campo Giove. Anche i ragazzi della Brooklyn House stavano facendo la stessa fine. Talia e Bianca non erano più tra le Cacciatrici di Artemide per una qualche strana e inspiegabile ragione, Will non faceva più parte dell'Associazione della Lira di Apollo e a Silena non arrivavano più le riviste di moda olimpica.
Una mattina, arrivò una biga trainata da pegasi bianchi che Silena riconobbe come DJ e Starlight. Dalla biga scesero tre figure che inizialmente Percy non riconobbe. Un secondo dopo il semidio stava correndo come un dannato verso di loro. Erano Clarisse LaRue, Chris Rodiguez e Rachel Elisabeth Dare. Erano graffiati e mal messi. Clarisse non si faceva problemi con le cicatrici, ma sembrava che quelle le dessero fastidio. Aveva una bandana tra i capelli castani, jeans mimentici sporchi e logori, anfibi neri incrostati di fango, come se fosse stata giorni in trincea, e una maglietta rossa. Normalmente aveva sempre un'arma in mano, spesso una lancia, ma al momento era nel fodero sulla schiena. Chris, il ragazzo ispanico di Clarisse, aveva quello che Silena chiamava "problemi di stile", anche se Percy non lo credeva affatto. Rachel era scossa da brividi. Aveva i capelli rosso fuoco raccolti in una coda, gli occhi verdi che luccicavano e i soliti vestiti sporchi di tempera.
Annabeth correca dietro di Percy che cercava di non inciampare nella divisa.
- Che cosa ci fate qui?- domandò Percy con il fiatone. Perché Chirone li aveva mandati qui.
-Sono successe delle cose, Percy- rispose Rachel aggrappandosi al braccio del ragazzo quasi fosse un'ancora- Chirone... il Signor D... Il campo...
Rachel svenne e il figlio del dio del mare la prese al volo. Chissà cosa era successo. Clarisse borbottó qualcosa che nessuno capí. Harry suggerrí di portare Rachel in infermeria e così fecero. Mentre passavano per i corridoi della scuola, gli studenti li guardavano male, incuriositi e terrorizzati. Lasciarono Rachel alle cure di Madama Chips e uscirono dall'infermeria, dove li avevano raggiunti il resto della squadra. Sadie e Ziah avevano gli occhi rossi e Walt teneva stretti i pugni dalla rabbia.
-Cosa è successo?- domandò Talia preoccupata a Sadie che continuava a singhiozzare. Sadie, con voce tremante, disse:- Ci... hanno espulso dalla Brooklyn House. Carter è andato a chiamare Amos per avere delle spiegazioni.
Percy non sapeva cosa stesse succedendo. Forse si erano sbagliati a scrivere. Che gli Dei si fossero bevuti qualcosa? Probabile, del resto esisteva un dio del vino.
-Rachel è in infermeria- disse Annabeth- O meglio: l'Oracolo di Delfi Rachel Elisabeth Dare è in infermeria.
-Perché hai usato il suo nome completo?- le chiese il figlio di Poseidone. Annabeth lo guardò ed esclamò:- Taci Testa d'Alghe.
La mattina passò lenta. Clarisse di messa nella casa di Grifondoro e Chris in Serpeverde. Rachel uscì dall'infermeria dopo pranzo e fu smistata in Corvonero dopo dieci minuti di indecisione del Cappello Parlante. Prima delle lezioni pomeridiane, si riunirono nel giardino di Hogwarts sotto un grande albero. Era pieno inverno e la neve si era sciolta a malapena. Si stava bene, nonostante il vento di Febbraio. Erano un gruppo di più di trenta ragazzi e certamente non passavano inosservati. Nessuno parlava. Forse, temevano di scoprire la verità. L'arrivo dei tre ragazzi non era stato programmato e la situazione turbava Percy. Chirone non li aveva neanche avvisati e le lettere che arrivavano non miglioravano la situazione.
-Che cosa sta succedendo, Clarisse?- domandò Percy. La figlia di Ares impallidì, diventando quasi color porcellana spento, e i suoi occhi erano velati dalle lacrime. Era giunta a Hogwarts con il volto rigato, come se avesse lasciato qualcuno a cui voleva bene e forse era così. A Percy spezzò il cuore nel vedere il volto della semidea a pezzi. Avevano avuto dei trascorsi lui e Clarisse, nonostante ciò avevano imparato a collaborare, anche se nessuno dei due l'avrebbe mai ammesso in tutta sincerità.
-Quando ve ne siete andati, Chirone è partito anche lui e il Signor D è stato richiamato sull'Olimpo. Eravamo persi e ognuno di noi voleva prendere il comando. È scoppiata una discussione. Mentre discutevamo, qualcuno ha abbattuto la barriera e ha permesso ai mostri di entrare.
-Chi era?- domandò Piper. Clarisse storse la bocca:-Una figlia di Ebe, Giuly credo che si chiami. Sta di fatto che ha iniziato a catturare tutti, cercando anche di prendere il comando. Abbiamo resistito per un po', ma non ce l'abbiamo data. Aveva mostri strani e potenti, diversi da quelli che siamo abituati a combattere. Malcom diceva che erano chimere. Ci siamo ridotti a poche persone e siamo scappati.
-Perché non siete andati al Campo Giove?- chiese Reyna- Vi avrebbero accolto.
Il Campo Giove non è messo meglio- rispose Chris serio- Anche lì non stanno andando bene le cose. L'unica cosa che potevamo fare era venire qui ad avvisarvi. A Brooklyn non sappiamo esattamente cosa stia succedendo, ma ogni giorno ci sono lampi di luce ed esplosioni.
Sadie si coprì la bocca con le mani e i suoi occhi iniziarono di nuovo a lascrimare e prese a borbottare nomi: Brooklyn House... Filippo di Macedonia... Khunfu... Bast...
Clarisse proseguì:- Quelli che sono sopravvissuti saranno tornati alle loro case. Non vorranno fare nulla se non evitare di morire. Giuly ha mandato mostri alla ricerca di tutti i semidei in tutto il mondo. Ci vuole morti... tutti... Tranne voi e Rachel.
-Perchè vogliono vivi solo noi?- chiese Hazel in panico- Cioè, ci sono tanti semidei e vuole proprio noi?
-Non abbaimo scoperto che cosa voglia esattamente, ma per sicurezza abbiamo portato via Rachel- disse Clarisse. Percy era serio:- Gli altri? Dove sono quelli che sono tornati nel mondo dei mortali?
-Non lo sappiamo. Miranda e Katie staranno nascondendo in campagna con altri dei sopravvissuti. Michel Yew è partito alla volta di Washigton quasi subito essere arrivato portandosi alcuni con lui, sapendo che in pochi saremmo usciti vivi dal campo. Ha sparpagliato molti satiri a cercare semidei per tutta l'America. Adesso, però, dovete preoccuparvi di voi. Vi sta dando la caccia, la figlia di Ebe. Vi troverà e vi ucciderà.
Annabeth pensò un po', poi disse:- Non possiamo rimanere qui. Metteremo in pericolo tutta la scuola e, a uanto ho visto, la scuola ne ha avute abbastanza per questo secolo...
-Non potete andarvene così!- esclamò Ginny-È molto pericoloso e poi, ormai, ci siamo dentro anche noi... Voldemort è tornato. Harry lo ha percepito e se siete qui, tutti voi, vol dire che dobbiamo collaborare. Percy, hai detto che facciamo che ora facciamo parte degli Eroi dell'Olimpo... Bene allora siamo una squadra e, in una squadra, nessuno si lascia indietro.
Ginny aveva detto una cosa vera: loro erano una squadra. Percy, però, non se la sentiva di condurli alla morte certe. Voleva davvero mandarli verso un destino ingnoto? No, quei ragazzi erano una nuova componente della loro famiglia e non li avrebbe condotti verso quel destino che era riservato ai semidei e a chi faceva parte di quel mondo governato da Dei. Eppure, sentiva che il loro aiuto fosse indispensabile e poi il fatto che lui e Harry fossero legati, voleva dire qualcosa no?
-Ci penseremo su- disse conclusivamente Annabeth- Entro la settimana dovremmo decidere: o andarsene o restare qui e combattere.
Percy non aveva dubbi: dovevano fuggire, ma questo voleva dire tornare clandestini, però se serviva per salvare i suoi amici... l'avrebbe fatto. Suonò la campanella e Percy si sentì sollevato. Voleva provare a dimenticare quello che gli avevano raccontato. Era orribile. Il suo campo, casa sua, era stato ucciso ed ora era sotto una dittatura e questo non andava bene, neanche un po'. Andò a Pozioni non aprendo bocca e in aula non combinò nulla: si sedette su una sedia in un angolo e cercò di trattenere le lacrime e le lacrime si trasformarono in rabbia. Rabbia verso quella persona che gli aveva tolto la casa. Quando il professor Lumacorno gli chiese dov'era la sua pozione, Percy gli scoccò un'occhiata e metà dei calderoni slatò in aria. Lumacorno non lo sgridò e non lo mise neanche in punizione. Questo fece arrabbiare ancora di più il semidio. Dopo Pozioni andò a lezione di Volo. Lì, rimase seduto a stappare Vortice a pensare. Voleva combattere, sfogare la rabbia e a allora sì che avrebbe pensato a tutto il resto. La professoressa lo guardava incuriosita. Percy sentiva il suo sguardo addosso. Alla fine della lezione, il figlio di Poseidone ricevette una pergamena dove la professoressa McGranitt gli diceva di andare subito nel suo ufficio e di portare con lui Harry. Percy andò a recuperare Harry ed, insieme, salirono nell'ufficio della preside. Harry pronunciò la parola d'ordine e il gargoyle di pietra che faceva la guardia si mosse, rivelando una scla a chiocciola che portava su. Harry e Percy salirono le scale e bussarono alla porta dell'ufficio. La McGranitt era seduta alla scrivania e nella stanza c'erano altra tredici persone. A Percy per poco non venne un colpo. Erano tredici uomini e donne in armatura greca e armi micidiali.
-Perseus!- esclamò un uomo della barba e capelli neri, l'armatura d'oro, gli occhi blu elettrico e un'asta che mandava smette a destra e sinitra . Percy lo riconobbe subito: Zues. Di certo non passava inosservato con la bomba nucleare olimpica, meglio nota come Folgore. Percy s'inchinò e disse:-Salve divino Zeus.
Harry collegò velocemente le cosa. Se quello era Zeus allora gli altri erano...
-Inchinati Harry prima che ti fulminino- sentì Percy borbottare. Non se lo fece ripetere diverse volte: s'inchinò.
-E lui dev'essere il giovane Harry Potter- proferì Zues- Ti abbiamo osservato ragazzo e dobbiamo ammettere che hai creato non pochi problemi, ma siamo comunque orgogliosi di te. Hai fatto un ottimo in questo anni, anche se le Parche non hanno ancora finito con te, come con lui.
Il dio dei cieli indicò Percy che sbuffó come un treno a vapore. Harry capiva come si sentiva.
-Zeus- preferì un uomo dai capelli neri, gli occhi del colore mare, l'armatura argento e il tridente. Harry notò che quel dio, chiunque fosse, gli ricordava qualcuno.
-Forse dovremmo dirgli perché siamo qui- proseguì il dio.
-Padre- disse Percy- Io vorrei sapere cosa sta accadendo al Campo Mezzosangue.
Harry spostò lo sguardo da Percy al dio con gli occhi verdi e collegó le cose: il dio era il padre del semidio che gli era accanto. Come non aveva fatto a non notarlo subito la somiglianza tra i due? Harry non se ne rendeva conto. Erano praticamente due gocce d'acqua.
-Professoressa McGranitt- disse Harry- Che cosa sta succedendo?
-Te lo spiegheranno loro, signor Potter, sono qui a posta per parlare con voi- rispose la professoressa- Io sono qui perché c'è di mezzo la scuola, altrimenti non mi avrebbero mai permesso di stare qui. Mi ha avvisato Chirone del loro arrivo.
-Chirone come sta? È tutto okay? Perché se n'è andato dal campo?- domandò a raffica Percy sia alle divinità che alla direttrice. I loro volti si rabbuiarono e Percy urlò, vedendoli:-Allora?
-Percy- cominciò Poseidone- Chirone non lo troviamo più. Pensiamo che si sia dato alla fuga perenne. La sua ultima lettera, quella alla McGranitt risale a due settimane fa. Da quel momento non l'abbiamo più sentito. Potrebbe essergli accaduto qualunque cosa... compresa la morte.
-Padre, non può essere morto! Chirone è immortale, non può morire e soprattutto non ci avrebbe lasciato. Ade avrebbe sentito la sua morte nel caso, no?
Percy si rivolse ad un uomo dai lunghi occhi e capelli neri, una veste decisamente particolare e armatura completamente nera. Sotto il braccio aveva un elmo che mise paura a Harry con poco. Assomigliava molto Piton, ma Harry non ci pensò più di tanto. Non aveva dimenticato chi aveva dato la vita per proteggerlo, ma non era il momento per pensarci.
-Non è morto il tuo insegnate, semidio, non ti preoccupare- spiegò quello che Percy aveva capito essere Ade, il dio dei morti.
-Visto?!- esclamò Percy- Chirone non è morto.
Gli Dei si scambiarono alcune occhiate, poi una donna dai capelli neri e occhi grigio tempesta disse:-Non è per Chirone che siamo qui, padre.
Zeus annuì:-Hai ragione Atena, non è per parlare di Chirone che siamo qui. Perseus, Giuly ti sta dando la caccia, lo sai. Vuole te e i tuoi amici come trofeo. Non vogliamo dirti come affrontare la situazione, ma volevamo darti dei doni che ti potranno aiutare. Harry, per quel che ci riguarda, la tua vita non dipende da noi e non è direttamente dipendente dal nostro mondo, di conseguenza puoi fare le tue scelte.
Harry pensò che aveva sempre dovuto fare tutto da solo. Certo, c'erano stati Ron e Hermione con lui, ma non avevamo mai avuto un aiuto "divino". Suonò una campanella d'allarme e Harry sfoderó la bacchetta, pronto a difendersi.
-Ehi, ehi!- esclamò un signore alto, gobbo e un po' storpio- Posa quella bacchetta, ragazzo. È solo una sveglia. Indica che il nostro tempo è finito.
Riluttante, Harry abbassò la bacchetta:-In che senso?
-La figlia di Ebe ci sta dando la caccia e non abbiamo molto tempo per parlare- spiegò una donna graziosa dai capelli neri, occhi scuri e un abito verde e oro con la falce.
-Padre- disse Percy- Dove vi trovate?
-Percy, ascoltami, segui il tuo cuore. Non cercarci, noi ce la caveremo. Riunisci le tue forze, estirpate Giuly dalla vostra casa e poi veniteci a cercare.
Percy annuì con poca convinzione. Poi, senza aggiungere altro, quasi contro la loro volontà, gli Dei sparirno sotto gli occhi di Harry in pouf colorati. Harry lanciò un'occhiata a Percy che era profondamente traumatizzato. Almeno a lui avevano dato molte più informazioni di quando lui aveva cercato gli Horcrux. Qui però c'era in ballo il modo, l'Olimpo, Hogwarts e l'equilibrio, Harry lo percepiva.
-Signor Jackson, signor Potter- li chiamò la McGranitt- Volete un po' di the?
Harry annuì e s'accomodó sulla sedia davanti alla scrivania della preside. Questa versò del the in due tazze di porcellana e le servì ai due ragazzi. Percy si guardava le mani. Harry non sapeva a che cosa stesse pensando il figlio di Poseidone e non non voleva chiederglielo, perchè glielo doveva dire lui, quando sarebbe stato pronto. Non glel'avrebbe mai chiesto, neanche sotto tortura. Percy, dal canto suo, non sapeva cosa fare. Tredici Dei erano piombati ad Hogwarts per dirgli delle cose che già sapeva e per porgli dei "doni" che non non gli avevano dato. Si era accorto che Dioniso non aveva detto nulla e la cosa lo intimoriva. Probabilemte, molto porbabilmente, non era stato lui ad inviare le lettere dal Campo mezzosangue e Giove, Artemide, Apollo ed Afrodite, non avevano fatto altrettanto. Che cosa doveva fare ora? Scappare da Hogwarts e affrontare la figlia di Ebe da solo? Nessuno gliel'avrebbe permesso, neppure Clarisse.
-Non possiamo rimanere ad Hogwarts- disse il figlio di Poseidone- La ringraziamo professoressa McGranitt di tutto, davvero, non pensavamo di causare così tanti problemi, mi dispiace.
Detto questo s'alzò e uscì dall'ufficio della preside. Corse giù per le scale e si diresse verso il dormitorio dei Grifondoro, ignorando harry che lo chiamava a gran voce. Passato il buco del ritratto, andò nei dormitori e iniziò a preparare le valige. Che cosa avrebbe fatto poi? Avrebbe cercato quella semidea che stava facendo male alla sua casa e all'intero mondo.
-Levicorpus.
Percy venne capovolto a si ritrovò a guardare Harry all'incontrario.
-Mettimi giù- ringhiò il figlio di Poseidone. Harry ignorò l'ordine del semidio e chiese:-Davvero te ne vuoi andare? Davvero vuoi lasciare tutti così? Non pensi ad Annabeth o a Talia o a Nico, Jason, Leo e Frank? Non pensi a noi?
Percy rimase in silenzio poi disse:-Si, me ne voglio andare.
Harry lo riportò lentamente con i piedi per terra e commentò:-Lo sai che è un suicidio? Dove pensi di andare? In America? Ti cercano, Percy, vi cercano! Vi vogliono morti!
-Harry, tu non capisci!- sbottò Percy i n preda ad un attacco di rabbia- Non vuole gli altri! Lei vuole me! Vuole uccidermi, lo so perchè è così! Da quando sono nato è così!
-E perchè proprio te!
-Perchè è la vita, Harry! Da quando sono nato che è così! Due profezie Harry! Nessuno sopravvive a due profezie.
-Percy, promettimi che non te ne andrai da solo da Hogwarts. Giuramelo sullo Stige.
Percy guardò harry negli occhi. come faceva a sapere del fiume infernale e del suo giuramento, percy non lo sapeva, ma annuì lo stesso. Harry sapeva essere pericoloso, quando voleva. Il grifondoro agitò la bacchetta e i vestiti che Percy aveva messo nella valigia tornarono al loro posto: alcune dentro al baule ai piedi del letto, altre nell'armadio. Il semidio si gettò sul letto e chiuse gli occhi, inspirando profondamente. Harry temeva di averla fatta grossa.
-Non sei arrabbiato vero?- chiese il mago ancora in piedi. Vide Percy scuotere la testa e continuò:-Sto solo cercando d'impedire che t'ammazzi percy. Vuoi che ti chiami Annabeth?
Scosse di nuovo la testa e mugnò:-Voglipo stare da solo se non ti dispiace.
Harry, a malincuore, si girò e uscì dal dormitorio lasciando il semidio da solo. Che avrebbe fatto ora che era solo? Ma era pazzo? Harry, senza quasi neanche pensarci, girò i tacchi e tornò sui suoi passi. Entrò nella stanza e vide che il ragazzo era ancora lì e stava guardando il suo album di fotografie. Si guardarono per un attimo, poi Percy disse tranquillo:-Vuoi sentire qualche storia divertente?
Gli angoli della bocca di Harry sì'alzarono verso l'alto. Si lanciò sul letto e ascoltò l'amico.
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EROI DELL'OLIMPO- L'Ultima Battaglia
FanfictionPercy Jackson pensava che la sua vita sarebbe stata tranquilla, ovviamente nei limiti di un mezzosangue, ma non pensava che stesse tutto per cambiare. Harry Potter aveva combattuto la sua battaglia, aveva sconfitto il Signore Oscuro e salvato i su...