Fifteen

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Si era fatto tardo pomeriggio, ed il sole a Brooklyn stava per avvolgere le strade asfaltate ed i negozi in un telo di oscurità chiaro. Steve aveva ben scelto di proseguire a piedi le vie dei quartieri familiari, per lasciare a Bucky il tempo e la tranquillità di studiare ed osservare l'ambiente intorno a se, e soprattutto, per fargli sgranchire le gambe.
Vederlo così stupefatto difronte a luoghi e oggetti monotoni e abituali era uno spettacolo che trasmetteva tenerezza a Steve.
«Ho prenotato una stanza qui vicino, in un hotel abbastanza accogliete, spero proprio che ti piaccia.» gli disse.
James non prestò molta attenzione a Steve, troppo concentrato a camminare a paso veloce sui marciapiedi del centro urbano, che aveva catturato la sua attenzione grazie alle numerose vetrine di svariati negozi. C'erano vestiti esposti in bella vista, ristoranti con una vasta gamma di pietanze, negozi per animali, per bambini, per ragazzi, centri di riparazione per oggetti elettronici, e chi più ne ha più ne metta, tutto ciò che Bucky aveva dimenticato per troppo tempo. Steve fece alcuni passi avanti da solo, accorgendosi immediatamente che il compagno si era fermato difronte ad un negozio, sfiorando con le dita la vetrina ben pulita. Era una galleria d'arte, dove dall'altra parte della parete di vetro erano esposte alcune opere su tela, fra queste un raggiante dipinto che ritraeva un vaso con dei girasoli. Bucky si accigliò, catturandone ogni particolare.
«Ti piace?» domandò Steve alle sue spalle, facendolo voltare di scatto. Bucky annuì, e tornò a fissare il dipinto, con espressione seria simile ad un broncio.
«È una riproduzione di un dipinto di Van Gogh.» aggiunse il biondo.
«È molto particolare, mi piace...mi piace il giallo.» gli rispose. Da quell'affermazione Steve capì che Bucky non ricordava minimamente ciò che aveva detto non molto tempo prima riguardante i dipinti ed i colori.
«Sai, Van Gogh ha dipinto quasi 900 tele e abbozzato più di mille disegni.» Bucky non poté trattenere lo stupore, rivolgendosi di nuovo all'attenzione di Steve;
«Sono davvero tantissimi.»
Rogers sorrise, riprendendo a camminare lentamente, affiancato dal moro che aspettava impaziente altre curiosità e racconti.
«Nessuno ha ben stabilito di quale malattia soffrisse Van Gogh, ci sono più di 30 diagnosi, i medici credono si trattasse di schizofrenia, sifilide, e pensa, anche l'avvelenamento per aver ingerito vernici!»
«Perché mai avrebbe dovuto assaggiare la vernice?» domandò sorridendo James, avvicinandosi sempre di più al braccio di Steve.
«Non ne ho idea, ma sai cosa diceva?» il biondo continuò a mantenere un filo logico al discorso per metterlo a suo agio. Bucky scosse la testa ed attese la risposta.
«"Non so nulla con certezza, ma la vista delle stelle mi fa sognare"
Bucky si ammutolì socchiudendo le labbra, incantato da quella frase dannatamente familiare, e stavolta non si sbagliava, Steve aveva fatto centro, difatti quella era la frase preferita del giovane James, che l'aveva persino scritta a caratteri cubitali sulla parete della sua stanza.
Storse il naso e si accigliò pensieroso: «Abbiamo l'anima fatta di stelle e sogni.» Furono le uniche parole che riuscì a dire con serenità, accelerando il passo per aver visto un negozio di dolciumi non molto lontano da loro. Steve si fermò per un istante, a guardalo da dietro come quando da ragazzi Bucky correva avanti per esibirsi nel suo solito fare spiritoso davanti agli occhi imbarazzati del magrolino biondo.
Gli mancò, di nuovo, avrebbe voluto più di ogni altra cosa non averlo mai perso.
Un'altra mezz'ora passata a gironzolare per negozi, ed un pacchetto di liquirizie fra le mani di Bucky fecero calare definitivamente la sera. I lampioni nelle strade illuminavano quasi del tutto la città, ad eccezione di quel luogo in cui era cambiato tutto.
Dovettero raggiungere in auto la meta stabilita da Steve, per fortuna, non trovando molto traffico lungo la strada. In quel posto isolato, illuminato da una tenda di stelle, le onde dell'acqua gelida si schiantavano contro la spiaggia ed i pilastri del ponte. Steve guidò Bucky fra i ciottoli di ghiaia e l'erba secca, portandolo al centro di quel piccolo spiazzale di terra bagnato dall'acqua. Soffiava un'aria fredda ma non eccessivamente gelida, il rumore delle loro scarpe contro il terreno emetteva un piacevole scricchiolio, ed il rumore tipico e caotico della città era ormai troppo lontano per le loro orecchie. Bucky, con tutta tranquillità, prese l'iniziativa di sedersi sulla riva, senza però rischiare di bagnarsi i piedi. Steve si mise accanto a lui distante davvero pochi centimetri, sostenendo il peso del suo corpo con le braccia tirate indietro.
James guardò la distesa d'acqua nera che continuava per chilometri, con una striscia di giallo aggiunta dal riflesso della luna; le gambe incrociate ed una mano dolcemente poggiata sul dorso di quella di Steve, che rabbrividì a quel contatto.
«Sarò squallido e tristemente romantico, ma il cielo stasera è meraviglioso.» gli disse Barnes.
Rogers si voltò verso Bucky in maniera ingenua, quando il moro parlò con tono rauco. Era insolito che James parlasse così concretamente, qualcosa che non era mai accaduta da quando Steve lo aveva rincontrato.
«Mi è sempre piaciuto il tuo modo di essere romantico, lo sai.» rispose in ritardo, guardando in avanti.
Le dita di Bucky si intrecciarono fra quelle di Steve, che rilassò i muscoli e, timidamente, fece la stessa cosa con la mano del maggiore. Si inumidirono entrambi le labbra, nervosamente. Il cuore di Steve stava per salirgli in gola in uno scatto fulmineo, mentre James pareva del tutto sereno.
«Ti amo.» disse poi il paziente, sorridendo in maniera tenera e stanca.
«Buck, io...» Steve balbettò con gli occhi lucidi, aggrottando la fronte «Ti ricordi questo posto?»
Il moro fece un'espressione spiritosamente confusa, scrollando la testa.
«Davvero non ricordi nulla? Quando ti ho chiamato di sera tardi perché ero ubriaco e solo, e poi mi hai baciato...» sembró deluso e agitato, piegandosi verso di lui.
«Cosa stai dicendo? Sta calmo, noi non siamo mai stati qui, che ti prende?»
Rogers si alzò in piedi, carico di frustrazione e delusione. Non poteva accettare che Bucky non ricordasse quel luogo, quell'episodio così importante. Era stupido ed infantile, non poteva prendersela con un povero malato, ma non riuscì davvero a controllarsi. Non si trattava più di impersonare il ruolo di medico professionale capace di sopportare ogni caso clinico, qui si trattava di Bucky, della loro vita, di loro due. Steve era arrabbiato con la sua malattia, avrebbe potuto ucciderla se solo fosse stata una persona; gli aveva portato via sua madre, e ancor prima che lui lo sapesse, anche Bucky. Ogni speranza, ogni tipo di pensiero che aveva immaginato avrebbe potuto migliorare la vita del compagno, sparirono.
Accelerò il passo e si fece seguire da Bucky;
«Andiamo in hotel, si è fatto tardi.» la sua voce era ferma e seria.
«Ma che ti prende?» domandò irritato James, allargando le braccia e raggiungendolo, salendo in macchina con lui e mantenendo un silenzio frustrante per tutto il tempo.

Remember me ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora