Twentynine

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Quel pomeriggio Bucky era più silenzioso del solito. Non era di sua abitudine chiacherare, il fatto che Steve, Peter e tutti gli altri gli  facessero visita durante il giorno lo allietava parecchio, ma in ogni caso il paziente non si esponeva con più di qualche parola d'apprezzamento, semplicemente perché affrontare dei lunghi dialoghi metteva a dura prova la sua limitata capacità cognitiva.
Steve si era presentato da lui assieme a Wanda, che aveva passato quasi venti minuti assieme ai due, regalando a James un libro e delle matite colorate per far disegnare Steve. Era strano, perché Bucky non sorrise entusiasta come un ragazzino quando ricevette quei doni. Ogni oggetto regalatogli, dal più inutile al più costoso, per lui aveva lo stesso valore inestimabile, ma in quella fredda giornata di dicembre nulla poteva smuovere lo stato d'animo del moro. Wanda lo guardò dispiaciuta e pensierosa, lasciandogli il libro fantasy dalla copertina rigida far le gambe, scostandogli una ciocca di capelli dietro l'orecchio e andando via, ritornando al suo lavoro.
Steve si accorse dello stato d'animo del paziente, non appena varcò la stanza e focalizzò i suoi occhi bassi. Si avvicinò al letto e prese fra le mani il libro, leggendo la trama sul retro della copertina:
«Sembra una storia interessante, potrei leggertela se ti va.» disse, tenendo la testa china ma lo sguardo verso Bucky, completamente assolto nel suo silenzio, fissando il nulla fra la sua mano.
Steve fece silenzio, serrando le labbra pensieroso, e poggiando il libro sul letto. Si sedette ai piedi di Barens e lo guardò senza dire una parola.
«Cosa c'è che non va, Buck?»
Quella domanda era la più irritante ma allo stesso tempo la più giusta che il tirocinante potesse fare. Una rabbia improvvisa salì al petto di Bucky, ed un disperato bisogno d'aiuto tramutò la sua espressione. Strinse il pugno e si morse il labbro, concentrandosi con tutte le sue forze per trattenere le lacrime. Una delle cose che non avrebbe mai voluto fare in quel momento era piangere difronte a Steve. Deglutì dolorosamente il nodo alla gola, e poi iniziò a mormorare in maniera frustrata:
«Sono stanco.»
Steve si avvicinò di più a lui, prendendogli la mano in un vano tentativo di rassicurarlo:
«Di cosa?»
«Della mia vita.» finalmente i suoi occhi verdi si spostarono verso il biondo, così umidi di lacrime che incutevano angoscia. Steve corrugò la fronte, lungo la sua guancia la cicatrice ormai rosea e poco in rilievo venne tirata dalla sua espressione affranta, la stessa causatagli proprio dalla persona estremamente fragile e scossa difronte a lui. Con l'altra mano gli accarezzò le guance ruvide dalla barba scura, che gli solleticò il palmo.
«Non ce la faccio più.» disse con un filo di voce straziante Bucky, che abbassò gli occhi e socchiuse la labbra per respirare, mentre finalmente una lacrima riuscì a scappare via.
«È difficile, ma tu sei nato per lottare, noi due siamo stati messi al mondo per lottare insieme.» annuì Rogers, rafforzando la sua stretta. Barnes scosse la testa bruscamente costringendo le carezze di Steve di andare via, con le guance orami bagnate di lacrime e le labbra carnose umide. Strizzò gli occhi, ed anche se ormai stava annegando in un mare di lacrime, si controllò dolorosamente per non crollare del tutto e non potersi più recuperare.
«Non mi importa nulla, voglio solo uscire di qui, voglio toccare la neve, voglio poter accompagnare Peter a scuola, voglio solamente essere normale!» sbottò alzando la voce, e respirando irregolarmente; iniziò a gesticolare con l'unico braccio rimasto: «Ieri notte ad esempio, ho fatto qualcosa di importante, ma non ricordo assolutamente un cazzo! Perché Steve? Perché devo aver paura di poterti dimenticare?» l'ultima domanda fu sussurrata con estremo e straziante dolore, tirandosi in avanti con il busto e fissando Steve in maniera fin troppo carica di disperazione. Rogers deglutì, e con un filo di voce riprese a parlare:
«Tu non mi hai mai dimenticato, mai. In tutti questi anni sono sempre stato con te, e non devi avere paura che un giorno io me ne vada, perché sarò con te fino alla fine.»
«Ma io non posso vivere così, tu non lo capisci, nessuno potrà mai capirlo. Guardami!» l'amputazione del braccio di Bucky era non molto più alta del gomito, lasciandogli la forma visibile del bicipite ancora fasciata in una candida benda sterilizzata. Non era un bello spettacolo, e non lo sarebbe stato altrettanto quando la cicatrice sarebbe stata visibile a tutti. Steve lo guardò, come gli aveva chiesto disperatamente Bucky, e sorrise ingenuamente quando lo ebbe bene sotto gli occhi. Si rese ridicolo, ma non poté fare a meno di constatare quanta bellezza avesse l'elogio di poter osservare.
«Potrai anche essere incompleto, ma completi me, e di questo dovresti esserne onorato. Sei malato, e allora? Questo non cambierà ciò che farò per te, per aiutarti. Ci sono io amore, e il più presto possibile ti porterò via di qui.»
Bucky fece silenzio e smise di piangere. Era sorpreso, ma il suo orgoglio non gli fece modificare l'espressione seria che aveva. Steve gli sorrise, facendosi spazio sul letto e trovando una posizione abbastanza comoda al fianco del moro. Dal lato sinistro, con il braccio amputato poggiato sul petto, e il corpo di Bucky completamente abbandonato a lui. Timorosamente e con estrema delicatezza, si permise si sfiorare la medicazione della ferita, facendo trattenere il fiato a James.
«Sta tranquillo.» gli sussurrò all'orecchio, massaggiando quello che ormai restava del suo arto, come una carezza invisibile e calda. Bucky chiuse gli occhi, nemmeno lui aveva avuto il coraggio di toccarsi, e quando Steve doveva cambiargli la medicazione lui cercava sempre di distrarsi. Aveva paura, un'estrema paura di sentire dolore, di poter crollare per quella mancanza, ma si sentì libero, si sentì a casa. La mano dolce di Steve lo accarezzò ancora, facendo calmare persino il suo solito dolore ormai diventato d'abitudine, meglio di qualsiasi altro farmaco. Il moro poggió la testa sul viso di Steve, che lo baciò senza indugiare.
«Non credi sia ora di iniziare la fisioterapia? Non cammini da quasi due mesi.» gli domandò Steve.
Bucky sorrise ad occhi chiusi ed annuì, in quel momento, qualsiasi cosa gli sarebbe andata bene, perché era completamente dipendente dalle mani di Steve.
«E quella cosa che hai fatto stanotte, non ricordi proprio nulla?» la domanda del biondo lo fece pensare per un breve istante, senza sforzarsi troppo. Continuò a sorridere, lasciandosi viziare dal tirocinante sotto di lui. Non lo ricordò con esattezza, la scena che gli si era presentata davanti gli occhi era sfocata e confusa, ma ricordò di aver toccato la neve, e di averlo fatto fuori dal letto.
«Sono sicuro che la fisioterapia andrà bene.» si limitò a rispondere sfacciatamente, tenendo solamente per se quel segreto dimenticato.

Remember me ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora