Eighteen

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Il luogo in cui Steve aveva portato Bucky non era né una spiaggia né un locale; un appartamento su di un palazzo di cinque piani, senza ascensore e con delle vecchie scale antincendio arrugginite. I mattoni che lo costruivano erano di un rosso cremisi scuro, ed il portone in legno sembrava essere stato cambiato da poco. Quella piccola casa era ancora di proprietà dei Rogers, ed anche se il padre di Steve si era ormai trasferisco da tempo, quell'appartamento pieno di ricordi era sempre nelle mani del ragazzo. Il portinaio, un uomo anziano, gli consegnò la copia delle chiavi, e fino a quando entrambi varcarono la soglia dell'abitazione Bucky non riuscì a collegare quel posto a nulla.
«Cos'è questo posto?» domandò confuso, osservando il divano a due posti al centro del salone ed una vecchia libreria impolverata.
«Era casa mia, ci sei venuto spesso.» spiegò Steve mantenendo un tono sereno, come se stesse cercando di non far fuggire un animale selvaggio. James sfiorò i cuscini del divano con delicatezza, avanzando lentamente per il corridoio dal pavimento in legno che picchiettava a contatto con le sue scarpe, vecchio ma ancora in ottime condizioni. Si fermò al centro concentrandosi sul rumore che emetteva la superficie lucida sotto di lui;
«Ha sempre scricchiolato, quando venivi di nascosto facevi attenzione a non farti sentire.» disse Steve sorridendo.
«Perché venivo di nascosto?» domandò confuso aggrottando la fronte.
«Perché i miei genitori avevano sospettato della nostra relazione, e non erano molto entusiasti che io continuassi a frequentarti. Non è da tutti accettare un figlio che ha un ragazzo.»
«Se le cose stanno così, allora è un bene che io non ricordi questo particolare.» disse James, trattenendo un pizzico di rabbia e riprendendo a camminare. Steve lo seguì, fermandosi alle sue spalle quando Bucky si accigliò confuso ed osservó una porta di legno scheggiata con un porta chiavi a forma di stella appeso alla maniglia. Il moro aprì la porta lentamente, come se stesse ragionando su qualcosa di estremamente complicato, mentre gli infissi cigolarono e resero la porta più dura.
«Questa è...» Steve riprese a parlare da brava guida, imitando il passo lento e intimorito del ragazzo, mentre si fermava difronte al letto ben fatto vicino alla parete, proprio sotto la finestra.
«È la tua camera.» era talmente scioccato che rimase a fissare un punto indistinto per almeno due minuti, aprendo le mani e stabilizzando il suo equilibro a mezz'aria. Alzò il capo e si avvicinò alla finestra, toccando con delicatezza il davanzale, anch'esso impolverato. Era così stupefatto che fece fatica anche a regolare il proprio respiro, lasciando il palmo poggiato sullo scaffale illuminato, mentre nella sua mente malata a poco a poco diversi ricordi iniziarono a riaffiorare. Adesso aveva paura, era terrorizzato da quella stanza, lì, dove aveva avuto inizio tutto, e dove quel tutto aveva smesso di esistere. Si rivolse verso Steve, con gli occhi lucidi e le labbra secche;
«Qui studiavamo, ascoltavamo la musica, e...» desse Rogers; Bucky si voltò di profilo, accigliandosi con le braccia lungo i fianchi rigidi, sbottando a voce bassa: «...e ci baciavamo.»
«Lo ricordi?» chiese intimorito il biondo, trattenendo l'istinto di prendergli la mano.
Bucky si portò una mano all'altezza delle labbra, non poggiandola, però, per impedire che le parole potessero essere meno chiare; gli occhi verdi che di cui Steve era ormai dipendente si fecero lucidi, e le sue gambe stavano faticando a reggerlo in piedi.
«La tua camera...» lo balbettò con un filo di voce, fissando il letto mentre la sua vista si appannava grazie alle lacrime, travolto da troppi ricordi, con una marea di scene incastrate negli occhi, troppo belle e troppo dolorose.  Ricordare per un breve momento la sua vita, e avere la consapevolezza che probabilmente se ne sarebbe andata via di nuovo, gli provocava una tristezza talmente forte da fargli dimenticare di non essere solo in quel momento.
Sconvolto, si sedette ai piedi del piccolo letto, affondando le mani fra le coperte poco disfatte, familiari, anche troppo, come se quel tessuto fosse sempre stato sotto la sua pelle, e lui non se ne fosse mai reso conto. Steve si mise accanto a lui, vedendo la sua inaspettata reazione, prendendogli la testa con una mano e facendola poggiare sulla sua spalla.
«É tutto okay Buck, se vuoi ce ne andiamo, tranquillo.»
«No, ti prego restiamo un altro po'.» mugugnò velocemente, con la guancia ruvida sulla calvicola del minore.
«Non voglio dimenticarlo ancora, tutto questo.» lo disse a bassa voce, ma Steve riuscì a capirlo, stringendogli la mano.
«Quando accadrà, ti riporterò a casa, costi quel che costi.» nel momento in cui il ragazzo gli rispose, James si staccò da lui e prese dal comodino accanto al letto un album da disegno con la copertina scarabocchiata. Velocemente lo sfogliò, travolto da un'ondata improvvisa di ricordi che lo resero più assente e sotto shock.
«Come ho potuto dimenticarti?» biascicò con delle lacrime silenziose che iniziarono a bagnargli le guance. Alla vista di quella reazione, anche Steve iniziò a vacillare, con il cuore il gola e gli occhi appesantiti da un singhiozzo doloroso.
«Tu non mi hai dimenticato, sono io che non ti ho cercato.»
«No, non è vero, me ne sono andato, tu mi sei passato di mente e questo non potrò mai perdonarmelo.» disse, scrollando la testa agitato, scompigliandosi così i lunghi capelli castani e facendo cadere alcune lacrime sull'album fra le sue mani. Steve gli riprese la mano, quasi di prepotenza, come per sgridarlo, avvicinandosi di più in cerca di un contatto visivo.
«Io mi odio Steve, mi odio!» improvvisamente Bucky alzò la voce, le lacrime avevano liberato i singhiozzi, e il suo volto era deturpato dell'espressione addolorata e straziata. Senza esitare, Rogers lo strinse fra le sue braccia e con una mano premette il suo viso contro il petto, facendogli ascoltare il battito accelerato del suo cuore. Affondò le labbra sulla sua testa, e cercò di fermare i suoi tremolii violenti con il suo calore, massaggiandolo con dolcezza.
«No, non puoi dire questo, perché io ti amo Buck, ti amo da morire, ogni mio atomo é innamorato di te, ed io non posso lasciare che tu continui a stare male e torturarti, perché ti amo amore mio, ti amo.»
Una mano di Bucky si aggrappò all'avambraccio di Steve, disperatamente, mentre strizzava gli occhi e lasciava scendere più velocemente le sue lacrime:
«Anch'io ti amo.» gli rispose tra i singhiozzi.
Il biondo lo alzò verso il suo sguardo e gli prese il volto fra le mani, asciugandogli le guance con i pollici e sorridendogli. Chiuse gli occhi e poggió la sua fronte contro quella del moro, unendo i loro respiri tremolanti e facendo sfiorare i loro nasi;
«Aspettavo che me lo dicessi ancora da tutta la vita.»
Non era la prima volta che il malato confessasse quel sentimento, ma tutte le altre volte era la parte non razionale di Bucky a dirlo, quella convinta di avere ancora diciassette anni, quella controllata dall'alzheimer, ma in quel determinato, in quella voce, il vero Bucky era vivo, per poco tempo, certamente, ma c'era ancora.
Sorrise anche il moro, smettendo di piangere, e allontanandosi dal viso di Steve la distanza giusta per poterlo baciare:
«Sai cosa ricordo più di tutto in questa stanza?» chiese, guardandolo negli occhi.
«Cosa?»
Si avvicinò al suo orecchio, il suo respiro ancora tremolante gli fece accapponare la pelle, e il suo sussurro gli solleticò i timpani:
«Quando abbiamo fatto l'amore per la prima volta, e la musica era messa a tutto volume per evitare che qualcuno ci sentisse.»
Steve avvicinò le labbra alla guancia di James, nel tentativo di arrivare anche lui al suo orecchio:
«Ricordi qual era quella canzone?»
La voce di Bucky diventò più profonda, le sue labbra carnose si alzarono dolcemente sibilando quel titolo che Steve sperava che riuscisse a ricordare;
«Blue Jeans
Una mano del biondo risalì lungo la schiena di Bucky, fermandosi alla nuca ed accarezzandola con dolcezza, affondando le labbra sul suo collo, baciandolo senza troppa foga, e provocando in lui deboli gemiti. L'aveva ricordata, la colonna sonora che li aveva accompagnati in quel momento, Bucky l'aveva ricordata.

Remember me ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora