Thirtytwo

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C'era freddo, molto simile a quello dell'obitorio, però il sole riscaldava ogni cosa. La neve si era sciolta, e il prato verde del cimitero era ritornato a brillare. Bucky non amava i funerali, o meglio, non ricordava di averci mai partecipato fino ad all'ora, ma lo odiava di già.
Quella notte non aveva dormito, dopo aver visto il corpo di Steve, Natasha lo aveva portato via, consegnandolo a Peter che era intervenuto immediatamente, chiedendo di far passare la notte a Bucky nell'appartamento di Rogers. Il ragazzo ed il malato erano rimasti svegli fino a tarda notte, piangendo per dei minuti che sembrarono infiniti, per poi rimanere in balìa del silenzio, sdraiati sul letto matrimoniale dell'ormai defunto capitano. Tutto era buio, entrambi avevano gli occhi contornati da un rossore chiaro, e le guance ancora umide di lacrime, che durante la notte avevano continuato a scendere anche senza singhiozzi, una ad una, senza far rumore. Con la testa poggiata sui cuscini sgualciti, ed il corpo stanco abbandonato fra le coperte, Peter aveva stretto per tutta la notte la mano morbida di Bucky, che non riuscì a chiudere occhio. Parker si addormentò, troppo stanco e disperato, al contrario il maggiore trovò riposo solamente poche ore a notte fonda.
Tutto quello gli provocava dolore anche a livello fisico. Ogni dannata cosa in quella casa che non aveva mai visto sapeva di Steve. Il suo profumo gli bruciava le narici, impossibile da ignorare; le coperte, le pareti, l'aria, tutto aveva l'anima di Steve, come se lui fosse ancora tenuto prigioniero in quella casa. In verità, il suo ricordo era così forte da non riuscire a dar pace nemmeno alla mente malata di Barnes. Aveva dimenticato molte cose durante quell'estenuante nottata.
Bucky aveva pianto per la disperazione, e poi aveva continuato a farlo anche non ricordandone il motivo. Aveva avuto paura, poi aveva provato tristezza, nostalgia, disperazione, vuoti di memoria, panico, ma due cose non aveva smesso di fare: lasciare la mano del ragazzino accanto a lui che molte volte aveva dimenticato, e tenere vivo il viso di Steve in mente. Lo vedeva, quando chiudeva gli occhi straripanti di lacrime, e quando li riapriva e fissava il soffitto avvolto dalle tenebre. Lì Bucky si rese conto che Steve c'era sempre stato, perché lo sentiva, lo assaporava e lo respirava. Steve era morto, ma quella realtà era troppo traumatica per far recepire al subconscio di James che fosse reale.
Quel dolore era straziante, ma allo stesso tempo romantico.
Lo amava, lo amava ma qualcuno glielo aveva portato via.
Per sempre.
Nel cimitero l'aria fresca solleticava i volti di tutti, le lapidi grigie erano disposte tutte in fila intorno alla buca in terra, dove sarebbe stata calata la bara, la stessa che conteneva Steve.
Steve stava per essere gettato in un fosso, e quel pensiero fece andare in subbuglio lo stomaco di Bucky.
Alla funzione religiosa e commemorativa erano presenti tutti. Bucky riconosceva alcuni volti, forse perché era così concentrato su quella tragedia da sovrastare la sua malattia e metterla a tacere solo per quell'istante, e ciò parve funzionare.
Barnes venne accompagnato da Peter alla prima fila di sedie, proprio difronte la bara, camminando però non poté fare a meno di guardare i presenti. Molta gente, soprattutto nelle ultime file era completamente sconosciuta, molto probabilmente amici e parenti di Steve. Più avanti, dietro di lui iniziarono a farsi vedere volti più familiari. Wanda, Sam, Scott e T'Challa erano tutti seduti vicini con la testa china e le mani giunte. Rachel, con le gambe fasciate coperte da un abito lungo di colore nero, e le stampelle accanto, seduta fra Logan e Loki. Charles e Erik stavano in disparte, troppo ingombranti con quella sedia a rotelle, però accompagnati da Raven messa in piedi assieme ad altri partecipanti, per cui i posti a sedere non bastavano. Natasha, Bruce, Tony, Gamora e Peter erano tutti disposti ordinatamente in fila, con le labbra serrate e la fronte aggrottata per il dolore. Chiunque era presente e quel maledetto funerale, persino Wade che si era nascosto fra la gente per evitare di sembrare indiscreto e poco educato. Accanto a Bucky, una donna dai capelli castani teneva fra le mani un fazzoletto umido di lacrime, che continuavano a bagnarle il viso. Bucky si fermò per un istante a guardarla meglio, con il presentimento di aver sentito parlare già di lei in passato. Sulla bara di legno lucido era piegata una bandiera americana e delle grandi ghirlande di fiori, accostate ai lati da due soldati in divisa, dritti e impassibili.
Il parroco iniziò a sbandierare le solite parole di conforto e credenti degne di una funzione di quel genere, finché non arrivò il momento di dare la possibilità di parola ai cari. Nessuno si fece avanti, probabilmente il dolore era troppo, e la timidezza era una brutta nemica a loro favore, ma qualcuno tra la folla silenziosa ebbe il coraggio di alzarsi e prendere il posto del funzionario. Nessuno sostenne il suo passo zoppo e scoordinato per colpa del braccio mancante, ma tutti prestarono attenzione al ragazzo dai lungi capelli castani che si era piazzato in piedi difronte a tutti. Molti lanciarono occhiatine diverse e troppo difficili da interpretare, persino quella scioccata della donna seduta vicino Bucky scosse la sua timida ingenuità.
James prese un grosso sospiro, e poi sorrise, osservando quel tappeto nero di gente triste.
«Io non so' molte cose, non molto tempo fa' Steve mi disse che ero affetto da anni di una malattia che cancella la mia memoria, ma sono sicuro che non avrebbe amato tutto questo nero. Lui era un artista, non lo diceva mai, ma amava i colori, e sono sicuro che se potesse essere qui prenderebbe un pennello e sistemerebbe questo disastroso dipinto.» deglutì, il suo cuore iniziò a battere forte, e ad uno ad uno riconobbe quelle persone, come se non fosse più malato.
«Io sono Bucky, di sicuro pochi mi conosceranno, ma oltre che essere un paziente di Steve ero anche il suo ragazzo. Per anni abbiamo nascosto la cosa, ci siamo promessi spesso amore eterno da ragazzini, quando lui era un piccolo asmatico di sedici anni ed io una specie di punk dei vicoli puzzolenti. Io lo amavo, ed anche lui, forse molto di più quanto lo amassi io, perché purtroppo l'ho abbandonato, senza spiegazioni mi sono chiuso in un fottuto ospedale nella speranza di star meglio. Però non l'ho mai dimenticato. Non ce l'ho mai fatta. Non che il fatto che avessimo una relazione diversa e strana abbia importanza, e nemmeno che fossimo due classici innamorati sdolcinati e patetici, ma era come se fossimo nati con la consapevolezza istintiva che avremmo dovuto stare insieme. Non ho scritto un elogio funebre, e non so nemmeno se queste stupide parole potranno definirsi tali, dato che se ci avessi lavorato non avrei concluso nulla per colpa della mia memoria troppo corta, ma dovevo parlare.» i suoi occhi si fecero più lucidi, un nodo alla gola lo soffocò, ma trattenne le lacrime: «Dovevo parlare perché tra un minuto, tra un'ora, tra un giorno o tra mille anni dimenticherò tutto questo, e la cosa mi terrorizza perchè io non voglio. Non posso lasciarlo andare via così, non di nuovo. Una cosa che Steve mi diceva spesso era che lui sarebbe stato con me fino alla fine, ironia della sorte, ha infranto la sua promessa. Stupido biondo palestrato, te l'avevo detto di stare attento, ma sei fatto così, non devi ascoltarmi mai.»
Bucky sospirò, si sentì in imbarazzo, così annuì e si avvicinò alla bara, prendendo dalla tasca della sua giacca la medaglietta di metallo con il suo nome. Si piegò sulla bara chiusa, con difficoltà attorcigliò quella catenina argentea far i fiori, sorridendo da solo e sussurrando dolcemente:
«Procurati un nuovo quaderno dei ricordi, perché continuerò a raccontarteli comunque.»

Remember me ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora