Fourteen

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«Dove stiamo andando?»
I raggi del sole caldo si poggiavano sulla pelle chiara di Bucky, penetrando dal vetro del finestrino del passeggero, che lasciava entrate un venticello fresco che gli scompigliava i capelli lunghi.
«È una sorpresa Buck, mi hanno dato l'opportunità di portarti a fare due passi. Che te ne pare, intendo, l'idea di fare una bella vacanza?» disse al volante Steve, sorridendo, creando delle increspature al cerotto sul suo viso. Questione di pochi giorni, e i punti sarebbero caduti da soli, doveva solo aspettare che i lividi guarissero e che la cicatrice diventasse meno sanguinolenta.
James si piegò verso di lui, tirando la cintura di sicurezza, e, poggiando una mano intorno al suo collo, gli baciò con dolcezza la testa. Steve sorrise entusiasta, continuando a guidare con prudenza.
«Quindi è la nostra luna di miele?» domandò il moro.
La malattia di Bucky non gli lasciava mai un vero e proprio momento di lucidità, facendolo ragionare senza alcun filo logico o temporale. Un momento prima non ricordava nemmeno chi fosse Steve, e l'altro credeva fossero stati insieme tutta la vita. Si era convinto che il loro sogno, le chicchere che sbandieravano per divertimento da ragazzi riguardante il loro futuro, fossero vere. Era il suo subconscio, non poteva farci nulla, era solo un frammento di memoria che gli aveva innescato una falsa credenza nella realtà.
Steve provò tenerezza, e allo stesso tempo l'enorme tristezza che lo avvolgeva quando doveva fare i conti con l'azheimer del compagno. Sorrise ed annuì, illudendosi di quella falsa verità, e lo guardò distrattamente per un breve istante, distraendosi dalla guida.
Lo guardò come si guarda qualcosa che si sa già che mancherà, troppo esile e indecisa per durare. Una di quelle persone che non resta e diventa comunque un'abitudine, come quando guardava un tramonto in altitudine, come quando dalla strada d'inverno cercava il mare dal finestrino della macchina. Lo guardò perché non era vero che la felicità era se stesso. Steve imparò ad essere se stesso con Bucky.
I suoi fulminei pensieri furono interrotti dall'insolito intervento di James, che gli disse: «Stanotte ti ho sognato, potrei scommetterci che fossi tu.» continuò a fissare la strada sfecciare difronte a se, ipnotizzato da tutti quei colori che da troppo tempo gli erano stati privati «Ho sentito il tuo profumo, sai? Sapevi di menta, mi guardavi beffardo, e quando i nostri sguardi si sono incontrati, hai sorriso.»
Era strano che Bucky ricordasse qualcosa di così recente, e soprattutto, che lo raccontasse dopo quello che era accaduto con Rumlow, perché il giorno seguente aveva completamente dimenticato Steve.
«Mi hai detto: "Vieni qua" e io, senza pensarci due volte, mi sono avvolto tra le tue braccia. Sarei potuto morire su di te, sai? Era tutto ciò di cui avevo bisogno, e no, in quel sogno tu eri un ricordo.»
Steve deglutì sonoramente, stringendo il volante fra le mani.
«Anch'io, anch'io ti sogno tutte le sere.» l'unica risposta che riuscì a dare fu quella.
«Ho voglia di un gelato.» disse Bucky, come se tutto quello che ci fosse stato un istante prima non avesse contato nulla.
«Perfetto, allora la nostra prima tappa è la gelateria.» rispose Steve dolcemente, imboccando una curva e passando sotto il segnale che dava il benvenuto a Brooklyn.
Il tempo che impiegarono per trovare parcheggio fu maggiore di quello per arrivare al centro della città. Ogni cosa di quel caotico quartiere di periferia lasciava addosso a Bucky un'espressione del tutto assuefatta, come se quella raffica di immagini fossero dannatamente familiari, ma non riuscisse in alcun modo a ricordare la loro provenienza. Steve gli prese la mano, per dargli sicurezza e soprattutto per non perderlo, un po' come si fa con i bambini. E la loro prima meta fu proprio il piccolo negozio di gelati, con uno stile abbastanza antiquato. Era molto poco cambiato dall'ultima volta in cui vi erano stati, ma per Bucky fu notevolmente difficile riuscire a ricordare quel posto.
Da ragazzi andavano almeno una volta alla settimana a mangiare un delizioso cono al cioccolato e panna seduti intorno al tavolino del locale, non mancavano ad un appuntamento nemmeno d'inverno, quando loro due erano gli unici clienti della signora in carne con il grembiule rosa.
Quando entrarono, la porta fece suonare una campanella, e James squadrò l'ambiente introno a se come fosse un animale spaesato.
La donna dietro il bancone spostò svogliata la sua attenzione verso i clienti, paralizzandosi dallo stupore quando vide chi fossero davvero quei due ragazzi.
«Steve e Bucky?» sbottò. Sembrò commossa, mentre si coprì la bocca con le sue mani grassottelle. Steve le sorrise ed annuì: «Come va' signora Warren?»
La graziosa donnina si ricompose, scrollando la testa «Bene! Benissimo, voi invece? Prego, ordinate pure, oggi offro io.»
«Grazie infinite, non deve disturbarsi.»
«No, assolutamente, se non ricordo male, il solito era un cono al cioccolato e panna ed uno alla fragola e nocciole.»
Steve annuì, voltandosi verso Bucky che era rimasto sulle difensive e con un'espressione seria; «Che ne dici Bucky, per te va bene?»
Lui guardò prima la donna e poi, di scatto, Steve, che con un dolce sorriso gli trasmise serenità e sicurezza. Bucky annuì, calando lo sguardo, imbarazzato.
Si sedettero al loro vecchio e solito posto, difronte la vetrina che dava alla strada, e gustarono il loro fresco gelato.
«È davvero buonissimo.» constatò il moro leccandosi le labbra sporche. Steve annuì, con un sorriso sbilenco lucido di panna. Quando Bucky se ne accorse trattenne una risatina divertita.
«Cosa c'è?» domandò confuso Steve, e a qual punto il maggiore scollò la testa, ancora divertito. Si tirò avanti, poggiando un braccio sul tavolo per sostenere il peso del suo busto e, con l'altra mano, pulì le labbra rosee del biondo, raccogliendo la panna con il pollice e leccandosi il dito alla fine, ritornando a sedere.
Steve non si sentiva avvampare il quel modo da quando aveva vestito Bucky in ospedale, diventando paonazzo in volto. La tensione fra i due era palpabile, sopratutto alimentata dal sorriso provocatorio del moro. Steve scosse la testa cercando di ritornare in se, e facendo in fretta a mangiare il suo gelato che stava colando ormai ovunque.
«È disgustoso.» mormorò Rogers?
«Amo la tua panna.» in quel momento Bucky era una bomba ad orologeria di ormoni, pronta ad esplodere. Erano anni ormai che il ragazzo sopportava l'astinenza, e la prima e l'ultima volta in cui aveva avuto una vera e propria esperienza sessuale era stata anni prima con Steve. Steve arrossì, irrigidendosi come un adolescente al primo appuntamento. James rise un'altra volta e riprese a leccare il suo gelato, sporcandosi la punta del naso. Steve percepì che la signora Warren dei gelati voleva disperatamente avere spiegazioni, soprattutto per lo strano ed insolito comportamento di Bucky, ma non si permise di farsi avanti, sempre troppo educata per fare il primo passo. Quando i due finirono la loro piacevole conversazione, e con essa anche il gelato, salutarono la graziosa donna e ripresero la loro avventura.

Remember me ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora