Thirtyone

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Erano passate esattamente ventiquattro ore da quando Steve aveva lasciato Bucky, assicurandogli che sarebbe tornato.
Purtroppo non lo fece.
Un silenzio spaventoso colmava il reparto che solitamente era animato dalla voce di Rachel e da chiunque altro venisse per far visita a Barnes. Nessuno varcò la soglia della sua porta, nessuno di familiare, nessuno che fosse Steve. Era come se tutti volessero nascondergli qualcosa; Logan assieme alla ragazza non erano usciti nemmeno una volta dalla loro camera, altrettanto avevano fatto Erik e Charles. Del gruppo di tirocinanti di Steve nemmeno l'ombra, e Peter era sparito nel nulla.
James aveva momenti di totale ansia e terrore, ed altri molto meno buoni in cui era totalmente assolto nei suoi pensieri, dimenticando come andasse la situazione. Timidamente, il cigolio della porta lo fece voltare in direzione della dottoressa Romanoff, che entrò in silenzio e con la testa china. Le mani erano aggrovigliate lungo la vita, e davanti agli occhi stanchi alcune ciocche rosse coprivano due profonde occhiaie. Bucky sorrise, scuotendo la testa; ricordava quella donna, ma purtroppo il suo nome era qualcosa che gli sfuggiva sempre. La osservó serenamente, in attesa che lei aprisse bocca e gli dicesse quello che aveva da dire. Natasha fece silenzio per pochi istanti, come se dovesse cercare le parole fuggite ormai lontane. Si schiarì la voce, e parlò con tono rauco e basso:
«James...» quando si accorse che il paziente difronte ai suoi occhi non aveva la più pallida idea della provenienza di quel nome, dato soprattutto il fatto che mai nessuno lo chiamava così, si corresse con un sorriso amaro; «Bucky. Sono venuta a dirti una cosa molto importante.»
Lui scosse la testa sorridendo e domandando: «Cosa? Steve ritarderà ancora? ci sta mettendo una vita.»
«Ecco, riguarda proprio Steve.»
Un nodo alla gola fece abbassare il tono di voce della dottoressa, e Bucky aggrottò la fronte agitato. Sapeva che Steve fosse andato in missione, ma la sua mente poco affidabile lo stava auto convincendo che non si trattasse di nulla di tanto preoccupante.
«Cosa gli è successo?» gli domandò Bucky. Scese dal letto e si avvicinò a Natasha con più serietà e con fare zoppo e sbilenco. Gli occhi chiari della donna si fecero lucidi, era strano, non era la prima volta che comunicava notizie simili, ma quella volta si trattava di una persona cara, di qualcuno che lei conosceva bene.
«Steve è venuto a mancare alle dieci di questa mattina; durante l'attentato c'è stata una sparatoria, ed un colpo d'arma da fuoco lo ha colpito alla testa. In ospedale è stato indotto il coma farmacologico, e poche ore fa' ha avuto un arresto. Non c'è stato nulla da fare.»
Una lacrima rigò le guance bianche di Natasha, e le sue parole fecero calare nuovamente quel silenzio pungente. A Bucky sembró di morire, improvvisamente tutto il dolore e le sue esperienze difficili si fecero spazio tra i ricordi; ricordò il dolore al petto di quando aveva avuto l'infarto, e quello del braccio quando il treno lo aveva tranciato di netto. Insieme erano davvero tanto dolore, che però non rendeva eguali a quello che gli era appena stato comunicato. La stanza iniziò a girare intorno a lui, la vista si appannò di lacrime, e il suo respiro fu bloccato come se avesse una busta di plastica in testa, e stesse soffocando lentamente.
«No, non è possibile, lui mi aveva detto che sarebbe tornato, non può essere morto.» balbettò velocemente in preda allo shock, gesticolando con la mano e muovendo la testa ovunque, in cerca di qualcosa di stabile a cui aggrapparsi.
«Mi dispiace tanto, davvero...»
«Perché non me l'avete detto prima?! Perché non mi avete dato la possibilità di vederlo?!» iniziò ad alzare la voce, disperatamente.
«Sei un paziente, non puoi uscire dal reparto senza il consenso legale di un delegatore, soprattutto per venire in un reparto privato.»
«Me ne fotto della mia malattia! Me ne fotto di tutti! Dovevo vederlo! Devo vederlo!» riservò quelle urla, le stesse che avrebbe dovuto usare durante l'incidente alla metro, per quel dolore troppo grande. Qualcosa gli aveva detto di non sprecarle, di tenerle da parte per un dolore ancora più tremendo.
«I funerali si svolgeranno domai pomeriggio, abbiamo già firmato le carte per farti dimettere e poter partecipare.» la Romanoff cercò di calmarlo, asciugandosi gli occhi ed avvicinandosi a lui.
«No! Io voglio vederlo adesso! Dovete farmelo vedere!»
Il fiato corto di Bucky segnò la distanza tra il silenzio e le parole della donna, che abbassò la testa ed annuì;
«D'accordo, ce la fai a seguirmi?»
Con tutta la forza annidatosi nel petto, Barnes seguì Natasha sulle sue gambe, camminando sicuro e con il cuore che batteva troppo forte. Dalle altre stanze del corridoio, Rachel e Logan si sporsero fuori, non dicendo una parola, soltanto, restando il silenzio, dicendo tutto con gli sguardi. A rallentatore, come se la vita avesse deciso di procedere più lentamente, Bucky seguì con gli occhi i due, vedendo che la riccia stava soffocando fra i suoi singhiozzi trattenuti, e l'uomo che teneva la testa bassa. La strada dell'obitorio non era molto distante dal suo reparto, con sua constatazione non molto piacevole.
E Bucky assaporò la libertà, fuori dalle mura dell'ospedale, come destinazione un luogo fatto di morte. Mentre camminava ancora nella sua testa iniziò a far eco una sola e profonda voce, orribile e spaventosa.
-Lo vedrai morto.-
L'obitorio era ormai difronte a se, dalle mura grigie e spoglie.
-L'hai perso per sempre.-
Accanto la porta di metallo Peter era in lacrime fra le braccia di Wade, e Wanda accanto che gli massaggiava la schiena, anche lei nelle sue stesse condizioni.
-Qual'era il suo nome?-
Fece fatica a respirare, quando vide Scott e Sam completamente assenti, seduti su uno scalino ai lati della piccola struttura per i cadaveri, con gli occhi lucidi e l'anima vuota.
-Steve, devi andare a casa sua più tardi, perché è su quel lettino gelido?-
La malattia di Bucky lo stava fottendo nel momento più sbagliato che potesse esserci, accompagnato dal rumore della porta che si chiudeva alle sue spalle, seguì intimorito la rossa. Lì dentro la fastidiosa luce dei neon era l'unica cosa a staccare via l'oscurità, dato che l'ambiente era privo di finestre. C'era freddo, ed un forte odore di cadaveri, d'altronde, chissà quanti altri corpi erano stati in quelle celle. Steve era proprio lì, al centro della stanza, coperto da un telo bianco. I piedi erano scoperti, ed una targhetta gli circondava un alluce.
Bucky avrebbe riconosciuto il ciuffo chiaro che scappava da sotto il lenzuolo ovunque, anche se l'alzheimer gli aveva consumato la mente, lui avrebbe conosciuto a memoria il profumo e la morbidezza di quei capelli. Adesso più che mai sentì che stava per svenire, l'unica cosa che voleva era accasciarsi su di lui e morire, seguirlo così da poter stare con lui per sempre.
Natasha scoprì il viso di Steve, così da mostrarlo meglio al moro. Aveva le labbra viola, ed il suo pallore era quasi disgustoso; gli occhi chiusi, in un'espressione dolce e rilassata, senza segni di sofferenza o dolore. Alla testa una ferita umida e profonda gli aveva sporcato alcune ciocche di capelli, ma di certo era l'ultima cosa che avrebbe impressionato Bucky. A lui faceva più senso la sua espressione. In quel momento avrebbe voluto avere con sè il quaderno dei ricordi, così da raccontare a Steve quello che aveva ricordato.
Era identico come nel suo ricordo, quella mattina, quando James se ne andò abbandonando il giovane ragazzino fra le coperte, dopo la loro prima notte d'amore. Sapeva che avrebbe dovuto andarsene per essere ricoverato in ospedale, e aveva cercato di essere più forte possibile, ma quando vide il viso di Steve, dolcemente addormentato, non riuscì a trattenersi, baciandogli la fronte senza rischiare di svegliarlo e versando una lacrima sul suo cuscino.
Fece la stessa cosa in obitorio. Si piegò, stavolta le cose erano tanto cambiate, il giovane sergente delle scuole superiori era senza un braccio ed il ragazzino asmatico dai capelli biondi era morto su di un tavolo operatorio. Con l'unica mano rimasta gli sfiorò la pelle congelata, sentendo un dolore straziante sulle labbra quando baciò la sua fronte fredda. Una lacrima bagnò la guancia del cadavere, e Bucky strinse i denti sulla sua testa disperatamente.
-Chissà se è morto pensando a te.-

Remember me ||Stucky AU|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora