Lo sguardo di Viktor diventa immediatamente pacato, come se si aspetti chissà quali parole di conforto da me.
«Perché non vieni a lavorare al mio bar?» gli dico continuando a tenere il mio sguardo puntato su di lui.
Immediatamente si divincola dalla mia presa, e inizia a guardarmi con aria sprezzante. I suoi occhi non lasciano trapelare dubbi, mi odia.
«Pensi di potermi conquistare con la carità? Non sei molto diversa da tua sorella in fondo».
«Non hai capito proprio nulla!»
«E tu invece? Chi sei? Chi ti credi di essere?»
Lo vedo avanzare verso di me a passo lento, più mi si avvicina, più indietreggio. Non riesco a sostenere il peso del suo sguardo, e le sue parole mi trafiggono come coltelli. Non ho via d'uscita, sono finita con le spalle contro una baracca che sembra disabitata, le uniche parole che mi vengono in mente in questo momento e che vorrei urlare ad alta voce sono: "non farmi del male!"
Istintivamente mi porto le braccia davanti al volto, tentando di scudarmi, aspettandomi chissà quale reazione violenta da parte di Viktor.
Invece no. Non mi sta facendo del male, anzi, ha fermato l'avanzata e si è voltato a guardare un punto indefinito.
L'urlo di qualcuno che sta chiamando disperatamente il mio nome, giunge alle mie orecchie.
«Yolanda!»
Nel momento esatto in cui sento quella voce, le braccia che ho utilizzato per proteggermi mi cadono lungo i fianchi, giro la testa, e lo vedo. Dominique.
«Dominique!» urlo correndo verso di lui un po' spaventata.
«Che cosa ti ha fatto questo tizio?» urla furioso, guardando male un Viktor ghignante.
«Non le ho fatto nulla, ha praticamente fatto tutto da sola».
«Non ti credo!» dice Dominique tirandomi per il braccio. «Andiamo Yolanda».*
Stiamo camminando da un po', ma nessuno dei due sta dicendo nulla, che ce l'abbia con me? Che sciocca, ovviamente si.
Vedo l'auto di Dominique laggiù, che ci abbia seguiti fin qui?
«Non mi aspettavo un comportamento del genere da parte tua, sei stata incosciente» dice Dominique con un tono della voce molto severo, contrario al suo solito modo di porsi nei miei confronti. «Se l'appuntamento con me ti ha annoiata, avresti potuto dirmelo chiaramente».
«Ma cosa vai a pensare? Smettila di trattarmi come una bambina!»
«Io non ti tratto come una bambina, ma come una ragazza!»
Entrambi entriamo in macchina, così ne approfitto per levarmi le scarpe. Ho le vesciche ai piedi.
Qualcuno una volta ha detto "belle scarpe ti portano in bei posti", evidentemente non aveva conosciuto qualcuno come me.
Ancora una volta il viaggio in auto è completamente muto. Mi chiedo se davvero ci sia sintonia tra noi. Mi accascio lentamente contro il finestrino, appoggiando la testa e lasciandomi sfuggire un sospiro.
«Scusa se ti ho sgridata prima».
«Me lo sono meritata» rispondo un po' titubante. «Ma, la prossima volta, non trattarmi come una creatura indifesa, è irritante».
«Ti da così fastidio che un uomo voglia proteggerti? Di solito le ragazze amano questo genere di cose».
«Non io, non ho bisogno che qualcuno si accolli i miei pesi e i miei problemi, posso fare tutto da sola».
«Vuoi sempre fare tutto da sola tu».
«Sono abituata così, non ho una famiglia, quindi devo badare a me stessa da sola».
«Dai, non autocommiserarti in questo modo...»
«Non voglio fare pena a nessuno, la mia storia è questa. Non voglio che la gente fraintenda. Non voglio che pensino "è sola, avviciniamoci a lei, poverina". Voglio che la gente si avvicini a me in modo sincero».
«Si, hai ragione».
«E tu?»
«Cosa?»
«Ti sei avvicinato a me in modo sincero?»
Una pausa di circa un secondo ha interrotto il discorso. Forse dovrei smetterla di dare queste risposte alla gente, altrimenti si allontaneranno tutti.
«Credo di avertelo già detto, sono davvero sincero».
«Accompagnami a casa, ti indico la strada» gli rispondo per spezzare il discorso.
*
«Buona notte» mi dice Dominique dall'interno del finestrino dell'auto, poi, mette in moto e se ne va, non lasciandomi neanche il tempo di replicare.
Eh si, deve essere davvero arrabbiato. Pazienza, è un suo problema in fondo, credo.
Mi siedo sul gradino dinanzi al mio portone di casa. Questa sera, come ogni altra sera, Parigi è più viva che mai. Riesco a vedere la torre eiffel illuminata anche da qui. La gente che mi passa davanti tranquillamente a braccetto, mi fa davvero deprimere. Alzo gli occhi al cielo, alla ricerca delle stelle, ma, è talmente nero questa sera, che non ne vedo neanche una.
"Oh, eccone una" penso, vedendo una stella cadente proprio in direzione di una costruzione dinanzi a me. Dovrei esprimere un desiderio, cosa potrei desiderare?
"Ti prego, fa che la mia vita migliori, voglio avere più fortuna".
Dovrei smetterla di credere a queste favole per bambini, la realtà è che nessuna stella esaudisce i desideri, nessun babbo natale porta i doni ai bambini, la fortuna non piove dal cielo. Ognuno è artefice del proprio destino.
Decido finalmente di rientrare, Sarah è seduta davanti alla TV a vedere una sfilata di moda.
«Ciao, eccomi» le dico, cercando di farmi notare vedendola troppo intenta a guardare la televisione.
«Allora? Com'è andata?!» mi dice lei alzando la voce, venendomi incontro e abbracciandomi.
«Male».
«Perché?!»
Ci sediamo insieme attorno al tavolo della cucina, e comincio a farle il reso conto della giornata.
«Oh cavolo, ancora il fratello di Paul?!» mi dice con aria sorpresa, sgranando gli occhi.
«Di chi credi che sia la colpa, eh?! Cerca di sistemare questa faccenda alla svelta, perché davvero non ne posso più, sono stata coinvolta fin troppo a causa tua».
«Dai, non arrabbiarti, mi fai paura quando dici così!»
«E tu smettila di fare quella voce da bambina capricciosa, sei adulta ormai, non puoi più permetterti di agire in modo sconsiderato!»
«Yolanda, ti rendi conto che nemmeno la nonna fa questi discorsi?! Sei davvero VECCHIA!»
Per oggi credo di aver già sopportato abbastanza, decido di lasciare Sarah davanti ai suoi inutili programmi televisivi, e di andare a letto finalmente a rilassarmi.
Mi metto frettolosamente il pigiama, poi prendo il cellulare e mi butto sul letto.
"Che stupida" penso, non gli ho nemmeno chiesto il numero, beh, vorrà dire che domani quando verrà al bar...
Un momento, verrà vero? Di solito viene sempre, non vorrei aver rovinato tutto. Meglio non pensarci troppo, sono davvero stanca adesso.
*
E anche oggi si torna al lavoro, che bello! Quando cambierà questa vita monotona?
Sento il cellulare vibrare, è un messaggio:
"Ti aspetto al bar."
Ma Dominique non ha il mio numero! O meglio, nessuno dei miei conoscenti ha un rapporto così stretto con me, tanto da dovermi aspettare al bar fin dal mattino presto! Non mi resta che andare.
Percorro la solita strada, passo davanti alla solita gente, riguardo per la millesima volta il cane del panettiere vicino al mio bar che abbaia in modo sguaiato, e, finalmente entro.
Ciò che mi appare alla vista, mi lascia una sensazione dolce-amara.
«Allora sei venuto...!»
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Untitled
RomanceYolanda è una ragazza di origine spagnola, ma adesso vive a Parigi per una serie di sfortunati eventi, Dominique è il cliente abituale del suo bar, che, una mattina propone alla ragazza di frequentarlo. Non avendo mai avuto esperienze amorose prima...