La mia storia senza un titolo

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Sarà ormai la milionesima volta che percorro questa strada, ma ogni volta sembra come se fosse la prima. Mi chiedo il perché.
Forse perché adesso sono con lui, e quando sono con lui sento sempre tante sensazioni a me estranee. Ansia mista a preoccupazione, mi sento sempre impacciata tutte le volte. Forse perché lui ai miei occhi è così perfetto, mentre io così... patetica? Non mi sento all'altezza.
La mia mente viene offuscata da una moltitudine di domande.
Chissà perché la mia vera mamma mi ha abbandonata in quell'orfanotrofio? 
Per quanto me lo domandi, non riesco a trovare una risposta, forse è per questo che, nonostante io ami Parigi, sento come se la mia vera casa sia a Barcellona, in Spagna.
«Sediamoci qui» mi dice indicandomi una panchina collocata sotto maestosi alberi verdi.
Ci siamo seduti, ma ognuno sui lati opposti della panchina. In un certo senso, tra noi c'è molta distanza, e non parlo di quella fisica. Tra noi è come se ci fosse un muro, pieno di diversità e di cose che ci intralciano. Voglio abbatterlo.
«Mi dispiace per prima, per averti detto quella cosa orribile, non avrei dovuto, è stata una caduta di stile da parte mia».
«Almeno te ne sei accorto».
«Cosa?»
«Cosa pensavi? Che avrei detto "tranquillo, non importa"? Io non sono così, dico sempre ciò che penso davvero».
«Questo è il motivo per cui mi piaci. Sei completamente diversa dalle altre».
Ok, lo ammetto, questa non me la aspettavo, nessuno mi ha mai detto una cosa del genere.
«Puoi perdonarmi? Voglio continuare la nostra frequentazione».
«D'accordo» gli dico.  «Ma è l'ultima possibilità».
«Grazie! Ne farò tesoro!» mi dice mentre inizia ad avvicinarsi, accorciando la distanza che ci separa, poi allunga le mani verso me abbracciandomi.
Il calore di questo abbraccio, è qualcosa di nuovo e sconosciuto per me. Ma è piacevole, sto bene, nonostante mi senta imbarazzata.
Mi è talmente vicino che riesco a sentire il suo respiro sul mio collo.
Quanto vorrei che momenti felici come questi non finissero mai. Vorrei poter fermare il tempo, e godere di tutti questi bei momenti per sempre.
Inizia a stringermi, sempre più forte. L'odore della sua acqua di colonia mi inebria i sensi.
«Voglio stare con te...» mi dice avvicinandosi al mio orecchio e sussurrando dolcemente.
Non so che cosa rispondergli, e, naturalmente, mi viene fuori la risposta più idiota del mondo.
«Perché?»
«Voglio scrivere la mia storia senza un titolo, con te...»
«...»
«Parlami ancora di te, voglio sapere tutto il possibile...» mi dice, sempre continuando a sussurrarmi dolcemente all'orecchio.
«Non voglio fare la barista per sempre».
«Allora sposami, così viviamo felici».
«C-cosa? Non siamo neanche fidanzati! E poi io ho diciotto anni, tu venti! Siamo giovani!»
«Infatti non intendevo subito, ma più avanti» mi dice dolcemente. «Più in la, vedrai...»
«Cosa?»
«Ciò di cui sono capace...»
Il vento estivo questa sera è abbastanza leggero, soffia su di noi, scombinandomi leggermente i capelli, che, dolcemente finiscono sul viso di Dominique e lo sfiorano ripetutamente, come se lo stessero accarezzando.
Le sue labbra iniziano lentamente a spostarsi dal mio orecchio, scendono più in basso, in direzione del lobo.
Sento un leggero pizzichino.
Poi, lentamente inizia a spostarsi in direzione delle mie labbra.
«Ah! Eccovi finalmente!»
All'udire una voce, immediatamente sussultiamo e ci stacchiamo velocemente l'uno dall'altra.
«Possibile che tu debba sempre mettermi il bastone tra le ruote?» dice Dominique rivolgendo uno sguardo sprezzante a Viktor.
«Guarda che è stata la nonna a venirmi a dire di chiamarvi, era preoccupata perché non vedeva più Yolanda rientrare, aveva paura che scoppiasse una rissa».
«Ma quale rissa, sono convinto che l'hai fatto apposta!»
«STOP!» dico intervenendo. «Non ricominciate per favore! Ascolta, io devo andare adesso, ci vediamo, va bene?»
«Mi stai di nuovo piantando in asso per lui?»
«NO! Ti ricordo che ora lavoriamo insieme!»
«Pfft!» Viktor trattiene una risata.
«E tu zitto!»
Saluto Dominique e vado in direzione di Viktor, e, insieme, iniziamo a dirigerci verso il bar.

*  

«Ti diverti proprio a farlo arrabbiare?» chiedo a Viktor, mentre percorriamo la strada di ritorno.
«Veramente è lui che ce l'ha con me senza motivo».
«Sei tu che sei, come posso dire...»
«Attraente?»
«No! Perché dovrei dire una cosa del genere?!»
«Non so, da come parla lui, sembra che io sia chissà quale minaccia, forse non si sente all'altezza perché sono troppo bello, tu che dici?» dice iniziando a ridere come suo solito.
«Beh, non sei male...»
«Guarda che io scherzavo, non ti innamorerai mica di me?»
«Ma figuriamoci!»
Entrambi scoppiamo a ridere.
Non è male parlare con lui in fondo, non sembra un ragazzo così terribile, forse è stato solo un po' sfortunato, come lo sono stata io. In questo senso siamo molto simili.
Arrivati davanti al bar, notiamo che nonostante l'orario ci sono ancora le luci accese, così decidiamo di entrare.
«Nonna, eccomi!»
Nessuna risposta.
«Forse è nel cucinino, andiamo a vedere».
Non c'è nessuno neanche qui, dove si sarà cacciata?
Improvvisamente, sento una voce provenire dall'esterno della finestra. Qualcuno parla al telefono.
«Si, si, sto arrivando, dammi solo il tempo di chiudere il bar».
Un momento, è la nonna! E ha detto "chiudere il bar"?!
«Viktor! Che stai facendo! Non è il momento di mangiare il gelato! Usciamo! Non hai sentito cosa sta dicendo la nonna al telefono?» urlo intimandolo ad uscire.
«No, perché io non origlio le telefonate altrui».
«Insomma, muoviti!» lo tiro per il collo della maglietta, facendo cadere il cucchiaino del gelato a terra, e, velocemente ci dirigiamo all'ingresso.
«No! Non posso crederci, è chiuso!» urlo battendo i pugni sulla porta con forza.
«Chiamala, no? Sul cellulare».
«Giusto!»
Prendo il cellulare e inizio a comporre il numero.
«Niente, è occupato!»
«Riprova tra un po', o mandale un messaggio, non credo che passerà molto tempo al telefono».
«D'accordo, hai ragione».
«Ora, se permetti, torno a mangiare il mio gustosissimo gelato al cioccolato, che TU mi hai fatto cadere».
Non ho neanche voglia di rispondergli, quando si comporta così è davvero un bambino. Però apprezzo questo suo lato, almeno non è troppo serio e non mi mette l'ansia come Dominique.


*


«Riprovo a chiamare, ormai è passata un'ora!»
"Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile".
«Ok, potrei chiamare Sarah allora! Un momento... anche se rispondesse, le chiavi le ha la nonna, quindi sarebbe inutile».
«Sei ancora lì che provi a chiamare?» mi dice Viktor.
«Ovvio! Non voglio restare qui questa notte!»
«Confessa, sei emozionata all'idea di passare la notte con me!»
«Non ricominciare!»
«Ah Ah! Sto solo scherzando, sei davvero buffa a volte».
Bene, e ora cosa faccio?                                          



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