~ Beating Heart ~

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~ Emma's POV:

Il risveglio è stato traumatico. Ho un gran mal di testa, le occhiaie evidenti e i capelli davvero ingestibili. Per non parlare del dorso della mano leggermente arrossato e gonfio, ma non sembra ci sia qualcosa di rotto. Dopo la doccia io e Lexa abbiamo fatto colazione. Mi ha sentita piangere ma non ha fatto domande sul perchè, non ha bisogno di sapere cosa mi ha fatto stare male. Mi ha solo chiesto se potesse rimanere in casa mentre andavo al lavoro e io ho accettato tranquillamente.
Arrivo in ufficio con circa un'ora di ritardo. Saluto Tea velocemente e mi rintano nel mio quadrato. Ho le orecchie sensibili e ogni rumore sembra una trapanata dritta al cervello. Odio me stessa per avere bevuto così tanto durante un giorno settimanale consapevole di avere un lavoro da svolgere.
Rispondo alle chiamate cercando di essere più professionale possibile.
«Ufficio dell'avvocato Johansson, sono Emma come posso esserle utile?»
«Potrebbe passare dall'ufficio del capo e portare un caffè?»
Mi spunta un sorriso. «Arriva subito, signore!»
Muovo lentamente i piedi. Oggi per fortuna indosso le ballerine. Sui tacchi cadrei o sembrerei un dinosauro ubriaco. Busso alla porta con il caffè in mano e poi entro lentamente.
Parker si illumina e si alza dalla sua enorme sedia nera. Prende il caffè e lo sistema sulla scrivania poi mi attira per un bacio veloce. «Buongiorno!»
«Buongiorno», rispondo timida. Riesce sempre a farmi un certo effetto. Sono solo passate alcune ore eppure mi è mancato. Non dormire con lui, mi ha fatto riflettere sul fatto che il nostro rapporto ha raggiunto una fase stabile. Ha ragione Lexa quando dice che Parker è il mio punto fermo. E quando controlla che io sia ancora tutta intera facendo una smorfia per la mano, mi sento protetta e amata, più del solito. Mi domando se inizierò a stancarmi mai di tutte queste attenzioni o se mi sentirò sopraffatta dall'amore.
«Devo tornare, di la», arrossisco alzandomi sulle punte per baciarlo ancora.
Lo lascio al suo lavoro e passo le ore successive a sistemare incartamenti, rispondere alle chiamate e parlare con i clienti più socievoli. C'è un gran via vai proprio oggi che non sono alla massimo delle mie forze.
Tea fa capolino e poggia sulla mia scrivania una ciambella e del te'. Ringrazio e do un morso crogiolandomi nel piacere del cioccolato fondente. Dopo la sbronza viene sempre una fame bestiale e io oggi credo di avere in corpo più zuccheri che altro. Finiranno con l'uccidermi.
«È venuto suo padre. Questa mattina Parker cioè il capo, sembrava ansioso...»
Per poco non mi va di traverso il te'. Tossicchio e pulisco le labbra con un tovagliolino. Pensavo volesse parlarmi di George invece sgancia questa notizia. Oddio, sono impresentabile! «Credi sia successo qualcosa?», le domando insicura.
«Non lo so. So solo che quando mister Johansson è arrivato non aveva il viso pieno di gioia. George mi ha detto che non corre buon sangue tra loro e quando vanno d'accordo è strano».
Decido di cambiare discorso. «Hai rivisto George eh? Come va?»
«Bene. No, che dico? Ah ah, benissimo! È così...», si lancia in uno dei suoi monologhi lunghi in cui mi perdo.
Rifletto sulle sue parole. Parker non mi ha mai detto di non andare d'accordo con suo padre. Lo giudica sempre per il golf ma non ha mai fatto parola su di lui in modo cattivo. A dire il vero non parla mai della sua famiglia e in parte io non ho mai approfondito. Mi è sempre bastato lui e la sua presenza costante nel mio quotidiano. Forse dovrei fare la ragazza e non comportarmi da collega con lui, forse devo approfondire e lasciare che mi renda partecipe una volta tanto. Andiamo d'accordo, non abbiamo mai parlato apertamente delle nostre famiglie. Io per ovvi motivi e lui perché magari non ha avuto occasione o perché non vuole mischiarli nel nostro rapporto. A parte i nipoti non ho visto molta sintonia con la sorella o il cognato o con il nonno. La cosa mi sta insospettendo.
Tea schiocca le dita e mi riscuoto. Mi rendo conto che non siamo più sole e che nel mio piccolo quadratino c'è anche Parker sulla soglia e in attesa. Sembra nervoso. «Cosa?», balbetto frastornata.
«Nel mio ufficio!», usa il solito tono da stronzo formale e distaccato. Alzo gli occhi al cielo e Tea mi lascia in modo complice con una pacca sulla spalla.
Tentenno un momento e dopo avere bussato entro nel suo ufficio timidamente. «Mi ha chiamato signore?», domando gentilmente mentre mister Johansson ci fissa divertito. Proprio oggi doveva venire in ufficio? Sono impresentabile.
«Suvvia smettetela con questa formalità! Posso salutare mia nuora come si deve?», mister Johansson si alza e afferra la mia mano per salutarmi poi mi fa accomodare.
Inizio a sentirmi nervosa anche perché Parker lo è già. Guardo prima lui poi suo padre. «È successo qualcosa?», sono sempre più agitata.
«Mio figlio tentava di dissuadermi dall'invitarla a cena da noi. Ogni volta che chiamo, trova una scusa e quindi sono passato personalmente».
Mi sento come se fossi appena stata colpita. Non credo di volere rivedere sua sorella e incassare ancora le sue frecciatine ma dall'altro lato mi piacerebbe vedere la sua faccia quando Parker mi terrà per mano mostrandole che sa essere un ragazzo migliore rispetto al passato.
«Quando?»
«Domani sera. Sa, mio figlio non voleva proprio dirtelo. Non so se si vergogna di noi o vuole tenerti tutta per sé. Mi farebbe piacere, spero accetterai».
«Parlerò e discuterò con suo figlio di questo e lui le farà sapere la mia risposta. Adesso con permesso, ho del lavoro da portare avanti». Saluto e esco da quell'ufficio improvvisamente asfissiante. Il modo in cui quell'uomo mi guarda, non mi piace. Sono confusa però, perché mai Parker dovrebbe nascondermi certi inviti? Si vergogna di me e non della sua famiglia?

Unstoppable 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora