Capitolo 37

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Era come se dovessi affrontare una casa stregata, ero attratta e al contempo spaventata da quello che avevo in mente di fare, ma volevo avere la consapevolezza di quello che avevo scoperto.
Indossai un pantalone di tuta morbido e una felpa, mi legai i capelli ancora umidi dalla doccia e mi tirai sù il cappuccio.

L'aria fredda mi pizzicava il naso mentre camminavo sotto quella luna spenta, strinsi una sigaretta tra le labbra per il solo scopo di tenere impegnata la mia mente nel semplice gesto di fumare.
La luce dei lampioni sembrava non sufficiente a coprire quell'ampia strada e le persone mi superavano senza realmente vedermi, come se mi fossi confusa con le migliaia di ombre che popolavano quel tratto, un tratto che non mi era mai sembrato così corto, scandito dal rumore dei battiti veloci del mio cuore.

Giunta davanti a quell'imponente cancello valuto mentalmente le varie alternative di azione, scandaglio la zona circostante girando in tondo attorno alla casa, un'albero si erge vicino al muretto sul retro della casa.

"Forza Alyssa, è solo un'albero, riusciremo a salire" poggio il piede in un buco nel tronco e afferro un ramo non molto alto sperando con tutto il cuore che non si spezzi, dopo aver testato la resistenza proseguo la scalata senza dover salire più di due metri, raggiungo l'ultimo ramo, quello che dà sul muretto e gattonando riesco a raggiungerlo sedendomici sopra.

"Bene, ora è il problema sarà solo scendere senza spezzarsi qualcosa, o senza essere scoperta" fortunatamente prima di prostarmi in una caduta degna di un'apparizione in un video nominato "best fail" scopro che il muretto interno è costituito da piccoli mattoncini e che posso usarli come se stessi facendo una scalata.
Una volta raggiunta la fine mi accuccio a terra avvicinandomi alla finestra che ospitava la cucina, la luce spenta lasciava intendere che non ci fosse nessuno e allora girai in tondo intorno alla casa fino a raggiungere quella del salotto, la finestra poco aperta mi lasciava libera di origliare e scoprire se ci fosse anche lui in quella casa o meno.
La voce di mia madre mi arrivò perfettamente e mi accucciai in modo da non essere minimamente visibile.

"Si, il lavoro di oggi è stato davvero faticoso, mi hanno commissionato dei capi per una sfilata di alta moda..mhmh..si, il signor Ruiz" non sentendo nessun'altro parlare giungo alla conclusione che stia parlando a telefono ma continuo lo stesso ad ascoltare rapita ormai dal nome del padre di Dean.

"Si Bea ci vediamo domani a lavoro" delusa dalla scoperta faccio per andarmene quando un'altra voce mi tiene attaccata per terra.

"Sei stanca eh? Vieni qui che ti faccio un massaggio" sento mia madre mugolare e percepisco la bile sul fondo della gola

"Domani devi lavorare, Peter?" lavorare? Come fa un'uomo appena uscito dal carcere avere un lavoro?

"Si tesoro" non avevo mai sentito questo tono di voce o questa premura da parte di mio padre verso mia madre e milioni di domande iniziano a prendere vita propria nella mia testa

"Dovremmo parlare con nostra figlia"

"Non possiamo cara, lei mi odia"

"Ti odia perchè non sa tutto!" colpita da un"improvviso giramento di testa cado a sedere smuovendo dei mattoncini messi ordinatamente in una pila e facendoli cadere rumorosamente a terra.

"Cosa è stato questo rumore?" la voce di mia madre mi fa raggomitolare su me stessa e mi metto a strisciare per scappare da sotto alla finestra e ritornare all'albero

"Vado a controllare" sento i passi di mio padre muoversi dentro casa e mia madre seguirlo e inizio a correre cercando di far durare meno la scalata, quando raggiungo il muretto i passi sono troppo vicini e mi abbasso ancora di piu il cappuccio sul naso

"Hey tu che ci fai qui?" non mi giro a quella voce e mi arrampico sull'albero

"Chiamo la polizia Peter?"

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