Capitolo 4

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Ci ritroviamo nella cucina di casa mia a cenare. La neve ha ostruito tutte le vie d'uscita del pian terreno, perciò io e Louis siamo bloccati. Non so per quanto tempo saremo in questa situazione. Sinceramente, spero che Lou se ne vada presto.

Non perché mi dia fastidio, sia chiaro, ma perché è molto imbarazzante tutto questo.

Louis mangia in silenzio gli avanzi del pranzo e io penso a come potrei rompere il ghiaccio.

"Umh ...".

Lui mi guarda infastidito. Evidentemente non gli va di parlare. Amen, voglio che si apra con me.

"Come stai?" sorrido.

"Starei meglio se non ci fossi tu".

Ahia.

Questo ha fatto un po' male. Rido imbarazzata.

"Come sei simpatico!" dico, fingendomi sincera e utilizzando un tono allegro.

Mi alzo dalla sedia e mi avvicino a lui, sorridendo. Louis mi guarda preoccupato. Gli prendo le mani e lo faccio stare in piedi. Lui non oppone resistenza e questo mi fa piacere.

"Adesso, io e te ci divertiamo!".

Lui sbuffa.

"Vorrei finire di mangiare".

"A nessuno piacciono i broccoli" indico il suo piatto.

"E cosa vorresti fare? Sentiamo".

Ci penso seria, poi sorrido improvvisamente.

"Cluedo!".

Lui alza gli occhi al cielo.

"Piuttosto preferis...".

Improvvisamente va via la luce e ci zittiamo. Rimaniamo in piedi in mezzo alla cucina, statuari.

"L-Louis, sei ancora qui?".

Nessuna risposta.

Oh, no. Adesso per la paura inizierò sicuramente ad immaginarmi qualsiasi cosa. E se Louis fosse un fantasma? E se non mi risponde per questo? E se vuole uccidermi?

O mio Dio.

"Ti prego, Lou, non farmi del male. So che mi odi, ma per favore risparmiami".

Sento una risata affianco a me. Eccolo. Louis Bergum, l'angelo della morte che vuole uccidermi.

"Devi darmi il numero del tuo spacciatore, Catherine" afferma ridendo.

Sospiro sollevata, dandomi della stupida. La paura ha sempre un brutto effetto sulle persone.

Immaginate di star camminando in una strada sterrata in mezzo ai campi. Alcune villettine circondano il sentiero, sparse e quasi rare. Il grano dorato cresce rigoglioso, i grilli cantano e il caldo è piacevole.

All'improvviso, un cane rabbioso esce da una recinzione, mentre il proprietario sta aprendo il cancello per uscire.
L'animale vi nota, ringhia e mostra i denti aguzzi. Iniziate a spaventarvi e non sapete cosa fare. Intanto l'animale ha iniziato a correre, abbaiando forte. I latrati sono così potenti, che fate fatica a sentire il padrone del cane che urla.

Siete talmente spaventati, che vi ritrovate pietrificati dalla vostra stessa paura. Fermi immobili, fissate il cane correre verso di voi. Tutto accade velocemente, ma dal vostro punto di vista è come se fosse passata un'eternità. L'animale si muoveva a rallentatore, le idee di sopravvivenza che vi passavano per la testa erano troppe e confusionarie.

Chi è il colpevole di questo misfatto? Esatto, la paura.

Se voi aveste reagito, il cane forse non vi avrebbe morsi.
Quindi, in conclusione, bisogna avere paura delle proprie paure. Sì, lo so, questo concetto è complicato da capire, ma non impossibile da comprendere.

Invisible {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora