Capitolo 18

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I dottori mi dicono che la mamma ha un tumore allo stomaco. Mi assicurano che è curabile e che la opereranno domani.

Mi hanno detto che è probabile che l'operazione non funzioni. Forse dovranno farne altre, forse mamma non sopravviverà. Io non posso permettere che si realizzi la seconda alternativa.

Mamma ora sta dormendo.

"L'ora delle visite è finita".

La voce dell'infermiera subito mi fa spaventare.

"Non posso stare qui ancora un po'?" sussurro.

La donna scuote la testa dispiaciuta.

"Mi dispiace, ma è il regolamento" dice.

Io sospiro. Allontanarmi da mia madre è difficile, sopratutto in questa situazione. Ancora sono arrabbiata perché non mi ha mai detto niente. Non voleva farmi preoccupare, lo so, lo so.

Esco dalla stanza dopo averle baciato la fronte. È strano che sia io a farlo e non lei.
Lou si alza dalla sedia della sala d'aspetto e mi si avvicina.

"Allora?" chiede curioso e preoccupato.

Sospiro e cammino avanti. Esco dall'edificio, tenendo lo sguardo basso. Di nuovo piango.

"Ehi, non piangere".

Louis mi raggiunge facilmente e insieme camminiamo per una via buia. Pochi lampioni la illuminano.

"Perché non dovrei?".

"Perché tua madre non vorrebbe questo da te" risponde con tono calmo.

Io non riesco a smettere di piangere. Il pensiero che mia madre possa morire è troppo forte.

"Andrà tutto bene, io lo so" aggiunge.

"Andrà tutto bene?! ANDRÀ TUTTO BENE?!".

Louis mi guarda comprensivo.

"Sì. Male che vada ... lei sarà sempre con te, giusto? Io so quello che provi".

Lou mi prende le mani e io mi tiro indietro. Nessuno può sapere ciò che sto provando, compreso lui.

"Cosa ne vuoi sapere te? D'altronde una madre non ce l'hai!" urlo.

Quando realizzo ciò che ho detto, mi tappo la bocca con le mani e lo guardo dispiaciuta.
Lo sguardo di Louis è vuoto, mi osserva come si fa con la spazzatura.

Perché sono così sbagliata? Perché capitano tutte a me?

Louis abbassa lo sguardo sulle sue mani. Fa una piccola risata nervosa.

"Tu non sei la Catherine di cui mi sono innamorato".

Detto questo, mi volta le spalle e se ne va.

Non faccio nulla per fermarlo, so che ho sbagliato. Perché l'ho detto? Maledizione a me.

Cammino da sola. È la prima volta nella mia vita che mi sento esclusa dal mondo. Non ho mai sbagliato così tanto.

Non dovevo lasciare Francesco, non dovevo fermarmi alle apparenze con mamma e non dovevo rispondere in questo modo a Louis.

E adesso? Andrà avanti la nostra storia? Ne dubito, stavolta ho esagerato.

"Fanculo" mormoro tra me e me.

Poche volte mi è capitato di dire parolacce, ma questa volta non ne posso fare a meno. Continuo a piangere, mentre avanzo a passi lenti verso una via. È una scorciatoia che sbocca a casa mia.

Tiro su il cappuccio della giacca, infreddolita dal tempo. Simile all'ultima foglia sul ramo di un albero, sono sola su una strada illuminata da qualche lampione. La loro luce bianca è deprimente ai miei occhi.

Svolto nel vicolo sospirando. È più buio della strada principale, ma io non ho tempo di pensarci. La mia testa è da tutt'altra parte. Penso a mia madre in ospedale, a un Louis molto arrabbiato e a Francesco.

Con il dorso della mano cerco di asciugarmi le lacrime, ma non ci riesco. È inutile, continuano a scendere.

"Ehi, pupa".

Subito mi blocco spaventata. Non è la voce di Louis.

Aumento il passo. Inizio a sperare che sia lui a seguirmi, ma nel profondo so che si tratta di un'altra persona.

"Aspettami, non andare così veloce".

Le mie gambe fanno tutto da sole.

Inizio a correre.

"Non vuoi divertirti un po' con me?" chiede lo sconosciuto.

È una voce maschile molto profonda. Sicuramente appartiene a un uomo. Maledizione a me che non seguo mai le indicazioni di mia madre. Vado avanti.

Corro.

È un breve attimo eterno.

L'uomo mi ferma, posando una mano sulla mia spalla con presa salda. Spontaneamente urlo.

"Ohw, davvero non vuoi divertirti con me?".

"L-lasciami".

"Non può sfuggirmi una pupa bella come te" dice. La sua voce da maniaco mi penetra nelle orecchie malignamente.

Il contatto con la sua pelle mi infastidisce. Cerco di spingerlo via invano. Provo anche a tirargli qualche pugno, ma non gli provocano alcun dolore.

Poi mi viene in mente una cosa: è l'unica arma di difesa che mi è rimasta.

"Ho detto lasciami, porco!" urlo.

Il mio ginocchio lo colpisce nella parte più preziosa del suo corpo: i genitali.

Un grido acuto di dolore riempie il macrabo silenzio della strada. Io ne approfitto e corro dalla parte da cui sono arrivata. La mia unica salvezza è Francesco, che abita qui vicino.

Per arrivare a casa dovrei fare troppa strada.

"Piccola puttana, ora ti prendo!" esclama lo sconosciuto.

Merda, merda, merda.

Giro l'angolo e corro verso l'abitazione di Francesco. Non mi accorgo di star trattenendo il respiro. Iniziò ad invocare Dio involontariamente.

Ti prego, salvami.

Finisco sotto alla luce bianca di uno dei lampioni.
Sento delle mani afferrarmi da dietro le spalle e spingermi.

Un colpo.

Forte e deciso.

Finisco a terra, ma non capisco il perché. Vedo appannato: non riesco a mettere a fuoco il viso dell'uomo.
Sento qualcuno urlare delle parole, ma alle mie orecchie giungono ovattate.

"Catherine ... bastardo ... non ...".

Vedo la mia mano distesa sull'asfalto. Sono per terra? Che è successo?

Provo a muovere le dita, ma non sento più il mio corpo. Inizia ad assalirmi il panico. Provo ad urlare: dalla mia bocca non esce alcun suono.

Ehi, adesso che ci penso, a cosa mi serve rimanere? La luce bianca del lampione è bellissima. In realtà non sono sicura che sia quella del palo della luce, ma poco importa.

La trovo stupenda e maledettamente invitante.

Chiudo gli occhi.

Invisible {Completata}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora