Cap. 1

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1. House of memories

Camila's POV

"Mija! Hai l'aereo fra un'ora, te ne rendi conto?!"
La voce squillante di mia madre mi spacca i timpani dal soggiorno.
Getto all'aria il libro che avevo involontariamente ripreso a leggere e mi alzo dal tappeto.
Ho ancora una valigia da preparare.
Il mio telefono è sperduto da qualche parte nella mia camera, forse sotto l'ammasso di vestiti aggrovigliati sul letto.
"Ho... Ho quasi finito!" esclamo, aggrottando la fronte, confusa fra la mia stessa roba.

Il college, un capitolo nuovo della mia vita.
Nuova istituzione, nuovo ambiente, nuova casa, nuove persone.
Non è certamente il mio habitat naturale.
Dopo aver schiacciato il resto dei miei indumenti nella valigia, mi ci siedo sopra per chiuderla, faticando e imprecando per più di dieci minuti.
Trascino i trolley e il borsone giù in salotto dove i miei familiari mi attendono per andare all'aeroporto.
"Il telefono!" dico, dandomi una pacca sulla fronte per la facile perdita di memoria che mi caratterizza.
"Intendi questo?" mio padre alza un sopracciglio e mi porge il dispositivo.
"Come...?"
"Non chiedermelo" scuote la testa.
"Okay, dobbiamo andare, tesoro"
Mi madre afferra una le due valige e mio padre le carica nel cofano della macchina.

Mi volto un'ultima volta verso la casa in cui ho trascorso tutta la mia infanzia e adolescenza, sospirando già nostalgica, quando sento qualcosa attaccarsi alla mia gamba.
Abbasso la testa per trovare Sofi stretta al mio polpaccio.
Mi accuccio di fronte a lei, gli occhi che inizino a offuscarsi per l'emozione.
"Hey, cucciola" la chiamo, ma lei scuote la testa in segno di rifiuto.
"Sofi, ti prego" supplico, triste.

La più grande sofferenza è sicuramente dovermi separare da lei.
Certo, non si tratta di un addio, ma è ovvio che io e la mia famiglia non ci vedremo per un bel po', trascorreranno mesi prima che io possa tornare qui per le vacanze.
"Mamma e papà dicono che torni per Natale" piange la bambina.
"Certo, infatti è così" confermo, scostandole una ciocca di capelli dal piccolo viso.
"Ma sono tre mesi!" protesta.
"Lo so, tesoro, lo so. Ma ci sentiremo tutti i giorni, te lo prometto. Faremo tante video chiamate, telefonate, te lo giuro"

La mia sorellina adesso mi guarda con occhi speranzosi, ancora ricoperti di lacrime.
"Adesso fammi un sorriso, ti scongiuro. Altrimenti parto triste" prendo il suo mento fra due dita.
La bambina tentenna un attimo, fissandomi con sguardo supplichevole, ma poi accenna un sorriso.
"Ecco, brava così" sorrido di rimando, e la stringo a me, per poi riempirla di baci.
"Mila, l'autista è pronto" mio padre mi fa cenno di seguirlo nei sedili della vettura marcata Audi.
"Ti voglio bene" dico, posando un ultimo bacio sulla fronte di mia sorella.

Sospiro, avvicinandomi a mia madre.
"Comportati bene, sta' attenta alle compagnie che frequenti, non farti influenzare dall'aria che si respira nel campus e dalle altre matricole non affidabili. Sta' sempre vicino a Dinah, aiutatevi a vicenda e..."
"Mamma... mamma. Lo so" sorrido al tono apprensivo di mia madre, anche lei piuttosto emotiva in questo momento.
Lei annuisce con foga e poi mi stringe in un abbraccio trita ossa, che ricambio a cuore aperto.
Adesso, non mi resta che entrare in macchina e farmi accompagnare all'aeroporto.

Una volta in auto, fisso casa fin quando non è un puntino lontano al termine della strada.
"Stai tranquilla. Per qualsiasi cosa, noi siamo sempre disponibili, lo sai" mi rassicura mio padre, accarezzandomi una guancia.
"Avresti potuto prestarmi uno dei tuoi jet privati" scherzo, per alleviare l'umore.
"Oh, no tesoro. Magari quando ti deciderai a lavorare per l'azienda e prendere il mio posto" scuote la testa lui.
"Papà! Non sono nemmeno entrata al college e già mi parli di lavoro?" sbuffo.
"Sempre meglio avere le idee chiare da principio" fa spallucce lui.
"Ti ho già spiegato che non sono sicura di voler entrare a far parte della Cabello Interprise. Non so se la strada economica fa per me..." sospiro, fissando lo sguardo sul panorama che scorre fuori dal finestrino.

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