Epilogo

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Leggi di Keplero, coordinate, trasformazioni di Galileo, numeri primi, sistemi inerziali, velocità di trascinamento...

La mia mente è piena di nozioni fisiche che devo marcare nei miei neuroni affinché mi sia possibile procedere per affrontare i miei esami.
Fortunatamente questo è l'ultimo dell'anno, ce la sto per fare.
Sto per completare il primo anno di Università, nonostante tutto.
Le palpebre mi si fanno un po' pesanti, nonostante siano solo se quattro di pomeriggio, ma io so che non si tratta di stanchezza.
Si tratta di mancanza di sonno.
Non ricordo l'ultima volta in cui ho dormito davvero, e adesso il sole estivo che penetra dalle finestre sembra solo un rompicapo in più.

Sospiro, appoggiando i gomiti sulla scrivania e abbandonando la testa fra le mani.
Mi massaggio le tempie con le dita, ma ho letto da qualche parte che ciò non fa che aumentare il malessere, perciò smetto subito dopo.
Così prendo a giocherellare con la penna, colpendo la superficie del libro ripetutamente con la punta e producendo un rumore ad intermittenza.
Pessima idea, il pulsare nelle mie tempie aumenta.

Non ho il tempo di adottare un'altra strategia per non soccombere al vuoto - che sembra appostato dietro ogni angolo, pronto ad ascoltarmi e divorarmi - perché la porta della stanza si apre, rivelando una figura che degno della mia attenzione a scoppio ritardato, solo quando si schiarisce la voce per farsi notare.

"Ciao, DJ" le dico, voltandomi solo un poco verso l'ingresso.
"Mila... Ti va di uscire un po' in cortile?" mi chiede, sorridendomi calorosamente, ma posso vedere apprensione nascosta nel suo sguardo.
"Mi piacerebbe ma, ecco, vorrei completare almeno questo capitolo" rispondo, e lei mi guarda adesso seria. Anziché parlare si richiude la porta alle spalle e viene verso la scrivania.
"Ascoltami, Walz, adesso non ce la faccio davvero più" sbotta, appoggiandosi al bordo del tavolo ed io corrugo la fronte, perplessa dal suo cambiamento di umore.

"Non far finta di non sapere di cosa sto parlando. È da stamattina che studi, non sei nemmeno scesa a mangiare a mensa e il sandwich che ti ho portato è ancora posato su quella sedia" dice, indicando il sacchetto appoggiato accanto a me "adesso ti invito a prendere una boccata d'aria e rifiuti"
"Mi dispiace, è solo che oggi non mi sento molto in vena... Davvero, ci tenevo a finire questo capitolo" insisto, ma lei mi interrompe.
"È stato così anche ieri, e il giorno prima, e anche quello prima ancora e così via da quando-
Le parole le muoiono in gola quando finalmente stabilisco un contatto visivo con lei ma solo per arrestarla col mio sguardo.
Gli occhi di Dinah lasciano trasparire il senso di colpa per aver anche solo sfiorato il tabù, è quasi inorridita da se stessa ma non apro bocca per scusarla.
"Ascoltami, Chancho, posso capire la sofferenza e tutto ma devi andare avanti" continua con un sospiro, adesso molto più attenta a muoversi, come un soldato in un campo minato.
"Basta così" dico, e sento la gola stringersi in modo maledettamente doloroso.
"Non partecipi alle lezioni con la frequenza di prima, e lo so, non esci più con le tue migliori amiche, inventi scuse inutili per rifiutare qualsiasi invito che non riguardi stare chiusa fra queste quattro mura"
"Dinah" la ammonisco, ma lei scuote la testa.

È cocciuta, lo è sempre stata.
È forse l'unica persona che consoco che non ha paura di ferirmi, sin da quando avevamo appena quattordici anni lei è sempre stata quella che mi parlava schiettamente e se qualcosa non le andava bene non si tratteneva dal farmelo presente, anche se ciò avrebbe comportato litigare.
E adesso mi sembra di rivederla davanti a me, quella quattordicenne testarda.
Lei sa quali sono i suoi limiti ma li scavalca senza problemi... Perché mi vuole bene, e questo lo so, ma non posso stare al gioco dell'altruismo... Non ora.
Sento gli occhi inumidirsi a causa di quel turbine di emozioni e deglutisco per non lasciare che prendano il sopravvento.

"Sono passati due mesi, Mila... Ed io non riesco più a riconoscere la mia migliore amica"
Il suo tono è dolce, delicato, vuole farmi rendere conto che sta facendo tutto questo in funzione del mio benessere.
Ma io resto in silenzio perché, davvero, non so che dire.
Non mi ero nemmeno resa conto di quanto miserabile fossi diventata, e doveva notarsi molto visti i discorsi di Dinah.
Ho continuato a vivere in una bolla di sapone per cinquanta giorni da quando tutto è successo.
E sono arrivata al punto in cui ho finto che fosse stato tutto un brutto sogno, ho cercato di cancellare ogni ricordo mantenendo la mente piena ed impegnata con lo studio, con ammassi di parole complicate che sostituissero i tasselli mancanti del mio mondo.
Perché il mio mondo mi era scivolato dalle mani senza che io me ne accorgessi.

Nihil Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora