Cap. 20 (seconda parte)

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20.5. All I wanted

Camila's POV

Quando guardo l'orologio è ormai
l'una passata. Gli invitati sono ancora nel pieno dei festeggiamenti, sembrano tutti godersi la serata e mio padre è al settimo cielo dall'entusiasmo per il successo riscosso e i complimenti ricevuti dai colleghi nell'imprenditoria.
Tuttavia non riesco a nascondere questo senso di vuoto che ho dentro me.
Sono ancora scossa per com'è finita con Lauren, prima che mi gridasse addosso e se ne andasse via.
Mi sono torturata per tutta la serata per cercare di capire cosa avessi combinato per mutare il suo umore in modo così brusco.

Ho corso troppo? Ho mostrato un atteggiamento affrettato in merito alla nostra relazione, se così si può definire?
Mi viene spontaneo credere che in principio a tutto questo ci sia io, che abbia mosso qualche pedina nel quadro sbagliato.
Per quale altro motivo si sarebbe allontanata così da me, altrimenti?

La verità è che io non la conosco affatto e ho imposto la mia presenza nella sua vita, senza prima conoscere il suo passato.
Ero talmente presa da me stessa e dalle varie contraddizioni dei miei sentimenti da non dedurre che per prima cosa mi sarei dovuta sforzare di capire lei.
E adesso non mi resta che raccogliere le conseguenze delle mie azioni.

Sí, finora non ho fatto che pensare a lei, l'avrò chiamata almeno un milione di volte, sempre ricevendo lo stupido bip della segreteria telefonica. Gliel'ho intasata di messaggi in cui farfuglio frasi senza senso e le porgo le mie scuse per i motivi più impensati.
Dov'è adesso? È arrabbiata con me?
Non troverò mai la risposta se resto.
Devo andarmene da qui.

Poso il bicchiere di champagne sul tavolo del buffet e mi avvicino a passi ampi a mio padre - il quale è immerso in una discussione animata con un uomo anziano, sicuramente suo socio - attendendo un attimo per rispetto.
Mio padre si accorge della mia presenza e si scusa col suo collega per rivolgersi a me.
"Cos'hai, stellina?"
"Voglio andare a casa"
Il cuore mi batte forte mentre dico quelle parole, ho paura che una volta tornata non la troverò lì.
"Ma certo, tesoro, puoi farti accompagnare da Rufus. Io devo restare qui almeno un'altra oretta, perdonami"
"No, no, tranquillo... Grazie, papà"
Gli poso un bacio sulla guancia per salutarlo ed esco in fretta dal palazzo.
Al parcheggio trovo la Mercedes di Rufus esattamente dove l'avevamo lasciata all'andata.
Busso al finestrino e lui, riconoscebdomi subito, mi sblocca le sicure per farmi entrare.

Nel tragitto resto completamente in silenzio a fissare fuori dal finestrino, troppo preoccupata persino per intrattenere un qualche tipo di conversazione con Rufus, l'autista che lavora per mio padre praticamente da quando sono nata e che mi ha vista crescere.
La vibrazione del mio telefono mi fa trasalire e quando leggo 'Lauren's sul display dei messaggi il mio cuore si blocca per un istante.

L: "Ho ascoltato i tuoi messaggi. Sono a casa, non preoccuparti per me"

Due frasi nette. Dalla punteggiatura precisa che è solita utilizzare non riesco a leggere le sue emozioni.
Che sia serena o furente, il che mi fa impazzire.
La verità verrà a galla solo quando tornerò anch'io.

Arrivata a casa ringrazio Rufus del passaggio - nonostante sia il suo lavoro mi piace essere gentile con lui - e gli dico di tornare all'albergo per attendere mio padre.
Poi salgo in fretta le scale e mi infilo subito in camera mia per cambiarmi velocemente, troppo insofferente degli abiti eleganti che ho addosso per sopportarli oltre.

Per prima cosa, tolgo i tacchi alti che mi stanno letteralmente uccidendo i piedi e sentire la freschezza del marmo sotto la pianta mi da un'immediata sensazione di sollievo.
Scendo al lampo laterale del vestito e lo lascio cadere a terra, infilandomi subito dopo la vestaglia di seta che vado a chiudere con i lacci ai fianchi.

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