Cap. 10

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10. Stay with me

Lauren's POV

Lei è seduta sul letto, le braccia strette attorno al petto, la maglietta ormai strappata posata accanto a lei.
Mi guarda spaventata. Trema da capo a piedi.
Mi alzo in fretta da terra per raggiungerla.
È rossa in viso, le sue labbra sono gonfie, segno di un tentativo di approccio forzato.
Non oso osservarla ancora, il mio cuore è già abbastanza in pezzi.
"Andiamocene" pronuncio, a bassa voce.
Camila non dice nulla ed io tendo una mano per prenderla da una spalla, ma lei si ritrae di scatto, trattenendo il respiro.
Quel gesto mi ferisce ulteriormente, se possibile. Ripensando alla situazione che ho trovato non più di dieci minuti prima, mi brucia la gola.
Mi accuccio davanti a lei, pregando che mi guardi negli occhi.

"Camila" provo, ma lei continua a fissare il pavimento dove giacciono i due pervertiti.
"Camz" la chiamo ancora con dolcezza, e lei alza lo sguardo sul mio, finalmente.
"Andiamo via di qui" sussurro, e lei annuisce lentamente.
Senza perdere altro tempo, le tendo una mano che afferra, anche se un po' esitante.
Le faccio indossare la mia giacca per coprirsi, dal momento che la sua maglietta è irrecuperabile e non ho alcuna intenzione di farla uscire in reggiseno.

Ripercorriamo il tragitto da me compiuto non meno di venti minuti prima e in breve siamo fuori da quell'inferno che comunemente verrebbe definito villa.
Apro il cofanetto della moto per tirar fuori un altro casco per Camila.
Faccio salire sulla moto prima lei, sistemandola nell'estremità posteriore dell'ampio sedile in pelle, assicurandomi che sia in perfetto equilibrio. In una mossa agile, scavalco con una gamba la moto e mi sistemo a mia volta.
"Camz, ascoltami. Voglio che tu stringa per bene le braccia attorno alla mia vita, capito?" la istruisco, voltandomi leggermente giusto per assicurarmi che abbia recepito il messaggio.
Con la coda dell'occhio la vedo annuire e un paio di sottili braccia mi cingono la vita appena qualche attimo dopo.
Sospiro, in qualche modo più sollevata adesso che è stretta a me.
Giro la chiave nel quadrante e faccio partire la moto.

La mia guida non è impetuosa, né spericolata. Tutt'altro. Mi mantengo piuttosto sotto i limiti di velocità e non sterzo mai troppo bruscamente, so che devo prestare un'enorme attenzione alla sicurezza della ragazza seduta dietro di me che potrebbe perdere l'equilibrio al mio primo errore.
E adesso?
Sono consapevole di non poterla certamente riportare al campus, dista troppo da dove siamo ora e Camila ha bisogno di arrivare a letto il prima possibile.
Dopo alcuni minuti di riflessione nei quali guido assorta, arrivo alla conclusione che fermarsi in un hotel sarebbe di gran lunga più opportuno.
Così, stando sempre attenta a non perdere di vista la strada, cerco su Google Maps un albergo nelle vicinanze.
Sfortunatamente i risultati sono negativi, ma adocchio un Bed & Breakfast piuttosto conveniente e adatto.
In un paio di chilometri siamo lì.

Scendo dalla moto e accompagno delicatamente Camila a scendere a sua volta, prendendola sotto braccio nel nostro tragitto verso la casetta.
È praticamente in mezzo al nulla, nel pieno dell'autostrada. L'unica forma di civiltà prossima è un autogrill a seicento metri.
Suono al campanello della porta a doppia anta e a venirmi ad aprire è un signore sulla sessantina che, con un sorriso gentile, si fa da parte per lasciarci passare.
"Buonasera" dice.
"'Sera" riesco a rispondere, Camila invece tace.
Cerco di sembrare più discreta possibile nel sostenere Camila a camminare, non vorrei che si facessero una brutta idea di noi.
L'anziano signore sparisce per un secondo prima di tornare accompagnato da una donna, sua coetanea, che adesso avanza verso di noi.
"Salve, cosa desiderate?" chiede discretamente.
"Vorremmo una stanza solo per stanotte, se possibile" rispondo, e la donna si dirige verso una bancone di legno grezzo, tirando fuori da un cassetto alcune scartoffie e un taccuino sul quale prende a scrivere senza sosta.

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