Prologo

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L'allarme assordante della mia sveglia penetra nel mio apparato uditivo dritto al cervello, mettendo in funzione involontariamente le mie sinapsi e stimolando l'impulso di farmi aprire immediatamente gli occhi.
Alla cieca, premo il bottone di spegnimento nell'istante in cui parte la stazione radio che illustra il meteo della settimana.
Mi strofino le palpebre e emetto un grugnito che racchiude la scarsità di voglia che possiedo per alzarmi dal letto.
Tuttavia, lo faccio.

Dopo la colazione, mi dedico alla mia igiene mattutina per poi tornare in camera.
Apro le ante dell'armadio e osservo le pile di indumenti ordinatamente disposti nei ripiani.
Impiego un minuto e trenta secondi a scegliere il completo da indossare. 
Camicia verde militare, giubbotto di pelle nero, pantaloni aderenti del medesimo colore, stivaletti e, naturalmente, la mia inseparabile cintura delle necessità.
Controllando un'ultima volta di aver preso tutto, ho completato la mia routine mattutina.

Chiudo a chiave la porta del mio attico e mi dirigo a passo svelto in garage dove metto in moto la mia BMW i8, la cui vernice intona perfettamente col mio guardaroba.
Le strade di New York sono trafficate, questo si sa. Per questo opto per una deviazione secondaria che mi permette di far scivolare velocemente il mio bolide sull'asfalto.
In breve, giungo a destinazione.

Arrivata al grande cancello automatico, abbasso il finestrino davanti ad un piccolo schermo incastonato nella pietra delle mura che circondano l'edificio.
Il sensore dello schermo identifica la carta che vado a porgli di fronte e il cancello bianco si apre per dar spazio alla mia automobile.
Non perdo troppo tempo a trovare un parcheggio, l'area inscritta all'interno della recinzione bianca è ampia quanto quella di un centro commerciale tipo.

Mostro il cartellino anche agli uomini della sicurezza davanti alle porte dell'edificio di vetro, che mi lasciano passare senza esitazione.
Mi guardo attorno in cerca dell'ascensore, e per un momento il mio sguardo si perde fra le centinaia di persone che transitano dall'ingresso principale del palazzo, uomini e donne vestiti di tutto punto muniti di valigette; riesco a intravedere anche quelli al piano di sopra grazie al fatto che questo si affaccia a girare sul piano terra tramite ringhiere da cui sporgersi per osservare la situazione sottostante. Tutto rigorosamente bianco e nero: la pavimentazione, l'arredamento.

Scuoto la testa pensando a quanti soldi deve avere il proprietario, figura che fra non più di un quarto d'ora dovrei incontrare.
Mi rimprovero mentalmente per la distrazione permessa e tiro dritto verso l'ascensore.
Attendo che si svuoti ed entro, premendo il tasto col piano più alto, il tredicesimo.

So che troverò la sicurezza anche lì, per cui preparo la card e il mandato di chiamata scritto in mano.
Dopo essersi accertati dell'autenticità di entrambi i documenti, due uomini mi scortano all'ufficio del capo.
Suonano ad una sorta di "campanello", se così vogliamo definirlo.
Un led di color verde segnala che possiamo procedere ad aprire la porta. Il compito dei due uomini è finito, tocca a me infatti farmi avanti nell'ufficio dell'imprenditore interessato, nonché Thomas Milicevic.

Come prevedibile, il suo ufficio fa invidia persino al resto dell'edificio stesso.
Una larga scrivania bianca è posta al centro della stanza, dietro di essa l'enorme parete a vetro lascia evidente una vista mozzafiato di una parte della grande Mela.
Su una poltrona del medesimo colore della scrivania, siede un uomo sulla cinquantina, lo sguardo fino a un minuto fa chino su delle scartoffie, adesso intento ad osservarmi.

"È un piacere vederla, Miss. Nihil" parla finalmente e con la mano mi fa cenno di sedermi.
Avanzo verso di lui calpestando la sottile moquette nera che ricopre quasi tutto il pavimento a specchio grigio sporco dell'ufficio.
"Impeccabilmente puntuale" sorride compiaciuto.
"Mi attengo agli orari che mi vengono proposti" rispondo noncurante, prendendo posto di fronte a lui.
"Sa già per quale motivo l'ho mandata a chiamare" dice, intrecciando le dita fra loro e portando le mani a reggere il mento ornato da una nera barba ispida.

"Il fine ce l'ho presente. Manca un soggetto" puntualizzo, impaziente di conoscere i dettagli.
"Tutte le informazioni che cerca sono in quel fascicolo" afferma, indicando una carpetta posata sulla scrivania in mezzo a noi due.
Afferro l'oggetto della discussione e lo apro per leggerne i contenuti.
"Ora" si schiarisce la voce l'uomo "so che lei è piuttosto precisa nel suo lavoro, una delle più stimabili nel campo"
"Così dicono" alzo un sopracciglio, sfogliando la raccolta di indicazioni, soffermandomi su alcuni numeri.
"A quanto può constatare, la cifra in ballo non è indifferente" decifra i miei pensieri.

Tengo lo sguardo fisso sull'ammasso di zeri trascritti sul foglio.
"Dedurrà che la portata dell'incarico è direttamente proporzionale alla somma" chiarisce.
"Perché mai? È una come le altre" dissentisco.
"Oh, no" mi interrompe, alzando un dito "qui si tratta di molto di più"
"Che vuol dire?"
"Lei, miss. Nihil, dovrà cambiare completamente identità" mi guarda dritto negli occhi.
"Non è forse il mio mestiere?" lo osservo confusa.
"Sto parlando di un lungo termine, una totale trasformazione. Non è un incarico come gli altri. Non parliamo di giorni di attenta esaminazione in lontananza. Pretendo che lei viva la realtà che le vado a proporre, fin quanto basta, il che non è un tempo definito. L'obiettivo è decisamente troppo astuto, è di questo mondo. Sa come guardarsi attorno e da chi proteggersi. Dovrà penetrare nel sistema lentamente e con arguzia, giocando le migliori carte e strategie. Le sto offrendo l'opportunità di mettersi alla prova al livello massimo di difficoltà, miss. Nihil" spiega ed io lo ascolto rapita.

"Questo contratto suona più come un patto col diavolo" sfoggio un'ironia priva di divertimento.
"E lo è" conferma Milicevic.
"Bene. Accetto" pronuncio, senza indugi.
Milicevic mi guarda stupito, quasi meravigliato dal mio coraggio.
Afferro la penna che mi porge e firmo il documento.
"Adesso, tratteremo più nel dettaglio tutte le dinamiche del progetto" dice, dopo aver ritirato i fogli e averli riposti in un cassetto della sua scrivania lucida.

Mi chiamo Lauren Jauregui, ma questa è un'informazione riservata unicamente alla sottoscritta.

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Aloha!
Questa fanfic è un esperimento cieco. Sto letteralmente e concretamente andando per istinto. Ho una sorta di trama in testa, in cui prevedo abbastanza azione anche perché si tratta di una AU piuttosto diversa da quello che credevo avrei scritto su queste due ahaha.
Per chi non lo sapesse, "nihil" in latino vuol dire "nulla" e credo che già il titolo stesso spieghi molto sulla trama lol.
In ogni caso, vedrò dove mi guiderà la storia, spero si riveli interessante e poco scontata anche per voi!

Stay alive |-/

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