Prologo

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Il freddo ormai si è impossessato di me. L'aria pungente e le gocce di pioggia che toccano delicatamente il mantello fa sembrare che il cielo stia piangendo per consolarmi dai bei ricordi.

Vorrei soltanto cancellare ogni momento della mia vita e ricominciare tutto da capo, ma non posso e non ci riesco. Sono terrorizzata e impaurita, ma mostrare i mie sentimenti significa mettere in gioco la propria vita, cerco sempre di nasconderli.

Mi chiamo Ravén ho quindici anni. Sono una ragazza introversa che ama molto la solitudine, un po' cupa. Quello che nascondo di me stessa sono...sono i miei poteri, con essi posso controllare qualsiasi cosa dagli acari della polvere ad un grattacielo, distruggere e fare incantesimi con il solo pensiero. Per me sono come portatori di distruzione, c'è una specie di legame fra i miei sentimenti e i poteri che ho. Ogni emozione equivale a non poterli più controllare, ecco perché riesco a controllarli solo grazie alla meditazione e il medaglione che porto al collo sin da piccola.

Da quando è morta mia madre all'età di cinque anni a causa di un meteorite atterrato in casa. Non sono più la stessa ormai.

Ricordo tutto quello che è successo quella notte.

Era notte fonda e mia madre mi stava rimboccando le coperte prima di dormire, quando un meteorite dalle gigantesche dimensioni atterra in camera mia. L'energia da esso provocato mette la casa a ferro e fuoco. Mia madre era accasciata a terra priva di vita con una scia di sangue che usciva da una tempia e dal petto. Io in preda alle lacrime chiedevo disperatamente aiuto. Presi il corpo di mia madre posandola sulle mie gambe, d'improvviso il suo corpo sparì in un lampo di luce bianca.

Lei, semplicemente bella come un angelo dai lineamenti del viso così morbidi e delicati, la pelle così bianca da mimetizzarsi con la neve e dei capelli color viola che facevano di lei la donna più irreale di questo mondo, la sua bellezza era così tanta che non sembrava neanche umana; sotto questi aspetti le assomiglio molto apparte quella sua tanta bellezza che giova sulla sua pelle, apparte gli occhi, io due zaffiri, e così che li chiamava i miei occhi, mentre i suoi erano dello stesso colore dei capelli; un'altra ci divideva dall'essere completamente come due gocce d'acqua, la gemma, la mia fronte è marcata da una gemma di ametista, non so da dove venga e neanche il perché della sua esistenza sul mio corpo.

Ogni volta che penso a lei i brividi risalgono lungo la schiena e maledico quel giorno in cui io potevo fare qualcosa. Già potevo, ma non l'ho fatto.

Mio padre invece non si fece vedere da sei mesi così gli assistenti sociali mi portarono in un orfanotrofio per bambini "speciali" mi presero per pazza, perché dissi che mia madre sparì nel nulla. Dopo cinque anni scappai verso un vita nomade fin quando non vidi una casa abbandonata sulle coste della Malibu, California.

E quella che prima poteva essere una casa abbandonata, ora è diventata casa mia con una strana e buffa compagnia di vita. Si chiama Dido (si legge Daido) è un cucciolo di lupo dal pelo nero come la pece e le zampette bianche come se fossero guanti, l'ho trovai qui, in questa casa e da quel giorno non ci siamo più separati. È stato accanto a me anche nei giorni più buii o quando ero in difficoltà.

È il mio migliore amico. L'unico che posso considerare come mia famiglia.

Ravén. Prigioniera di una GemmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora