~Capitolo 21~

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Arriviamo davanti alla porta della sua stanza, senza emettere una singola parola o rumore.

Digita il codice e in un momento siamo in stanza.

Essa è così disordinata che a stento puoi dormire sul letto.

Per farli prendere i suoi spazi senza soffocarlo decido di sedermi sulla sedia della scrivania, anzi no, essa è ricoperta da una catasta di vestiti, così mi siedo sulla scrivania.

Dopo svariati secondi di puro silenzio,  tiro un lungo sospiro prima di rompere il ghiaccio.

"Perché non dirmelo? Blackborn" dico fredda con un filo di voce.

Lui si siede sul letto mantenendo uno sguardo basso.

"Volevo solo aspettare prima di dirtelo" dice con tono esasperato.

"Aspettare cosa? Black!" dico alzando di poco il tono della voce.

"Aspettare che tu mi avessi accettato per quello che sono e ritornare amici come quando tu eri bambina ed io, un semplice cucciolo di lupo" dice con disprezzo sull'ultima frase.

"Perché credi che io non ti accetti? Certo, sarai anche un idiota, ma questo non significa che non ti accetti come conoscente" dico cercando di essere il più sicura possibile, ma cosa ti salta in mente Ravén? Hai peggiorato solo le cose.

Sento una risata.

"Ravén, non cambierai mai!" alza il capo e mi sorride ed io accenno solo un mezzo sorriso.

"La prima volta che ti sono spuntati i canini a quando risale?" dico ritornando seria.

Lui si alza in piedi rimanendo lì.

"Ci sono nato con questi" dice facendoli comparire di colpo, io sussulto ma riprendo in fretta la mia freddezza.

"Non ti spaventare" dice avvicinandosi lentamente a me.

Ritocco la ferita sulla guancia e lui guardando quel gesto si blocca al centro della stanza.

"Sai controllarli?" dico fredda.

"Certo che so controllarli, Rae" dice gesticolando con le mani.

"E perché prima non li hai tenuti a bada" quasi sbraito contro di lui.

"È colpa del tuo dannato profumo, Rae!" dice con lo stesso tono.

"Quale profumo? Io non uso nessun profumo!" dico fredda.

"La tua pelle, hai un essenza così delicata, ma allo stesso tempo dolce" dice avvicinandosi definitivamente alla scrivania, separa le mie gambe mettendo al centro di esse il suo bacino mentre si sporge in avanti con il viso, io allontano di poco il viso.

Mi osserva dalla testa ai piedi e poi si allontana.

"Quando ero nato, io avevo già le orecchie da elfo e le zanne, anche sé piccole, ma zanne" dice tutto con un sorriso amaro osservando fuori dalla finestra la nebbia scendere lentamente in città. "Mio padre, grande scienziato, non voleva che il suo erede fosse una bestia, decise di abbandonarmi in un orfanotrofio, mia madre si oppose a questa decisione, ma lui era così forte, dittatoriale, cattivo e freddo, che mia madre non ha avuto scelta" dice mettendo le mani nelle tasche dei suoi pantaloni grigi, bianchi e neri.

"Black io..." ma mi interrompe.

"Non serve scusarti, non è mica colpa tua se ho avuto una nascita abbastanza infelice, ma d'altronde mia madre non era così stupida, mi portò nella scuola che ora ormai distrutta, per i giovani mutanti, e poi ho conosciuto te, perché mi avevano assegnato il compito di starti accanto" dice tutto d'un fiato e all'improvviso il suo sorriso si apre ancor più di prima mostrando tutti i denti, un sorriso sincero, come fa a cambiare così, tutto d'un tratto il suo stato d'animo.

Ravén. Prigioniera di una GemmaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora