1. Il burattino

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Iniziai a correre ancora un'ultima volta, più velocemente che potevo. In direzione del fiume. Sentivo il vento tra i capelli, gli uccelli cinguettavano spensierati e i miei piedi erano così veloci che sembravano quasi non toccare il terreno. Una volta al fiume lasciai cadere la bottiglia nell'acqua e presto sparì dalla mia vista. Poi aprii la borsa e tirai fuori l'arma da fuoco. C'era solo un colpo. "Non mancare il bersaglio", aveva detto Campbell e io non l'avrei fatto.

Misi il colpo in canna e posizionai la pistola sul mio obiettivo.

-Avevi ragione tu Nolan. Questa non è vita.-

Chiusi gli occhi e sparai.

** Tempo prima**

-Rowanne.-

Fu l'unica cosa che Amber mi disse, dopo mi si avvicinò e mi prese per mano. Era spaventata, riuscivo a percepirlo, teneva la fronte corrugata e sembrava aver pianto molto quella mattina. Aveva le guance umide e gli occhi erano ancora rossi e lucidi, ma non potevo biasimarla. Anche io quel giorno mi ero svegliata e avevo sentito lo stomaco contorcersi per l'angoscia. Aspettavo questo giorno da tempo ormai, ma una parte di me aveva sperato che non sarebbe mai arrivato. Noi ragazzi avevamo pregato il cielo che prima di oggi qualcuno ci sarebbe venuto a dire che il presidente aveva cambiato idea e che i nuovi giochi sarebbero stati aboliti, ma così non era stato. Ancora mi chiedevo il motivo per cui volevano farci partecipare a questi giochi sportivi. A scuola, prima della rivolta, ci avevano parlato delle olimpiadi antiche, secondo la mia insegnante sarebbe stato bello parteciparvi, lei era convinta che esse fossero un modo escogitato dai paesi per ricongiungersi in un periodo di pace. Mi chiedevo se anche questi nuovi giochi ci avrebbero portato a un miglioramento, alla pace, alla fine dei giorni bui.

Improvvisamente, un pacificatore mi spinse sulla destra, mi voltai verso di lui e mi accorsi che stava urlando contro la folla, ma nel caos generale non riuscivo a comprendere cosa, solo dopo capii che ci stava ordinando di formare due file. Maschi da una parte e femmine dall'altra. Obbedii. Mi guardai in giro, i giovani stavano salutando le loro famiglie, ma questo non andava bene ai pacificatori che, invece, ci facevano segno di muoverci. Era da poco che pacificatori del genere circolavano a Panem e ancora nessuno si era mai abituato al loro atteggiamento.

Mi sentii chiamare e mi voltai. -Rowanne. Ti prego, non ti allontanare.- Amber mi supplicò, ma io non avevo nessuna intenzione di farlo. Mi teneva stretta per un braccio ed era dietro di me. Avevo paura che tutta quella folla la potesse schiacciare, avevamo la stessa età, ma lei era così bassa e piccolina. I suoi genitori la chiamavano sempre "scoiattolo" e io credevo che quel nome fosse perfetto, del resto riusciva ad arrampicarsi sugli alberi meglio di chiunque altro.

Tra spintoni, sgambetti e minacce dei pacificatori dopo circa un quarto d'ora riuscimmo a disporci in una fila ordinata. Riuscivo a scorgere alla fine della fila un banchetto dietro al quale erano seduti degli uomini, ma non capivo che cosa volessero da noi e poco mi interessava. Mi guardai intorno aspettando che la fila scorresse. Quasi tutti discutevano, non riuscivo a comprendere i loro discorsi, ma sapevo che ormai da una settimana l'argomento più trattato erano proprio questi misteriosi giochi. Capivo esattamente come si sentivano, del resto nessuno ci aveva ancora spiegato come sarebbero stati scelti i partecipanti, quali erano le regole e dove si sarebbero dovuti affrontare gli avversari. Nessuno sapeva cosa aspettarsi da questi giochi, ma una cosa era certa, non sarebbe stato tanto facile vincerli.

La ragazza che era davanti a me si scansò e io finalmente mi ritrovai ad essere la prima della fila, posizionandomi proprio davanti al banchetto.

-Il tuo nome?- Chiese l'uomo seduto difronte a me. Io non risposi, ero impegnata a osservare il libro aperto sul banco. Le pagine erano divise in sezioni e in ogni sezione c'era un nome e una macchia di sangue. Mi chiesi cosa fosse, una specie di annuario forse. Un pacificatore vicino a me mi strattonò. -Ha chiesto come ti chiami. - Urlò. Io non volevo problemi. -Rowanne Terhark. -Risposi. L'uomo mi osservò a lungo, come se sapesse che stavo dicendo una bugia, quella tensione mi stava uccidendo. Le mani iniziarono a tremarmi e sapevo che mancava poco a una vera e propria crisi di panico, alla fine, però, l'uomo abbassò lo sguardo e scrisse il mio nome a un angolo della pagina. Sospirai, ma il mio sollievo durò poco. Subito dopo, infatti, mi afferrò il polso e prima che potessi comprendere cosa stava accadendo mi bucò il dito con qualcosa di appuntito, forse un ago. Poi appoggiò il dito sanguinante poco sopra il punto dove aveva scritto il mio nome. Non appena mi liberò il polso, cominciai a massaggiarlo, di certo non era stato delicato. Abbassò lo sguardo e, dopo poco, lo alzò nuovamente. -Vattene.-Disse come se fosse la cosa più ovvia, io voltai le spalle e in lontananza vidi delle ragazze che si stavano dirigendo in un altro punto della piazza. Avrei voluto aspettare Amber, ma se lo avessi fatto il pacificatore mi avrebbe sicuramente allontanato con la forza. Rivolsi un ultimo sguardo ad Amber, dopodiché raggiunsi quelle altre ragazze.

Hunger Games: LE ORIGINIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora