16. Le identità

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Aprii gli occhi solo quando mi sentii adagiare a terra. La pietra sulla quale poggiavo la schiena era sicuramente meno comoda e confortante della spalla di Nolan e improvvisamente mi sentii meno al sicuro, vulnerabile. Aveva smesso di piovere, ma era ancora notte fonda.

-Come ti senti?- Chiese Nolan. Aprii la bocca per parlare, ma mi accorsi che era più secca di quanto pensassi.

-Acqua.- Sussurrai, lui portò la sua borraccia vicino alle mie labbra e io feci dei piccoli sorsi.

-Meglio?- Chiese dopo un po'. Io annuii e lui posò la borraccia accanto a me, per poi spostare lo sguardo sul mio braccio, sapevo a cosa stava pensando.

-Non ci pensare neanche.- Sussurrai. Lui mi poggiò una mano sul polso.

-Devo farlo.

Spostai lo sguardo sul mio braccio, il coltello era ancora conficcato lì, dove lo aveva messo Grover. Il mio braccio era coperto di sangue e il dolore era lancinante, ma non potevo sopportare che l'arma venisse estratta.

-No, non ce la faccio.- Dissi scuotendo la testa e le lacrime cominciarono a solcarmi le guance. Era diventato tutto un incubo, quel caldo insopportabile, i nemici che ci volevano morti, Cable che se n'era andato, Deena che era scomparsa. Non riuscivo a sopportare anche quel dolore fisico. Nolan posò una mano sulla mia guancia e si avvicinò al mio viso.

-Sì, che ce la fai.-

Io scossi la testa.

-No, non è vero. Non voglio.- Dissi, cominciando a singhiozzare. Lui avvicinò il mio volto contro la sua spalla in una sorta di abbraccio. Immaginai che fosse un modo per confortarmi. La sua maglietta era ancora bagnata di acqua piovana e la sua pelle aveva uno strano odore di rame. Solo quando si allontanò realizzai che quello non era odore di rame, ma di sangue. La sua maglia era completamente sporca di sangue, del mio sangue.

-Più resta lì quel coltello, peggio sarà, credimi.- Disse lui. Feci un respiro profondo cercando di calmarmi. -Fidati di me, Row. - La sua voce trasmetteva sicurezza.

-Ho paura.- Sussurrai. Lui annuì.

-Lo so.- Disse semplicemente, come se l'avesse provato sulla sua pelle. Poi mi venne in mente quando gli avevano mozzato le dita dei piedi, le sue urla sovrumane mi avevano fatto rabbrividire, eppure era ancora lì con me. Mi asciugai le lacrime con il palmo della mano.

-Va bene.- Sussurrai. Nolan tirò fuori del tessuto bianco dallo zaino e una bottiglietta molto piccola.

-Cosa è?- Chiesi.

-Garze e disinfettante. Erano nello zaino di Deena.- Disse distrattamente. Ricordai che la prima volta che mi ero svegliata con Cable, Wyatt e Deena accanto avevo la testa fasciata perché lei mi aveva medicato la ferita. Alzai il braccio sano e mi portai la mano alla testa, lì la ferita era quasi completamente guarita. Doveva essere stato quell'unguento della bottiglietta. Veniva da Capitol City, quello significava che era quasi miracoloso.

-So che è molto da chiedere, ma cerca di non urlare. Non so se siamo soli.- Disse Nolan, io annuii, ma Nolan non sembrava convinto. Si munì di altre garze fino a formare una palla di tessuto bianco e me lo porse.

-Mettilo tra i denti e stringi forte quando senti dolore.- Disse. Io feci come diceva. Avrei voluto mostrarmi più coraggiosa, ma la verità era che non ci potevo riuscire. Il cuore mi batteva forte e avevo paura del dolore, avevo paura che avrei urlato. Nolan afferrò il manico del coltello e mi porse l'altra mano, io afferrai per istinto il suo braccio.

-Al mio tre.

Chiusi gli occhi.

-Uno, due...

Hunger Games: LE ORIGINIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora