7. Il nuovo nemico

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Con molta fatica e l'aiuto di un paio delle guardie eravamo riusciti a raggiungere il suo appartamento. Sapevo di dovere andarmene, ormai era sera tardi ed Elvia mi stava sicuramente cercando, ma non potevo abbandonare quel ragazzo a se stesso. Aprii la porta dell'appartamento, non era chiusa a chiave, quindi bastò abbassare la maniglia. Una volta dentro, le guardie lasciarono il tributo del 2 a me. Lui mi si appoggiò, posando un braccio sul mio collo e io cominciai a sorreggere il suo peso, mentre lui teneva il piede ferito alzato da terra e cercava di sorreggersi solo sull'altro. Avevo paura che prima di raggiungere il divano o una sedia l'avrei fatto cadere, pesava troppo per me. Le guardie se ne andarono e si chiusero la porta alle spalle.

-Dove andiamo?- Chiesi. Lui appoggiò il mento sulla mia spalla.

-Sul divano.- Ci incamminammo in direzione del divano e fui grata che non mi avesse chiesto di andare nella sua camera.

-Che cosa è successo?- Disse un uomo alle mie spalle. Non potevo girarmi a vedere chi fosse.

-Nulla, va via.- Gli ordinò il tributo del 2, ma quell'uomo si avvicinò e prese in braccio il tributo, allontanandolo da me, dopo lo fece coricare sul divano. Era un uomo muscoloso, pelato e sulla testa erano visibili numerosi tatuaggi floreali. Probabilmente andavano di moda in quel periodo.

-Cosa è successo?- Ripeté. Io guardai il tributo del 2, sperando che rispondesse.

-Ho avuto un dibattito con il presidente, tutto qui.- Disse con una smorfia di dolore. A quel punto l'uomo posò gli occhi sul suo piede.

-E per questo ti ha mozzato due dita dei piedi?- Chiese. Nessuno rispose. Quell'uomo non sembrava essere dispiaciuto per il tributo, era completamente impassibile.

-Adesso vattene, sappiamo entrambi che non vale la pena stare qui.- Disse il tributo del 2. L'uomo non disse nulla. -Con il piede così non ho chances di vincere nell'arena e tu lo sai.- La sua voce usciva con tono sofferente, mi chiesi che dolore provasse. L'uomo continuò a fissarlo.

-Concentrati su Amelia, lei può ancora farcela.- Immaginai che Amelia fosse l'altro tributo del secondo distretto, l'avevo osservata un paio di volte durante l'allenamento, era davvero brava con il tiro con l'arco, purtroppo quella era l'unica cosa che sembrava saper fare. In quel momento entrò una ragazza nella stanza. Era carina, bionda, non particolarmente alta, ma la sua statura non era un problema considerando il suo fisico mingherlino. Era in forma, la sua magrezza non aveva nulla a che vedere con quella, ad esempio, della ragazza del 12, che sembrava solo denutrita.

-Amelia.- Disse l'uomo posandole una mano sulla spalla.

-Che sta succedendo?- Disse sporgendosi, per vedere in faccia l'altro tributo. Poi si rivolse a me. -E che ci fa lei qui?- Mi indicò. Stavo per rispondere, quando lei spostò gli occhi sul piede del tributo e cadde a terra in pochi secondi. Mi avvicinai per controllare che stesse ancora bene.

-E' svenuta per l'impressione?- Chiesi, chinandomi su di lei.

-Già.- Disse l'uomo prendendola in braccio, come se fosse un sacco. Del resto lei era tanto piccolina e lui così alto e muscoloso.

-Aiutala, io non ne ho bisogno.- Disse il tributo del 2, ancora steso sul divano. L'uomo annuì e portò la ragazza via, così io e il tributo rimanemmo soli. Quell'uomo sembrava contento di aver trovato una scusa per non occuparsi del ragazzo. Mi avvicinai di nuovo al divano.

-E' andato via.- Dissi, non ero sicura che dalla sua prospettiva, anche il ragazzo avesse visto la scena.

-Lui ha sempre preferito Amelia a me, non lo volevo come mentore, è un sollievo sapere che non lo avrò più tra i piedi.- Così quell' uomo era il suo mentore.

Hunger Games: LE ORIGINIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora